Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24772 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24772 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11053/2024 R.G.R. proposto da:
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, e NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, tutti nella qualità di eredi di NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi, come da procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Catania e con elezione di domicilio digitale;
-ricorrenti –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-controricorrente –
Per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia di secondo grado della Sicilia n. 9172/2023, depositata in data 13.11.2023, non notificata;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2.7.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania per l’annullamento del
NOME COGNOME -SISMA 1990 GIUDIZIO DI COGNOME
provvedimento tacito di rigetto dell’istanza di rimborso presentata all’Agenzia delle Entrate di Catania a mezzo raccomandata a/r del 12.3.2008, relativa ai versamenti IRPEF ed ILOR degli anni di imposta 1990, 1991 e 1992 eccedenti la misura del 10%, oltre interessi, in qualità di soggetto colpito dal sisma del dicembre 1990.
2.La C.T.P. di Catania rigettava il ricorso.
La C.T.R. della Sicilia, sez. distaccata di Catania, accoglieva l’appello del contribuente, stabilendo che «il diritto al rimborso va riconosciuto nella misura del 90% così come la sua esecuzione va disposta senza abbattimento del 50%», condannando contestualmente l’Agenzia soccombente al pagamento delle spese di lite.
L’Agenzia delle Entrate, con ricorso notificato in data 23.1.2020 ed iscritto al n. R.G. 4871/2020, impugnava la citata sentenza innanzi a questa Corte, che veniva respinto con ordinanza n. 30257/2021.
Nelle more, essendo stato versato solo il 50% del dovuto per sorte capitale, oltre ad un importo ritenuto non satisfattivo a titolo di interessi ex art. 44 d.P.R. n. 602/1973, gli eredi di NOME COGNOME, nel frattempo deceduto, instauravano il giudizio di ottemperanza, al fine di ottenere l’integrale rimborso della sorte capitale, oltre interessi.
L ‘ adita Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, dato atto dell’avvenuto rimborso nella misura del 50% ai sensi dell’art. 1, comma 665, legge 23.12.2014, n. 190, rigettava il ricorso con la sentenza richiamata in epigrafe, ritenendo, in linea essenziale, che l’entità del rimborso concretamente erogabile non poteva che essere determinato sulla base di quanto previsto dalle disposizioni e dal provvedimento direttoriale del MEF, ovvero verificando la sufficienza delle risorse statuali stanziate e, in caso di superamento, applicando le riduzioni previste. Non era necessario
nominare un commissario ad acta , essendo incontroverso che il capitolo di bilancio era incapiente e d’altra parte, poiché, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione da ultimo intervenuta (alla stregua, soprattutto, delle sentenze nn. 16289 e 16290 del 2022), la parte non perdeva il diritto al rimborso integrale, rimanendo lo stesso subordinato alla capienza del bilancio, e poiché sempre secondo tale giurisprudenza, in caso di incapienza, il giudice dell’ottemperanza deve dare le necessarie indicazioni in merito, ne conseguiva che il contribuente poteva sempre rivolgersi utilmente all’Agenzia delle Entrate per ottenere il soddisfo dell’intero ammontare e l’Agenzia sarebbe stata tenuta al rimborso integrale se e quando il capitolo del bilancio lo avesse consentito.
