Ordinanza di Cassazione Civile Sez. U Num. 8069 Anno 2025
Civile Ord. Sez. U Num. 8069 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 26/03/2025
sul ricorso iscritto al n. r.g. 6619/2024 proposto da:
NOMECOGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
contro
Comune di Pescara, in persona del sindaco pro tempore , Comune di Montesilvano, in persona del sindaco pro tempore , e Regione Abruzzo, in persona del presidente pro tempore ;
avverso la sentenza n. 1334/2023 del Tribunale di Pescara, pubblicata il 19.10.2023 e notificata in data 3.1.2024.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale chiede che la Corte di cassazione voglia rigettare il ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato il 25.2.2020 presso il Giudice di Pace di Pescara, NOME COGNOME proponeva opposizione avverso due avvisi di fermo amministrativo, relativi all’autovettura di sua propriet à , notificati dalla So.RAGIONE_SOCIALE per crediti vantati sia dalla Regione Abruzzo, sia dai Comuni di Montesilvano e di Pescara, rispettivamente per tasse automobilistiche e per contravvenzioni al Codice della Strada.
Il ricorrente denunciava l ‘ illegittimit à degli atti impugnati a fronte della sopraggiunta estinzione della gran parte dei crediti azionati, per effetto della loro prescrizione e della sentenza definitiva n.401/19 della Commissione Tributaria Regionale de L’Aquila , nonché di un provvedimento di sgravio della Regione Abruzzo; chiedeva, quindi, il loro annullamento, avanzando contestuale domanda risarcitoria per i danni che assumeva essergli derivati dall ‘ impossibilità di utilizzare la propria autovettura.
Il Giudice di pace di Pescara, con la sentenza n.1154/2021, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in relazione ai crediti tributari della Regione Abruzzo, nonchè la cessazione della materia del contendere per il credito del Comune di Pescara, rigettando per il resto le ulteriori domande.
Con successivo atto di appello , l’ avv. COGNOME impugnava la sentenza di primo grado, deducendo l’erronea affermazione della giurisdizione del giudice tributario , l’omessa statuizione in merito alla illegittimità dei provvedimenti di fermo e l’erroneo rigetto delle domande risarcitorie.
Il Tribunale di Pescara, con la sentenza n.1334/2023, ha rigettato l’appello del ricorrente, confermando la declaratoria di difetto di giurisdizione a fronte
della natura tributaria dei contestati crediti e condannando l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore degli appellati costituiti.
3.L ‘avv. COGNOME ricorre, con sei motivi, contro la società RAGIONE_SOCIALE che resiste con controricorso, e contro il Comune di Pescara, il Comune di Montesilvano e la Regione Abruzzo, che sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato al la trattazione camerale, ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod.proc.civ.
Il Pubblico Ministero, ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.1, 5 e 37 cod.proc.civ. , in relazione all’art.112 ed all’art.360 , primo comma, n.1, cod. proc. civ , per l’erronea negazione d ella potestas iudicandi .
1.2. Il motivo è infondato.
Il ricorrente sostiene che il giudice di appello, nel negare la propria giurisdizione, avrebbe erroneamente valorizzato solo la natura tributaria del credito, senza tener conto dei fatti estintivi che si erano verificati successivamente alla notifica delle cartelle di pagamento.
Secondo il ricorrente, nel caso in esame vi sarebbe la giurisdizione del giudice ordinario, in base ad un indirizzo giurisprudenziale di legittimità (v. Cass. Civ., Sez. Un.: sent.24.12.2019 n.34447; sent.18.10.2022 n.30666; sent.29.11.2022 n.35116; sent.10.2.2023 n.4227), che trova fondamento nella sentenza n.114/18 della Corte Costituzionale, per il quale la notifica della cartella di pagamento vale a segnare il limite della giurisdizione del giudice tributario, stante il consolidamento della pretesa fiscale e, dunque, l’esaurimento del potere impositivo della pubblica amministrazione, con la conseguenza che la questione dell ‘ estinzione del credito tributario successiva alla notifica della cartella sarebbe devoluta alla cognizione del giudice ordinario.
Tuttavia, l’art. 2 del d.lgs. del 31 dicembre 1992, n. 546 , per quanto qui interessa, al comma 1 dispone <>.
