Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3726 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3726 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11004/2019 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate –RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME come da procura speciale allegata al ricorso (PEC: EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell ‘Emilia – Romagna n. 2313/04/2018, depositata l’1 .10.2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 20 novembre 2024.
RILEVATO CHE
La C TR dell’Emilia Romagna accoglieva l’appello proposto da COGNOME NOME avverso la sentenza della CTP di Ferrara che aveva rigettato il suo ricorso proposto avverso l’intimazione di pagamento e la annullava per la mancanza della previa notificazione
Oggetto:
Tributi – giudizio
di rinvio
della cartella di pagamento attestante l’avvenuta iscrizione a ruolo de i tributi oggetto della pretesa;
proposto ricorso per cassazione da RAGIONE_SOCIALE (ora Agenzia delle entrate -Riscossione), questa Corte, con sentenza n. 8040 del 29.03.2017, lo accoglieva e cassava con rinvio la sentenza impugnata;
a seguito del ricorso in riassunzione, proposto dal contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata, la CTR dell ‘Emilia Romagna, quale giudice di rinvio, accoglieva il ricorso introduttivo e annullava l’intimazione di pagamento e la prodromica cartella di pagamento per mancanza di prova della sua notificazione nei confronti del contribuente;
l ‘A DER impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
il contribuente resisteva con controricorso, illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, l ‘ADER deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 384 cod. proc. civ. e per elusione del giudicato derivante dalla sentenza n. 8040/2017 della Corte di Cassazione, non avendo la CTR osservato il principio di diritto enunciato;
con il secondo motivo, deduce la nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36 e 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 111, comma 7, Cost. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR motivato per relationem in modo apparente e per non essersi pronunciata in ordine ai motivi di appello formulati dall’appellante agente della riscossione, limitandosi a richiamare laconicamente la sentenza della Corte di Cassazione, senza evidenziare gli elementi di fatto posti alla base di detta decisione, e dichiarando la n ullità dell’intimazione di pagamento per mancata notificazione della
cartella di pagamento, senza indicare le ragioni per le quali ha ritenuto mancante detta notifica;
– con il terzo motivo, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2719 cod. civ., 137, 138, 139, 140, 143 e 149 cod. proc. civ., 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, 60 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 7 della l. n. 890 del 1982, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto che la notificazione della cartella di pagamento, sottesa all’impugnata intimazione, fosse mancante, senza considerare che l’agente della riscossione aveva prodotto, fin dal primo grado del giudizio, sia la copia dell’estratto di ruolo di detta cartella (n. NUMERO_CARTA sia la copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale la cartella era stata spedita al contribuente; -con il quarto motivo, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riproponendo sotto altro profilo la medesima censura mossa con il terzo motivo;
il primo motivo è fondato con assorbimento dei restanti motivi;
è principio consolidato di questa Corte che la riassunzione della causa innanzi al giudice di rinvio instauri un processo chiuso, nel quale è preclusa alle parti, tra l’altro, ogni possibilità di proporre nuove domande, eccezioni, nonché conclusioni diverse, salvo che queste, intese nell’ampio senso di qualsiasi attività assertiva o probatoria, siano rese necessarie da statuizioni della sentenza della Cassazione (Cass., 27 ottobre 2023, n. 29879; Cass., 14 gennaio 2020, n. 448) e che la riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio si configura, dunque, non già come atto di impugnazione, ma come attività d’impulso processuale volta alla prosecuzione del giudizio conclusosi con la sentenza cassata (Cass., 20 dicembre 2022, n. 37200; Cass., 8 novembre 2013, n. 25244);
– occorre rilevare, inoltre, che nel giudizio di rinvio – il quale, come già detto, è un procedimento chiuso, preordinato a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata – non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum , mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass., 10 agosto 2023, n. 24357);
