Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4134 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4134 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LA COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3137/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ROMA n. 3869/2014 depositata il 11/06/2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE, poi incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE, impugnava il silenzio diniego dell’Amministrazione sulla istanza di liquidazione di interessi su credito IVA per il 1985.
La Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE (CTPRAGIONE_SOCIALE di Roma, con sentenza n. 417/1/91, accoglieva il ricorso; il gravame erariale veniva accolto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio con sentenza n. 533/14/1992, depositata l’11.2.1993, riformata dalla Commissione Tributaria Centrale con sentenza n. 8259/2006, che accertava definitivamente il diritto della contribuente alla liquidazione della somma di euro 75.609,29 per interessi maturati dal 1.7.1986 al 30.8.1988.
Facendo seguito ad atto di messa in mora, la RAGIONE_SOCIALE ha agito per l’ottemperanza ex art. 70 d.lgs. n. 546/1992 davanti alla CTR del Lazio; l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE si è costituita eccependo che la somma spettante era già stata pagata nel corso del precedente giudizio, mediante emissione di titoli di stato assegnati in godimento dal 1.1.1993, come risultava dalla Gazzetta Ufficiale del 7.6.1993 Serie Generale n. 131, e che « a causa della vetustà della vicenda non era stata in grado di accorgersi a suo tempo dell’avvenuto pagamento ».
Con la sentenza indicata in epigrafe la CTR ha respinto la domanda della contribuente, poiché il credito era già stato soddisfatto in corso di causa e un nuovo pagamento avrebbe determinato un ingiustificato arricchimento.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza affidato a tre motivi e ha depositato memoria.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 70 d.lgs. n. 546/1992 avendo la CTR ecceduto il suo compito di adottare i provvedimenti indispensabili per l’esecuzione del giudicato.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in quanto la CTR, consentendo all’RAGIONE_SOCIALE di sollevare eccezioni relative a fatti verificatisi anteriormente alla formazione del giudicato aveva violato il principio di intangibilità del giudicato.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. perché la CTR aveva ritenuto che quella emissione di titoli di stato si riferisse al credito oggetto di causa, nonostante mancasse l’imputazione del pagamento e gli importi non corrispondessero.
Questa Corte ha avuto modo di chiarire, con giurisprudenza costante, che « l’art. 70 del d.lgs. n. 546 del 1992 -a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione RAGIONE_SOCIALE norme del procedimento” -deve essere interpretato nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione RAGIONE_SOCIALE norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” nel quale sia incorso il giudice dell’ottemperanza ed, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere -dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede. » (Cass. n.23487 del 2018; v. anche Cass. n. 14642 del 2019). Sotto tale profilo, tutti i motivi di ricorso sono ammissibili, dolendosi il ricorrente del mancato e difettoso esercizio da parte del giudice dell’ottemperanza del potere dovere di interpretare il diritto costituito dal giudicato cui l’Amministrazione non si sia adeguata.
Ciò posto, i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi denunciando
violazioni di legge relative al giudicato e al giudizio di ottemperanza, e sono fondati.
Va all’uopo evidenziato che, secondo interpretazione consolidata di questa Corte, nell’ambito del giudizio d’ottemperanza alle decisioni RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie, il potere del giudice sul comando definitivo inevaso, va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (c.d. carattere chiuso del giudizio di ottemperanza), di tal che il giudice dell’ottemperanza può, si, enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendone il reale significato e rendendolo quindi “effettivo”, ma nel limite invalicabile del non poter attribuire un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire (cfr. Cass. n. 13681 del 2005), né dal poter negare il diritto riconosciuto dal dictum azionato (cfr. Cass. n. 8830 del 2014).
Vengono in rilievo, quindi, i principi in materia di giudicato secondo cui questo copre ‘il dedotto e il deducibile’ in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto esercitate in giudizio ma anche tutte le possibili questioni, proponibili in via di azione o eccezione, che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici, essenziali e necessari, della pronuncia (Cass. n. 3488 del 2016; Cass. n. 25745 del 2017); invero, il giudicato va correlato all’oggetto del processo, colpendo, perciò, tutto quanto rientri nel suo perimetro, incidendo, da un punto di vista sostanziale, non soltanto sull’esistenza del diritto azionato, ma anche sull’inesistenza di fatti impeditivi, estintivi e modificativi, ancorché non dedotti, senza estendersi a fatti ad esso successivi e a quelli comportanti un mutamento del petitum e della causa petendi (Cass. n. 33021 del 2022; Cass. n. 1259 del 2024).
8. La CTR non ha fatto buon governo di questi principi, dando rilievo ad un atto solutorio compiuto nel corso del giudizio, prima
della pronuncia della Commissione Tributaria Centrale che ha definitivamente accertato il diritto della ricorrente all’importo sopra indicato a titolo di interessi sul credito IVA per il 1985, e negando così il diritto riconosciuto da questo giudicato.
Giova osservare che nel processo civile di esecuzione, che può essere accostato al giudizio di ottemperanza presentando entrambi la funzione di assicurare che « la pretesa creditoria, espressa nel giudicato, sia puntualmente attuata in via coattiva » (Cass. n. 358 del 2004), è consolidato il principio secondo cui in sede di opposizione esecutiva possono essere fatti valere esclusivamente fatti estintivi sopravvenuti alla formazione giudiziale del titolo esecutivo, come tali non già deducibili nel giudizio di merito di formazione dello stesso (Cass. n. 24215 del 2009; Cass. n.7829 del 2015; Cass. n. 16024 del 2016; Cass. n. 8220 del 2023).
Conseguentemente, devono accogliersi il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, cassa di conseguenza la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 09/11/2023.