Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25489 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25489 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/09/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRPEF-IRAP-IVA 2003.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4690/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE, in persona del curatore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al controricorso,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 1182/2022, depositata il 14 marzo 2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
– Rilevato che:
L ‘Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Latina, a seguito delle risultanze di una verifica fiscale e del relativo processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, notificava alla società RAGIONE_SOCIALE (esercente l’attività di commercio all’ingrosso di prodotti caseari), avviso di accertamento n. RC4030301132, con il quale, constatato che la società aveva omesso di presentare la dichiarazione annuale, accertava induttivamente il reddito, per l’anno d’imposta 2003, in € 229.414,00, con conseguente rideterminazione delle maggiori imposte IRPEG per € 78.001,00 , IRAP per € 9.750,00 ed un maggior imponibile IVA di € 3.844.716,00, da cui derivava una maggiore imposta di € 182.427,00; il tutto, oltre interessi, sanzioni e spese.
La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento suddetto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina la quale, con sentenza n. 342/08/2007 del 23 novembre 2007, accoglieva il ricorso, annullando l’atto impugnato.
Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 92/39/2010, pronunciata il 2 dicembre 2009 e depositata in segreteria il 21 gennaio 2010, accoglieva l’appello, confermando la legittimità dell’avviso di accertamento.
Avverso tale sentenza la società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11043 del 9 maggio 2018, accoglieva il terzo motivo di ricorso, rigettando il primo motivo, dichiarando inammissibile il secondo motivo ed assorbito il quarto; cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviando, per nuovo giudizio, alla C.T.R. del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese di giudizio.
Riassunto il giudizio, la C.T.R. del Lazio, con sentenza n. 1182/2022, pronunciata il 9 marzo 2022 e depositata il 14 marzo 2022, pronunciando in sede di rinvio rigettava integralmente l’appello, compensando le spese di giudizio e della fase di legittimità.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 17 febbraio 2023).
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE nel frattempo posta in liquidazione giudiziale
Con decreto del 18 febbraio 2025 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate eccepisce nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice di rito.
Deduce, in particolare, l’Ufficio che la C.T.R., nel confermare integralmente l’accoglimento del ricorso originario proposto
dalla contribuente, non aveva rispettato il principio di diritto espresso da questa Corte nella precedente sentenza n. 11043/2018, la quale, nell’accogliere il terzo motivo di ricorso della società contribuente, aveva stabilito che l’Amministrazione finanziaria, nel determinare il reddito d’impresa, avrebbe dovuto comunque tenere conto anche delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti effettuati.
Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, per tardività dello stesso, sollevata dalla difesa della Liquidazione giudiziale della RAGIONE_SOCIALE
Ritiene la controricorrente che, poiché la pronuncia gravata è stata pubblicata in data 14 marzo 2022, e non è stata notificata, per la proposizione dell’impugnazione si applicherebbe il termine semestrale previsto dall’art. 327 c.p.c., e quindi, tenendo conto della sospensione feriale, tale termine sarebbe scaduto il 17 ottobre 2022, nel mentre l’attuale ricorso è stato notificato in data 17 febbraio 2023.
Deve tuttavia rilevarsi che il presente giudizio è stato incoato prima dell’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, che , all’art. 46, comma 17, ha ridotto il termine c.d. ‘lungo’ per la proposizione dell’impugnazione ex art. 327 c.p.c. da un anno a sei mesi , ragion per cui, ai sensi dell’art. 58 della suddetta l. n. 69/2009, continua ad applicarsi il precedente testo del citato art. 327, che prevedeva , per l’appunto, il termine annuale.
Ed invero, il giudizio di rinvio non costituisce un giudizio “nuovo”, rappresentando solo la continuazione del giudizio di merito.
In passato si è affermato che, in tema di incidenza dello ius superveniens sul giudizio di rinvio, mentre nell’ipotesi di rinvio cd. prosecutorio (o proprio) ex art. 383 c.p.c., comma 1, il giudice non deve tener conto delle modifiche processuali medio tempore intervenute, vertendosi in una fase ulteriore dell’originario procedimento (introdotto secondo le regole in quel momento vigenti), nel caso rinvio c.d. restitutorio (o improprio) ex art. 383 c.p.c., comma 3, le sopravvenienze normative incidono, invece, sul nuovo processo che si svolge dinanzi al primo giudice, cui la causa sia stata rimessa in conseguenza dell’annullamento dell’intero procedimento (Cass. 15 ottobre 2020, n. 22407).
La giurisprudenza più recente, peraltro, ha superato la rilevanza della distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio, affermando che «in tema di incidenza dello ius superveniens sul giudizio di rinvio, il giudice di merito (di primo o di secondo grado), anche in caso di nullità del processo per mancato rispetto del litisconsorzio necessario, non deve tener conto delle modifiche processuali medio tempore intervenute, a prescindere dalla distinzione tra rinvio prosecutorio e rinvio restitutorio, che ha effetto solo descrittivo, per la determinazione dei poteri del giudice nel riesame della controversia, senza alcuna ricaduta pratica in caso di disciplina processuale sopravvenuta, trattandosi in ogni caso di una fase ulteriore dell’originario procedimento» (Cass. 19 settembre 2024, n. 25145; Cass. 19 settembre 2024, n. 25147; Cass. 2 gennaio 2025, n. 10).
Nel merito, il motivo è fondato.
Nell’accogliere il precedente ricorso per cassazione, questa Corte -conformemente ai precedenti sull’argomento – aveva statuito il principio per cui, nella determinazione del reddito d’impresa, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi si deve tenere conto anche delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti.
Gli è che la C.T.R., nel decidere in sede di rinvio, ha proceduto invece a rigettare integralmente l’appello proposto dall’Ufficio, confermando l’annullamento dell’avviso di accertamento , senza invece limitarsi a verificare quali fossero le componenti negative di reddito, e quindi senza procedere alla rideterminazione del reddito d’impresa, così come richiesto da questa Corte.
La Corte territoriale, in particolare, ha ritenuto che: a ) «all’esito dell’attività ispettiva, non sono emerse situazioni sostanziali di siffatto profilo evasivo»; b ) «l’accertamento di un maggior reddito d’impresa rispetto a quello emergente dalle scritture contabili non appare legittimato»; c ) «la percentuale di redditività media (6%), applicata per la determinazione induttiva del reddito d’impresa della società, risulta priva di fondamento e di motivazione, con un mero riferimento apodittico a percentuali rilevate nel settore lattiero-caseario».
In questo modo, la C.T.R. ha superato i limiti del thema decidendum , procedendo a riesaminare questioni ormai coperte dal giudicato, in quanto, proprio con riferimento alla ripresa a tassazione ed alla legittimità del metodo induttivo utilizzato dall’Ufficio, questa Corte aveva dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, ritenendo sufficientemente motivata la precedente decisione d’appello, nella parte in cui aveva ritenuto legittimi l’applicazione della percentuale di redditività
del 6% ed i criteri comparativi utilizzati dall’Amministrazione finanziaria.
E’ evidente, pertanto, che la C.T.R., giudicando in sede di rinvio, ha violato l’art. 384, comma 2, c.p.c., non rispettando il principio di diritto espresso dalla decisione di questa Corte che aveva disposto il rinvio.
Consegue l’accoglimento del presente ricorso.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.
Il Presidente (Dott. NOME COGNOME)