– parimenti consolidato è il principio secondo cui i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la sentenza di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per l’una e per l’altra ragione: nella prima ipotesi, il giudice di rinvio è tenuto soltanto ad uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo; nella seconda ipotesi, il giudice non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma può anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, tenendo conto, peraltro, delle preclusioni e decadenze già verificatesi; nella terza ipotesi, la “potestas iudicandi” del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione “ex novo” dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e
sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse (ex plurimis, Cass. n. 17240 del 15/06/2023);
– nel giudizio di rinvio, inoltre, è precluso qualsiasi esame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, non solo in ordine ai pretesi errores in iudicando commessi dal giudice a quo , relativi al diritto sostanziale, ma anche con riferimento alle violazioni di norme processuali che si assumono poste in essere dal giudice di merito, tutte le volte in cui il principio di diritto sia stato enunciato rispetto a un fatto con valenza processuale (Cass., 18 ottobre 2018, n. 26305; Cass., 29 settembre 2014, n. 20474; Cass., Sez. U., 3 luglio 2009, n. 15602);
– la modifica, nel giudizio di rinvio, in senso riduttivo dell’originaria impostazione difensiva, tale da renderla incompatibile con la contestazione di fatti o requisiti posti a fondamento della pretesa della controparte, ovvero la mancata riproposizione della contestazione sulla sussistenza di tali requisiti, sollevata nei precedenti gradi del giudizio ed in essi disattesa o dichiarata inammissibile, rende inammissibile l’esame d’ufficio di tali questioni, in quanto ormai espunte dal dibattito processuale (Cass., 9 giugno 2023, n. 16450);
– a tali principi si aggiunge quello secondo cui, « In tema di ricorso avverso sentenza emessa in sede di rinvio, ove sia in discussione, in rapporto al petitum concretamente individuato dal giudice di rinvio, la portata del decisum della sentenza di legittimità, la Corte di cassazione, nel verificare se il giudice di rinvio si sia uniformato al principio di diritto da essa enunciato, deve interpretare la propria sentenza in relazione alla questione decisa e al contenuto della domanda proposta in giudizio dalla parte, con la quale la pronuncia rescindente non può porsi in contrasto » (Cass., 19 febbraio 2018, n. 3955). E difatti, « la denuncia del mancato rispetto da parte del giudice di rinvio del “decisum” della sentenza di cassazione concreta denuncia di “error in procedendo” per
aver operato il giudice stesso in ambito eccedente i confini assegnati dalla legge ai suoi poteri di decisione, per la cui verifica la Corte di cassazione ha tutti i poteri del giudice del fatto in relazione alla ricostruzione dei contenuti della sentenza rescindente, la quale va equiparata al giudicato, con la conseguenza che la sua interpretazione deve essere assimilata all’interpretazione delle norme giuridiche » (Cass., 5 marzo 2019, n. 6344);
– tanto premesso, il caso in esame ricade nella ‘ terza ipotesi ‘ prima indicata, in cui al giudice di rinvio è demandato il compito non solo di applicare il principio di diritto, ma anche di valutare “ex novo” i fatti già acquisiti ed eventualmente altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse; avendo la Corte di Cassazione accolto il ricorso sia per violazione di legge, sotto la specie della ultrapetizione, in cui sarebbe incorsa la CTR fondando il proprio giudizio su un fatto che non era stato prospettato dalla ricorrente come motivo di impugnazione della sentenza di primo grado, sia per vizio di motivazione, al giudice di rinvio è stato demandato, alla luce di quanto statuito nella sentenza di cassazione, di riesaminare la fondatezza del gravame, tenuto conto del fatto che, secondo quanto affermato nella sentenza di primo grado, era stato prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento di una lettera raccomandata, debitamente autenticato, dal quale risultava che la cartella di pagamento era stata notificata, in data 15 giugno 2002, al contribuente, tramite consegna a persona qualificatasi come ‘familiare convivente’;
la CTR, quale giudice di rinvio, non ha seguito le direttive impartite dalla sentenza della Corte di Cassazione, limitandosi ad affermare che ‘alla stregua del principio di diritto enunciato nella sentenza della Suprema Corte, deve essere dichiarata la nullità della intimazione di
pagamento per mancata notificazione della cartella di pagamento oggetto di impugnazione ‘;
– in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; l’impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell ‘Emilia – Romagna, in diversa composizione.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell ‘Emilia – Romagna, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 20 novembre 2024.