Inoltre, l ‘art. 19, comma 1, lett. e) ter del d.lgs. n. 546/92, introdotto dal d.l. n. 248/2006 convertito dalla legge n. 296/2006, applicabile ratione temporis , include il fermo dei beni mobili registrati tra gli atti impugnabili avanti al giudice tributario, cos ì indicando la chiara volont à del legislatore di generalizzare la giurisdizione tributaria, lasciando al giudice ordinario esclusivamente la sfera della esecuzione forzata.
Il fermo amministrativo rappresenta una peculiare misura, disciplinata dall’art. 86, d.P.R. n. 602/73, diretta a garantire la riscossione di crediti già scaduti, a seguito dell’intervenuto decorso del termine di 60 giorni dalla notifica della relativa cartella di pagamento.
La procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati necessita di una comunicazione preventiva (preavviso di fermo), dovendo l’Agente della riscossione notificare al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di 30 giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari (art. 86, comma 2, d.P.R. n. 602/73).
Con specifico riferimento all’impugnazione del fermo amministrativo, questa Corte ha già chiarito che il provvedimento di fermo non è qualificabile come atto di espropriazione forzata e nemmeno come una misura alternativa all’esecuzione, bensì come atto di natura esclusivamente cautelare-coercitiva (Cass., S.U., n. 10261/2018; Cass., S.U., n.15354/2015), tanto che la sua opposizione si sostanzia in un’azione di accertamento negativo della pretesa
creditoria, nonch é della conseguente pretesa di eseguire il fermo (Cass. n. 18041/2019; n. 6790/2024).
Pertanto, con riferimento alle controversie aventi per oggetto il provvedimento di fermo di beni mobili registrati di cui all’art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1972, ai fini della giurisdizione rileva la natura dei crediti posti a fondamento del provvedimento di fermo, con la conseguenza che la giurisdizione spetterà al giudice tributario o al giudice ordinario a seconda della natura tributaria o meno dei crediti, ovvero ad entrambi se il provvedimento di fermo si riferisce in parte a crediti tributari e in parte a crediti non tributari (Cass., S.U., n.14831/2008).
Nella motivazione di tale ultima pronuncia si legge che <>.
La decisione citata risulta condivisibile, anche alla luce delle successive pronunce di questa Corte, che hanno affermato che la cognizione del giudice tributario, nelle controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, si estende ad ogni questione relativa all’ an o al quantum del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti dell’esecuzione tributaria.
Queste Sezioni Unite, valorizzando la portata additiva della sentenza della Corte costituzionale n.114/2018, hanno affermato il seguente principio di diritto: <> (Cass., S.U., n.7822/2020; conf. Cass., S.U. n.21642/2021).
In applicazione degli esposti principi, si è precisato che ricade nella cognizione del giudice tributario l’eccezione di prescrizione dedotta tramite l’impugnazione della cartella esattoriale, che è atto prodromico all’esecuzione (Cass., S. U, n. 8770/2016), nonché l’eccezione di prescrizione della pretesa impositiva maturata successivamente alla notificazione della cartella, anche nel caso di ritenuta validità della notifica della cartella, qualora il contribuente sottoponga all’esame del giudice la definitività (o meno) della cartella di pagamento e la relativa controversia non sia qualificabile come meramente esecutiva (Cass., S.U., n. 16986 del 2020; conf. Cass. n.32539/2024).
Si è anche detto che la controversia relativa all’impugnazione da parte del contribuente di un’intimazione di pagamento non rientra tra quelle riguardanti
<>, per le quali il secondo periodo del primo comma dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 attribuisce la giurisdizione al giudice ordinario (Cass., Sez. U, n. 26817/2024).
Inoltre, in materia di tasse automobilistiche, una risalente pronuncia delle Sezioni Unite ha ritenuto l’impugnabilità innanzi alle commissioni tributarie del “sollecito di pagamento”, quale atto che precede l’esecuzione ed è assimilabile all’avviso di mora, la cui impugnabilità è esplicitamente prevista dall’art. 19, comma 1, del d.Lgs. n. 546 del 1992 (Cass., Sez. U., n. 23832/2007). In quel caso le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui l’attribuzione alle commissioni tributarie – a norma dell’art. 2 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, ivi incluse, quindi, quelle in materia di tasse automobilistiche, si estende ad ogni questione relativa all'”an” o al “quantum” del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti della esecuzione tributaria; ne consegue che anche l’eccezione di prescrizione, quale fatto estintivo dell’obbligazione tributaria, rientra nella giurisdizione del giudice che abbia giurisdizione in merito alla predetta obbligazione.