Avverso la precitata sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i ricorrenti di cui all’intestazione , in qualità di eredi di COGNOME NOMECOGNOME affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Per la decisione della causa è stata fissata l’udienza camerale del 2.7.2025, in prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato tempestiva memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, rubricato « improprio e malinteso richiamo al principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 70, d.lgs. 31.12.1992, n. 546; degli artt. 81, 97, 117 e 119 cost.; dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.; degli artt. 3, 24 e 111 cost.; dell’art. 1, comma 665, legge 23.12.2014, n. 190, come modificato dall’art. 16-octies, d.l. 2.6.2017, n. 91, inserito dalla legge di conversione 3.08.2017, n. 123, e dall’art. 29, d.l. 30.12.2019, n. 162, convertito dalla legge 28.2.2020, n. 8; dell’art. 14, comma 2, d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito dalla legge 28.2.1997, n. 30; dell’art. 1, protocollo addizionale n. 1 della Cedu », i ricorrenti assumono che il Giudice dell’ottemperanza
avrebbe fatto evidente malgoverno del principio costituzionale dell’equilibrio di bilancio concernente la generale programmazione economica da parte dello Stato, degli enti territoriali e delle pubbliche amministrazioni, applicandolo al diverso ambito dell’ esecuzione del dictum giurisdizionale nascente – come nel caso di specie – da una sentenza giurisdizionale passata in giudicato. In altri termini, l’applicazione del principio di equilibrio di bilancio non potrebbe sottrarre le pubbliche amministrazioni all’obbligo di ottemperare ai propri debiti, come accertati e sanciti da provvedimenti giurisdizionali definitivi ed irrevocabili. Un tale ragionamento renderebbe agevole per un’Amministrazione sottrarsi al pagamento di un debito scaturente da un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato semplicemente invocando l’incapienza delle proprie risorse, in pretesa applicazione del principio di equilibrio tra entrate ed uscite. Con l’effetto perverso per cui, sotto il paravento dell’equilibrio di bilancio, la p.a. finirebbe per accumulare sempre più debiti insoluti, così, di fatto, creando un grave ed insanabile disequilibrio finanziario, in palese contraddizione con quegli stessi principi costituzionali, di cui alla legge costituzionale n. 1 del 2012, che, pretestuosamente, la Corte di Giustizia tributaria affermava di voler salvaguardare. La contestata impostazione, peraltro, porrebbe, di fatto, nel nulla il ruolo del Giudice dell’ottemperanza, di cui all’art. 70, d.lgs. n. 546/1992. Si sostiene che la Suprema Corte avrebbe, infatti, ripetutamente evidenziato che, in caso di incapacità delle risorse stanziate ai sensi dell’art. 1, comma 655, l. n. 190/2014, e successive modifiche, il credito del contribuente non può essere falcidiato né la sua soddisfazione procrastinata sine die , ma il Giudice dell’ottemperanza tributaria dovrà nominare il commissario ad acta, il quale, allo scopo di dare integrale attuazione al giudicato, potrà ricorrere anche allo strumento dell’ordine di pagamento in conto sospeso, ai sensi dell’art. 14, comma 2, d.l.
31.12.1996, n. 669, convertito dalla legge 28.2.1997, n. 30 (cfr., ex pluribus , sentenze Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, 19.5.2022, n. 16290; 19.5.2022 n. 16289, 23.5.2022, n. 16644 e 16659, 1.6.2022, n. 17929; più di recente, ordinanza Corte di Cass., Sez. Tributaria, 5.10.2023, n. 28047).
2. Con il secondo motivo, rubricato « erronea ed illegittima applicazione del limite al 50% sull’entità’ erogabile del rimborso in favore del contribuente in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 665, legge 23.12.2014, n. 190, come modificato dall’art. 16-octies, d.l. 2.6.2017, n. 91, inserito dalla legge di conversione 3.08.2017, n. 123, e dall’art. 29, d.l. 30.12.2019, n. 162, convertito dalla legge 28.2.2020, n. 8; dell’art. 14, comma 2, d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito dalla legge 28.2.1997, n. 30; dell’art. 70, d.lgs. 31.12.1992, n. 546, dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.; dell’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c.; degli artt. 3, 24 e 111 cost.; dell’art. 6 cedu ; dell’art. 1, protocollo addizionale n. 1 della cedu , i ricorrenti deducono che l’art. 16 -octies, d.l. n. 91/2017, e s.m.i., non ha in alcun modo previsto una falcidia sostanziale del diritto al rimborso in capo ai contribuenti (nella specie, accertato con sentenza irrevocabile), né ha inteso sospendere sine die l’erogazione dei rimborsi dovuti, ma ha semplicemente regolato le procedure amministrative di effettuazione dei medesimi rimborsi in un medesimo contesto cronologico e finanziario, ferma restando la possibilità ( rectius : l’obbligo) per il Giudice dell’ottemperanza di utilizzare gli strumenti consentiti dalla disciplina processuale (segnatamente, art. 70, d.lgs. n. 546/1992) per consentire al contribuente ricorrente di ottenere la corretta e piena attuazione della sentenza, e dunque la soddisfazione integrale del proprio credito nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. Ed a tale scopo, il Giudice dell’ottemperanza d eve necessariamente procedere alla nomina del Commissario ad acta , stabilire il
quomodo dell’intervento attuativo ed incaricare lo stesso Commissario, al fine di dare integrale esecuzione alla sentenza, di ricorrere allo strumento dell’ordine di pagamento in conto sospeso, ex art. 14, comma 2, d.l. n. 669/1996, qualora i relativi fondi statali non siano capienti.
