Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20196 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8402/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso da sé medesimo
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB. PROV. ROMA n. 8773/2020 depositata il 04/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME impugnava l’estratto di ruolo e le sottostanti cartelle esattoriali dianzi alla C.T.P. di Roma, la quale accoglieva il ricorso e condannava l’Ama s.p.a. alla refusione delle spese di lite liquidate in euro 150,00 con distrazione in favore del difensore. L’avv. COGNOME, notificato inutilmente l’atto di costituzione in mora ex art. 70 d.lgs. n. 546/1992, proponeva ricorso per l’ottemperanza della sentenza n. 9681/2019 alla C.T.P. di Roma, la quale, con pronuncia n. 8773/2020, lo respingeva, affermando che .
L’avv. COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello svolgendo un unico motivo.
La società RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Il ricorrente ha depositato, in prossimità dell’udienza, memoria difensiva ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.,
MOTIVI DI DIRITTO
1.Con un unico articolato motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.5, c.p.c. si deduce il difetto di motivazione nonchè la mancata pronuncia sulla invocata ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza; si assume che il decidente ha omesso di esporre i motivi in fatto e diritto della decisione e l’iter logico -giuridico che ha seguito per pervenire alla decisione adottata.
Nella illustrazione del motivo rubricato si prospetta altresì la violazione dell’art. 70 d.lgs. n. 546/1992 e del d.lgs. n. 156/2015 che hanno reso il giudizio di ottemperanza l’unico rimedio esperibile in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie, aggiungendo altresì che la società RAGIONE_SOCIALE è una società in house del Comune di Roma che non può essere qualificata come soggetto estraneo alla controllante, in quanto articolazione interna dell’ente locale.
2.Il motivo di ricorso in scrutinio con cui si lamenta la carenza motivazionale della sentenza d’appello è stato irritualmente formulato ai sensi del n. 5 dell’art. 360, primo comma, c.p.c.
Va, poi, notato che lo strumento di impugnazione contiene nella sua illustrazione un altro profilo di doglianza concernente la violazione de ll’art. 70 d.lgs. n. 546/1992.
Sovviene, sul tema, il consolidato indirizzo giurisprudenziale di legittimità in virtù del quale l’erronea intitolazione del motivo di
ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato (Cass. n. 759/2025; (cfr., ex plurimis, Cass. n. 17842/2024, Cass. n. 5435/2024, Cass. n. 5195/2024, Cass. n. 3033/2024; Cass. n. 26310 del 2017). La lagnanza, sebbene dichiaratamente formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) c.p.c., deve essere ricondotta nell’alveo del n. 3) del medesimo comma, essendo volta a far valere la dedotta violazione dell’art. 70 d.lgs. n. 546/1992 .
Sono, quindi, due gli isolabili motivi di censura.
2.1.Fatta tale precisazione, si rileva che la denuncia di carenza motivazionale si rivela infondata.
3.Invero, dopo la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 5, il vizio motivazionale presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza via sia stato, ma che esso sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» (Cass. 04/08/2021, n. 22204; n. 27551/2024). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze
processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. S.U. n.8053/2014).
3.1.Nella fattispecie sub iudice, il vizio è denunciato secondo il paradigma previgente di cui all’art.360, primo comma, n.5 citato, mentre non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., nei termini precisati (Cass. S.U. n.8053/2014 citata e tra le tante da ultimo Cass. n.22598/2018).
3.2. Ebbene, i giudici di prossimità hanno chiaramente escluso l’azionabilità dei poteri sostitutivi ai sensi dell’art. 69 d.lgs. n. 546/1992, sostenendo che, trattandosi di sentenza di condanna costituente titolo esecutivo, trovano applicazione le disposizioni del codice di procedura civile per l’esecuzione forzata della sentenza; proseguendo nel senso che il giudizio di ottemperanza è azionabile solo per l’attuazione dei provvedimenti amministrativi conseguenti a pronunce giurisdizionali sugli atti impositivi impugnati.
3.3.Non consta, pertanto, la predicata apparenza motivazionale, bensì un percorso argomentativo che ben lascia cogliere la ratio decidendi in merito alla inazionabilità del giudizio di ottemperanza. La decisione adottata risulta, dunque, esplicitare le ragioni che hanno condotto il collegio alla pronuncia impugnata, sebbene si ponga in contrasto con la disciplina di cui al d.lgs. n. 546/1992.
La seconda censura prospettata solo nella illustrazione dell’unico motivo, come violazione di legge appare fondata per quanto ci si appresta a dire.
