Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3888 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3888 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 12/02/2024
TARSU TIA TARES Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30987/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difes a dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE;
-intimati – avverso la sentenza n. 2628/18, depositata il 19 marzo 2018, della Commissione tributaria regionale della Campania;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
–RAGIONE_SOCIALE, sulla base di quattro motivi, illustrati con memoria, ricorre per la cassazione della sentenza n. 2628/18, depositata il 19 marzo 2018, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania -pronunciando quale giudice di rinvio da Cass., 28 dicembre 2016, n. 27225 -ha rigettato « l’appello » proposto da RAGIONE_SOCIALE, così confermando la legittimità di un avviso di pagamento emesso in relazione alla Tarsu dovuta dalla contribuente per l’anno 2011;
il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto attività difensiva.
Considerato che:
-il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 – col primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia «Errata valutazione delle prove e degli artt. 9 e 10 dei contratti di fitto di azienda», violazione e falsa applicazione del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 63, comma 3, nonché motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, e assume, in sintesi, che il giudice di rinvio non si era attenuto a quanto statuito dalla Corte di cassazione (nella ordinanza 28 dicembre 2016, n. 27225) in quanto non aveva proceduto ad «alcuna rivisitazione critica dei documenti in atto», così che erano rimaste inespresse le ragioni in forza delle quali doveva riconoscersi ad essa esponente la posizione di gestore dei servizi comuni del RAGIONE_SOCIALE;
soggiunge la ricorrente che già col precedente ricorso per cassazione, accolto dalla Corte, si era rimarcato che il fondamento di detta responsabilità debitoria (per la gestione dei servizi comuni) non poteva desumersi dalle clausole di cui agli artt. 9 e 10 dei contratti di affitto in quanto la prima concerneva (solo) il «diritto di modificare il
Regolamento interno, qualora ritenuto necessario nell’interesse del complesso» – e, dunque, non legittimava alcuna specifica conclusione in punto di individuazione del gestore dei servizi comuni – mentre la seconda aveva un contenuto limitato alla individuazione delle spese poste a carico di ciascun affittuario «oltre quelle normalmente dovute»;
1.2 -il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione dell’art. 384 cod. proc. civ., e di difetto assoluto di motivazione, sull’assunto che il giudice di rinvio -che «avrebbe dovuto colmare … con una più attenta verifica della documentazione in atti» la «lacuna istruttoria» rilevata nella pronuncia rescindente -non si era attenuto a quanto statuito dalla Corte di cassazione nella pronuncia rescindente in quanto aveva omesso ogni esame delle prove documentali in atti risolvendo il decisum sulla base di «argomentazioni del tutto nuove, ma comunque estranee ed ininfluenti per la decisione»;
1.3 -il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 2697 cod. civ., assumendo la ricorrente che, nella fattispecie, difettava la prova del presupposto impositivo e che malamente un siffatto onere era stato posto a suo carico dalla gravata sentenza;
1.4 -il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. deducendo la ricorrente che illegittimamente le spese del giudizio di legittimità (liquidate in € 1.500,00), e di quello di rinvio (liquidate in € 600,00), erano state poste a suo carico, ed atteso che nel giudizio di legittimità controparti non avevano svolto attività difensiva e che, nel giudizio di rinvio, la concessionaria del servizio (RAGIONE_SOCIALE) si era (tardivamente) costituita nello stesso giorno della fissata udienza (e sinanche dopo la discussione in pubblica udienza);
-occorre premettere che, pronunciando sul ricorso proposto dalla società contribuente (ora fusa per incorporazione in RAGIONE_SOCIALE), la pronuncia rescindente (Cass., 28 dicembre 2016, n. 27225) ebbe a rilevare che il giudice del gravame (con sentenza n. 1947/47/2014, depositata il 21 febbraio 2014) aveva « ritenuto, sulla base delle clausole dei contratti esibiti in giudizio, che la contribuente dovesse essere senza dubbio “qualificata come gestore del RAGIONE_SOCIALE, e, come tale, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 63, comma 3″, “solidalmente responsabile al pagamento della tassa rifiuti unitamente alle altre società che operano nel RAGIONE_SOCIALE“»;
ed in effetti sulla base di tali ragioni la pronuncia cassata aveva disatteso l’appello della contribuente, e così confermato il decisum di primo grado, ritenendo che «la società RAGIONE_SOCIALE va qualificata come gestore del RAGIONE_SOCIALE e, come tale, ai sensi dell’art. 63 comma 3 del D. Lgs 507/93 è solidamente responsabile al pagamento della tassa rifiuti unitamente alle altre società che operano nel RAGIONE_SOCIALE»;
la Corte, nel cassare detta sentenza in accoglimento del secondo motivo di ricorso, ha specificamente considerato che era stata «ravvisata in capo alla contribuente la qualità di “soggetto che gestisce i servizi comuni ‘ di “centri commerciali integrati” solo sulla base del “diritto della concedente a modificare il Regolamento interno qualora ritenuto necessario nell’interesse del complesso” (in forza di una disposizione di cui non è menzionato l’articolo), e dell’art. 10 dei “contratti esibiti in giudizio”, “nei quali la società RAGIONE_SOCIALE si identifica diretto destinatario del pagamento degli oneri assunti dall’affittuaria”.»;