Per quanto fin qui detto, la sentenza del giudice di appello appare conforme ai menzionati principi e non incorre nella denunziata violazione di legge; pertanto le parti vanno rimesse innanzi al giudice tributario in relazione alla pronuncia declinatoria della giurisdizione
2.1. Con il secondo motivo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.112, 132 e 342 cod.proc.civ., nonch é dell’art.86 d.P.R. 29 settembre 1973, n.602 , in relazione all’art.360 , primo comma, n.4, cod. proc. civ, attesa la nullit à della sentenza per l’ omessa pronuncia in merito alla denunciata illegittimit à degli atti amministrativi impugnati, relativi a crediti estinti perché prescritti oppure annullati con sentenza o con provvedimento di sgravio.
2.2. Con il terzo motivo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.112, 132 e 342 cod.proc.civ., nonch é dell’art.2043 cod. civ., in relazione all’art.360 , primo comma, n.4, cod. proc. civ, attesa la nullit à della sentenza per l’ omessa pronuncia in merito alla originaria domanda risarcitoria attorea.
2.3. Con il quarto motivo, condizionato al rigetto del terzo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.112 e 132 cod.proc.civ., nonch é dell’art.2043 c od. civ., in relazione all’art.360 , primo comma, n.5, cod. proc. civ, per difetto di motivazione in ordine ad un fatto decisivo, dato che il giudice di appello non aveva ritenuto la propria giurisdizione in ordine alla domanda risarcitoria conseguente al comportamento illecito del concessionario della riscossione.
2.4. Con il quinto motivo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.112, 132 e 342 cod.proc.civ., nonch é dell’art.2043 cod. civ., in relazione all’art.360 , primo comma, n.4, cod. proc. civ, attesa la nullit à della sentenza per omessa pronuncia in merito alla domanda risarcitoria da illecito trattamento dei dati personali, verificatosi nel corso del giudizio di primo grado mediante l’ illegittima produzione documentale da parte del Comune di Montesilvano.
2.5. I motivi sono fondati e vanno accolti.
Invero, con essi il ricorrente denunzia l’omessa pronuncia , da parte del giudice di seconda istanza, sui motivi di appello relativi alle domande risarcitorie, su cui il primo giudice aveva espressamente motivato nel senso del rigetto.
In particolare, il giudice di prime cure aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente nei confronti del Comune di Montesilvano e della SoRAGIONE_SOCIALE per l’impossibilità di utilizzare l’autovettura a causa dell’illegittimo provvedimento di fermo amministrativo; inoltre aveva dichiarato inammissibile l’istanza di risarcimento dei danni avanzata dal ricorrente nel corso del giudizio di primo grado per l’illecito trattamento dei dati personali a seguito della produzione documentale da parte del Comune di Montesilvano.
Avverso tali statuizioni, il ricorrente aveva proposto specifici motivi di appello, sui quali il giudice di seconde cure ha omesso qualsiasi pronuncia.
Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Pescara, in funzione di giudice di secondo grado, perché si pronunci in ordine ai motivi di appello non esaminati, liquidando anche le spese del presente giudizio di legittimità.
Con il sesto motivo, il ricorrente denunzia la violazione ovvero falsa applicazione degli artt.91 e 332 cod.proc.civ. , in relazione all’art.360 , primo comma, n.3, cod. proc. civ, per l’ erronea condanna al pagamento delle spese di lite in favore del Comune di Pescara, nei confronti del quale non via era stata soccombenza.
Il motivo, riguardante la disciplina delle spese del giudizio di appello, rimane assorbito dall’accoglimento dei precedenti.
P.Q.M.
La Corte, a sezioni unite, rigetta il primo motivo di ricorso e rimette le parti innanzi al giudice tributario in relazione alla pronuncia declinatoria della giurisdizione; accoglie il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di ricorso, assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata, limitatamente ai motivi accolti, e rinvia al Tribunale di Pescara, in funzione di giudice di appello, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 11 marzo 2025