4.1.Pur trovandoci di fronte ad un motivo c.d. ‘misto’ -deducendosi sia l’apparente motivazione che la violazione di legge -che comporterebbe l’applicazione del principio per cui è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, (cfr. Cass. n. 3397/2024, che richiama Cass. n. 26874/2018; Cass. n. 7009/2017, Cass. n. 21611/2013; Cass. n. 19443/2011), contrastando tale tecnica espositiva con il principio di tassatività dei motivi di impugnazione per cassazione (v., ancora, Cass. n. 13809/2022, che richiama, «ex plurimis, Cass. n. 6866/2022, Cass. n. 33348/2018, Cass. n. 19761/2016, n. 19040/2016, n. 13336/2016, n. 6690/2016, Cass. n. 5964/2015; Cass. n. 26018/2014 e n. 22404/2014), ad ogni buon conto, operando, in base ad altro orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 39169/2021, che richiama Cass. n. 26790/2018, Cass. n. 19893/2017, Cass. n. 7009/2017, Cass, Sez. Un., n. 9100/2015, Cass., Sez. Un., n. 17931/2013; Cass., Sez. Un., n. 32415/2021), una risistemazione dei motivi, una loro scissione, come se fossero separati, alternativi o subordinati, ricostruendoli, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione rilevante, in relazione alle questioni sostanziali sollevate, la doglianza relativa alla violazione degli artt. 39 e 70 d.lgs. n. 546/1992 (sotto il profilo dell’ammissibilità del ricorso per error in procedendo v. Cass. n. 23487/2018) si rivela fondata.
4.2. Il procedimento di ottemperanza è regolato dall’art. 70 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 che prevede una disciplina diversa da quella ordinaria. Non a caso la norma in scrutinio dispone: «Salvo quanto previsto dalle norme del codice di procedura civile per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente
titolo esecutivo, la parte che vi ha interesse può chiedere l’ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza …».
4.3.L’art. 67 -bis, introdotto dal d.lgs. n. 156 del 2015, stabilisce che le sentenze delle commissioni tributarie sono esecutive. Già anteriormente a tale modifica normativa, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte, insieme con la più attenta dottrina, aveva affermato che l’efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi era già riconosciuta dal sistema. Essa doveva desumersi, oltre che dal generale rinvio operato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, alle norme del codice di rito ordinario, e quindi anche all’art. 282 cod. proc. civ., anche sulla base dell’art. 68 dello stesso decreto. Questo, infatti, al comma 2 prevede l’obbligo dell’Amministrazione di rimborsare entro breve termine al contribuente quanto versato in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza di accoglimento totale o parziale del ricorso; inoltre, al comma 1 disciplina la riscossione frazionata e graduale del tributo e dei relativi interessi sempre sulla base delle statuizioni della sentenza. Tali previsioni postulano, evidentemente, che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato. Ulteriore dato a conferma di tale conclusione deve rinvenirsi, secondo questa Corte, nell’art. 18, d.lgs. n. 472 del 1997, il quale prevede, al comma 4, che le sentenze delle commissioni tributarie concernenti provvedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie sono «immediatamente esecutive» (nei limiti di cui al successivo art. 19, che richiama il menzionato art. 68).
4.4.L’esecutività delle sentenze tributarie è stata poi espressamente prevista dall’art. 67 -bis, d.lgs. n. 546 del 1992, introdotto dal d.lgs. n. 156 del 2015, il quale stabilisce che «Le sentenze delle commissioni tributarie sono esecutive», precisando, subito dopo, «secondo quanto previsto dal presente capo». Posto
che tale riferimento deve intendersi effettuato al capo IV del d.lgs. n. 546 del 1992 concernente «L’esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie», e non già il capo III, relativo a «Le impugnazioni» ove l’art. 67 -bis è collocato (come evidenziato in modo pressoché unanime dai commentatori della novella), è alle disposizioni di tale capo che occorre fare riferimento. Ebbene, l’immediata esecutività è espressamente riconosciuta dall’art. 69 con riguardo alle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente, nonché a quelle relative agli atti concernenti le operazioni catastali. Quanto alle sentenze che accolgono in tutto o in parte il ricorso avverso gli atti impositivi di cui all’art. 68, l’esecutività come si è detto -era già insita nella disciplina che riconosceva al contribuente la possibilità di chiedere il rimborso del tributo versato in eccesso. Per effetto delle modifiche introdotte dalla novella del 2015, entrambe le disposizioni ora richiamate, inoltre, riconoscono al contribuente, nel caso di mancata esecuzione della sentenza, la possibilità di chiedere l’ottemperanza ai sensi dell’art. 70, d.lgs. n. 546 del 1992 (art. 68, comma 2 e art. 69, comma 5). Se ne deve desumere che il giudizio di ottemperanza è esperibile, oltre che nei confronti delle sentenze passate in giudicato, ai sensi dell’art. 70, anche in relazione alle sentenze di cui agli artt. 68 e 69, d.lgs. n. 546 del 1992, nonché degli artt. 18 e 19, d.lgs. n. 472 del 1997 (che richiamano l’art. 68).