ed ha soggiunto la Corte che -in un «conforme precedente specifico (Cass. sez. 6-5, ord. 17 febbraio 2015, n. 3151, sul ricorso di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione contro RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza n. 5/7/2012 della C.T.R. Campania del 28.10.2011,
depositata il 17/01/2012, in tema di “Tarsu/Tia per l’anno 2009”)» – si era ritenuto che «il giudicante non avesse indicato “da dove si desumerebbe invece la prova positiva della sussistenza del presupposto impositivo, e cioè della posizione di gestore dei servizi comuni” che competerebbe alla parte individuata come contribuente in relazione al periodo di imposta considerato”, ritenendo perciò necessario il superamento di “siffatta criptica affermazione, per la centrale rilevanza che assume nel percorso argomentativo del giudice del merito”, mediante un nuovo esame da parte dei giudici di merito, sulla base delle prove documentali versate in atti.»;
-il giudice del rinvio ha, quindi, considerato che:
-la contribuente non aveva contestato «né di non essere proprietaria/detentore dell’immobile costituente il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE né di essere il suo gestore e nemmeno la superficie complessivamente posta a base della pretesa tributaria che l’ente impositore indica in mq. 2.134,29 con la precisazione, in nota, che le voci di addebito si riferiscono a locali denunciati dal contribuente o accertati in via definitiva.»;
-v’era «difetto di contestazione sia in ordine alla titolarità/detenzione della complessiva superficie addebitata nell’avviso di pagamento sia in ordine alla sua quantificazione» in quanto la contribuente non aveva prodotto in giudizio «la documentazione dalla quale poter rilevare la regola rità della sua posizione ai fini Tarsu … né la prova della denuncia iniziale ai fini Tarsu né delle variazioni conseguenti ai contratti di locazione dei rami di azienda versati in copia in atti, relativi a sedici affittuari di rami di azienda»;
«Erra la Società laddove sostiene che era onere dell’ente impositore dimostrare la correttezza della quantificazione delle superfici poste a base del calcolo del tributo in questione giacché, a fronte della pretesa fondata su ben indicati valori, nulla è stato
opposto, in termini di prova documentale, che dimostri la inesattezza o infondatezza della pretesa che andava contestata, come detto, con la produzione delle dichiarazioni previste espressamente dalla normativa di riferimento che pone in capo al contribuente (e non all’ente impositore) l’onere di fornire i dati su cui fondare il calcolo del tributo, la sua riduzione o l’eventuale esenzione.»;
-tanto premesso, il primo ed il secondo motivo di ricorso -che vanno congiuntamente trattati perché, al di là della formale rubricazione, pongono questioni di fondo che risultano connesse -sono fondati, e vanno accolti, con conseguente assorbimento dei residui motivi di ricorso;
4.1 -come reso esplicito dai contenuti delle pronunce sopra ripercorse, il giudice del rinvio ha definito il giudizio sulla base di rilievi che, volta a volta, risultano o inconferenti rispetto alla pronuncia rescindente (ed al suo inequivoco presupposto logico) -così a riguardo degli obblighi dichiarativi gravanti sulla contribuente, dei quali non v’è alcuna menzione nella stessa pronuncia oggetto di cassazione con rinvio, -o addirittura in espresso contrasto con i presupposti di detta pronuncia che, come appena rilevato, ha accolto un motivo di ricorso che implicava (proprio) la contestazione del presupposto impositivo, presupposto radicatosi, nella pronuncia di legittimità, nella fattispecie delineata dal d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 63, comma 3, con riferimento alla responsabilità solidale del gestore dei servizi comuni di un RAGIONE_SOCIALE;
il giudizio di rinvio, difatti, quale processo chiuso -nel quale è preclusa alle parti la proposizione di nuove domande o eccezioni, e posto che non possono essere proposti dalle parti, né presi in esame dal giudice, motivi di impugnazione diversi da quelli che erano stati formulati nel giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata, motivi che continuano a delimitare, da un lato, l’effetto devolutivo dello
stesso gravame e, dall’altro, la formazione del giudicato interno (v., ex plurimis , Cass., 21 febbraio 2019, n. 5137; Cass., 7 gennaio 2009, n. 68; Cass., 14 giugno 2006, n. 13719; quanto al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63, v. Cass., 21 settembre 2015, n. 18600; Cass., 12 dicembre 2014, n. 26200) -non consente al giudice del merito di prescindere dalla pronuncia rescindente, e dai suoi specifici presupposti, così che, nella fattispecie, né avrebbe potuto porsi la questione relativa all’assolvimento degli obblighi dichiarativi né avrebbe potuto revocarsi in dubbio che (proprio) la fattispecie impositiva radicatasi tra le parti (la responsabilità debitoria solidale del gestore dei servizi comuni di un RAGIONE_SOCIALE) formava oggetto di contestazione;
del resto, gli specifici contenuti della pronuncia rescindente chiamavano il giudice del rinvio a colmare quel deficit di motivazione che era stato rilevato come posto a fondamento della sentenza cassata, così che andavano valutati i fatti probatori cui motivatamente ricondurre il presupposto impositivo qual radicatosi tra le parti con riferimento alla ridetta responsabilità gestoria di servizi comuni;
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia secondo le direttive poste dalla ridetta pronuncia rescindente, come qui ribadite.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi;
-cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte
di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 ottobre 2023.