La sentenza di rigetto del ricorso per ottemperanza emessa dal Giudice di secondo grado, pertanto, avrebbe pervicacemente violato le note e reiterate coordinate ermeneutiche statuite dalla Suprema Corte, dando luogo ad un illegittimo rifiuto di giustizia, in aperta violazione dei richiamati artt. 70, d.lgs. n. 546/1992, 2909 c.c., 324 c.p.c., e 14, comma 2, d.l. n. 669/1996, sulla base di una malintesa interpretazione ed applicazione dell’art. 1, comma 665, legge n. 190/2014, come modificato dall’art. 16-octies, d.l. n. 91/2017 e dall’art. 29, d.l. n. 162/2019.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.
La decisione impugnata si pone, invero, in contrasto con il costante orientamento di questa Corte, secondo cui, nel giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 del d.lgs. n. 546/1992, il giudice, adito dal contribuente per l’esecuzione del giudicato sul diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, comma 665, della l. n. 190 del 2014, come modificato dall’art. 16-octies del d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 del d.l. n. 162 del 2019, e, in caso di verificata incapienza, attivare, con determinazioni specifiche, anche tramite la nomina di un commissario ad acta , le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione alla decisione del giudice di merito. In tale novero di adempimenti è compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi
costituzionali e convenzionali, una falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertati (così, ex multis , Cass. n. 22560/2023; Cass. n. 5706/2023; Cass. n. 1156/2023; Cass. n. 16290/2022; Cass. n. 16289/2022).
3.1. Pertanto, va chiaramente ribadito (cfr., per tutte, Cass. n. 13934/2025) come la novella del 2017 non abbia inteso incidere sul diritto al rimborso, risarcendo alcuni entro il limite di stanziamento e pregiudicando gli altri, ma piuttosto abbia inteso regolarne l’esecuzione, costituendo in proposito un particolare fondo a cui attingere, prevedendone il finanziamento di anno in anno, compatibilmente con la legge di bilancio, contemperando le esigenze di copertura finanziaria della legge di spesa (art. 81 Cost.) con la parità di trattamento e la solidarietà fra tutti coloro che sono stati colpiti da una calamità naturale (artt. 2 e 3 Cost).
3.2. Il giudice dell’ottemperanza, in presenza di accertata incapienza dello stanziamento di bilancio, avrebbe dunque dovuto adottare in luogo dell’ufficio che li ha omessi – i provvedimenti indispensabili per l’attuazione effettiva del comando giudiziale emesso, compreso l’ordine di pagamento in conto sospeso, previe le verifiche e secondo le modalità già indicate dalla richiamata consolidata giurisprudenza di questa Corte.
Con il terzo motivo, rubricato « radicale assenza di pronunzia e di motivazione in ordine alla domanda di pagamento degli interessi sulla sorte capitale, ai sensi dell’art. 44, d.p.r. 29.9.1973, n. 602 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.; dell’art. 70, d.lgs. 31.12.1992, n. 546; dell’art. 324 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c.; dell’art. 115 c.p.c.; dell’art. 111, comma 6, cost.; dell’art. 44, d.p.r. 29.9.1973, n. 602» , i ricorrenti lamentano l’omessa pronuncia in relazione alla autonoma domanda di pagamento della differenza sugli interessi pagati sulla sorte capitale erogata nella
misura del 50%, da computarsi ex lege ai sensi dell’art. 44, d.P.R. 29.9.1973, n. 602.
4.1. Anche questo motivo è fondato, non ravvisandosi nella sentenza impugnata alcuna statuizione in merito alla domanda di pagamento degli interessi, che i ricorrenti lamentavano essere stati erogati in misura inferiore al dovuto sul rimborso parziale ricevuto.
In conclusione, in accoglimento integrale del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, per nuovo esame; ad essa si demanda, altresì, di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Catania, in diversa composizione, per un nuovo esame, oltre che per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2025.