4.5.La giurisprudenza di questa Corte ha, sul punto, precisato che l’art. 69, comma 1, d.lgs. n. 546/1992, che prevede l’immediata esecutività delle sentenze del Giudice tributario, ha natura immediatamente precettiva a prescindere dall’emanazione dei decreti ministeriali d’attuazione, e che quindi, anche secondo una pluralità di riferimenti normativi (d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, art. 9; d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 68; d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, artt. 18 e 19; art. 282 c.p.c., richiamato dal d.lgs. n.
546 del 1992, art. 1), le sentenze delle Commissioni tributarie concernenti atti impositivi sono immediatamente efficaci; se ne è fatto discendere che, qualora intervenga una sentenza del giudice tributario, anche non passata in giudicato, che annulla in tutto o in parte l’atto impositivo ovvero che contiene una pronuncia condannatoria, l’ente impositore ha l’obbligo di agire in conformità della statuizione giudiziale, adottando i conseguenziali provvedimenti o eventualmente versando le somme dovute (da ultimo, Cass. civ., 19 aprile 2019, n. 11135; Cass., sez. un., n. 758 del 13/01/2017).
4.6.Va osservato che la possibilità per il contribuente di poter accedere al giudizio di ottemperanza anche ai fini dell’attuazione della sentenza non ancora passata in giudicato, ma immediatamente precettiva, va configurata alla luce dell’interesse del contribuente di rendere effettiva la tutela che gli è stata riconosciuta dalla suddetta pronuncia, quindi trova specifica giustificazione nell’inerzia ovvero nel non corretto adeguamento dell’amministrazione finanziaria al precetto contenuto nella statuizione esecutiva; sul punto, questa Corte ha precisato che, in tema di contenzioso tributario, il giudizio di ottemperanza è ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l’inerzia dell’amministrazione finanziaria rispetto al giudicato o la difformità specifica dell’atto posto in essere dalla stessa rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire (Cass. civ., 5 novembre 2021, n. 31856); dunque, può essere attivato il giudizio di ottemperanza non solo nel caso in cui l’amministrazione finanziaria abbia omesso di adottare qualunque atto con il quale dia effettiva statuizione al comando contenuto nella sentenza, ma anche qualora l’atto posto in essere non sia adeguato al contenuto precettivo della sentenza.
5.In tal senso il giudizio di ottemperanza ulteriormente si differenzia rispetto al concorrente giudizio esecutivo civile, posto
che il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, quanto, piuttosto, quello di rendere effettivo quel comando, qualora sia privo dei caratteri di puntualità e precisione, tipici del titolo esecutivo (v. Cass. n. 33407/2023; Cass., sez. 5, n. 10570 del 04/06/2020 in motivazione; sez. 5, n. 16569 del 2019 cit.; n. 646 del 18/1/2012; n. 4126 del 1/3/2004; n. 20202 del 24/9/2010).
5.1.In definitiva, a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015 (recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario in attuazione della legge delega n. 23 del 2014), e l’eliminazione della possibilità, originariamente prevista, per il contribuente di ricorrere al processo di esecuzione forzata regolato dal codice di procedura civile, il giudizio di ottemperanza costituisce l’unico rimedio per l’attuazione delle sentenze tributarie nel caso di inadempimento dell’Amministrazione(Cass. n. 22565/2004; Cass. n. 3057/2008; Cass. n. 8830/2014; Cass. n. 11908/2022).
6.Venendo al caso in esame, la C.T.P. non ha fatto corretta applicazione dei principi esposti. La sentenza della quale il ricorrente aveva chiesto l’ottemperanza rientra nelle previsioni sopra richiamate, trattandosi di pronuncia immediatamente esecutiva. Per le ragioni esposte, dunque, il motivo di ricorso con il quale si lamenta la violazione di legge deve essere accolto, respinto il motivo relativo alla carenza motivazionale della sentenza impugnata.
7.Segue la cassazione della sentenza indicata in epigrafe e il rinvio alla C.G.T. di primo grado di Roma, in diversa composizione, anche per regolare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
accoglie per quanto di ragione e nei termini di cui in motivazione il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla C.G.T. di primo