Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18052 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18052 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
Sisma Sicilia -ottemperanza – de minimis –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4259/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. SICILIA, n. 3995/2019, depositata il 24/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con ricorso ex art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992 adiva la CTR della Sicilia affinché la stessa emettesse i provvedimenti necessari per ottemperare alla sentenza n. 10657/2016, che assumeva passata in giudicato, di condanna dell’Agenzia delle Entrate a rimborsare il 90 per cento dell’Irpef e dell’Ilor corrisposta per gli anni 1990, 1991 e 1992 in applicazione delle agevolazioni previste per i residenti in Comuni della Sicilia colpiti dagli eventi sismici del 1990.
La CTR accoglieva il ricorso e nominava un commissario ad acta per l’adozione dei provvedimenti necessari a dare attuazione alla pregressa sentenza
Avverso la sentenza in epigrafe, resa nel giudizio di ottemperanza, ricorre l ‘Agenzia delle Entrate e NOME COGNOME resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa applicazione dell’art. 69, comma 2, d.lgs 31 dicembre 1992, n. 546 de dell’art. 12 d.lgs.
Censura la decisione impugnata per aver ritenuto suscettibile di ottemperanza una sentenza non ancora passata in giudicato. Osserva in proposito che alla fattispecie non è applicabile l’articolo 69 comma 2, come modificato dal d.lgs. n. 156 del 2015 in quanto quest’ultimo, all’art. 12, ha previsto che la diposizione relativa all ‘immediata esecutività delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente si applichi soltanto dopo l’approvazione dei decreti di attuazione e, dunque, dal 13 marzo 2017, data di entrata in vigore del d.m. 6 febbraio 2017 n. 32 che ha dato attuazione all’articolo 69, comma 2, cit.
Il motivo è infondato.
2.1. Il motivo pone la questione della proponibilità del giudizio di ottemperanza, previsto e disciplinato dall’art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione alle sentenze delle commissioni tributarie non ancora passate in giudicato.
2.2. L’art. 69 d.lgs. n. 546 del 1992, riscritto ex novo dal d.lgs. n. 156 del 2015, stabilisce attualmente che le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente sono immediatamente esecutive. La disposizione ha innovato la normativa previgente che, invece, postergava l’esecutorietà delle sentenze di condanna a favore del contribuente al momento del passaggio in giudicato.
L’art. 12, comma 2, d.lgs. cit. prevedeva , tuttavia, che, sino all’adozione dei decreti previsti dall’art. 69, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, così come modificati dall’art. 10, restavano applicabili le disposizioni previgenti dell’art. 69.
Il decreto richiamato è il decreto 6 febbraio 2017, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 13 marzo 2017 ed entrato in vigore il 28 marzo 2017.
2.3. Questa Corte, però, prendendo espressamente posizione sulla questione controversa, con statuizione alla quale si ritiene di dare continuità, ha stabilito che le sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento di somme in favore del contribuente, se emesse successivamente al 1° gennaio 2016, sono immediatamente esecutive, in applicazione di un principio generale, immanente nell’ordinamento processuale tributario, che non si limita soltanto alle decisioni riconducibili alle fattispecie previste dall’art. 68, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, e perché, con la predetta decorrenza, la novella dell’art. 49 d.lgs. n. 546 del 1992, che estende alle impugnazioni delle pronunce dei giudici tributari le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del c.p.c., ha soppresso l’inciso «escluso
l’articolo 337», così eliminando ogni limitazione alle regole del codice di rito civile (Cass. 06/05/2024, n. 12074).
Con il secondo motivo, l’Ufficio denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 9, comma 17, legge 27 dicembre 2002, n. 289, dell’art. 1, comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190, della VI dire. N. 77/388/CEE, degli artt. 107 e 108 T.F.U.E.; del Reg. CE n. 717 del 2014.
Osserva che il contribuente, nell’anno 1992, era titolare di reddito di impresa, comprensivo, secondo la definizione comunitaria, anche del reddito da lavoro autonomo e del reddito di partecipazione, sicché non sussisteva il presupposto per la restituzione delle imposte in quanto in violazione del divieto degli aiuti di Stato, idoneo a superare anche i limiti del giudicato. Aggiunge che il contribuente non aveva specificato nell’istanza di rimborso l’origine delle imposte per le quali aveva chiesto il rimborso
Il motivo è fondato, nei limiti di seguito precisati.
4.1. In via preliminare va rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dal contribuente in controricorso sull’assunto che il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che decide sull’ottemperanza sarebbe ammissibile solo per inosservanza delle norme sul procedimento ex art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992.
Questa Corte, in ordine all’interpretazione dell’art. 70, comma 10, d.lgs. cit., ove limita le censure ammissibili contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza alle sole violazioni di natura procedimentale, ha chiarito che detta disposizione va interpretata nel senso che è possibile denunciare, non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro error in procedendo in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza, ivi incluso il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di
interpretare e, eventualmente, integrare il dictum cui l’Amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (Cass. 19/05/2022, n. 16289, Cass. 28/09/2018, n. 23487, Cass. 16/04/2014, n. 8830, Cass. 08/02/2008, n. 3057, Cass. 01/12/2004, n. 22565).
4.2. Sempre in via preliminare, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del motivo in quanto nuovo.
Il giudice nazionale, in ossequio ai principi del primato e dell’effettività del diritto comunitario, deve verificare la compatibilità del diritto interno con le norme comunitarie, dando a queste ultime applicazione anche d’ufficio; con la conseguenza che, nel giudizio di legittimità, il predetto controllo di compatibilità non è nemmeno condizionato dalla deduzione di uno specifico motivo e le relative questioni possono essere conosciute anche d’ufficio, purché l’applicazione del diritto interno sia ancora controversa, costituendo oggetto del dibattito introdotto con i motivi di ricorso (Cass. 11/05/2021, n. 12379).
4.3. Quanto al merito, la Commissione UE, con la decisione n. C(2015) 5549 final del 14/08/2015, ha stabilito all’art. 1 che «Le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, comma 90, e successive modifiche e integrazioni; L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 363, e successive modifiche e integrazioni; L. 27 dicembre 2006, n: 296, art. 1, comma 1011, e successive modifiche e integrazioni; L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 109, e successive modifiche e integrazioni; D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 6, colma 4-bis e 4-ter, e successive modifiche e integrazioni; L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 33, comma 28, e successive modifiche e integrazioni; e tutti gli atti esecutivi pertinenti previsti dalle leggi sopraccitate), che riducono tributi e
contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamit à naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, Par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno».
È fatta tuttavia salva (art. 3 dec. cit.) l’ipotesi che si tratti di un «aiuto individuale» che «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento, (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014», ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti cd. de m í nimis (art. 2 decisione cit.), o che, «al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98» (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), «o da ogni altro regime di aiuti approvato», ma «fino a concorrenza dell’intensit à̀ massima prevista per questo tipo di aiuti» (art. 2 decisione cit.). (cfr. tra le tante Cass. 08/05/2023, n. 12187).
Ove il contribuente svolga attivit à̀̀ economica, il giudice di merito è tenuto a verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (artt. 2 e 3 dec. cit.), «tenendo conto, in specie, che la regola, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, TFUE, può̀̀ considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, sicché quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio deve essere negato nella sua interezza» (tra le più recenti Cass. 10/10/2022, n. 29503).
4.4. La CTR non si è attenuta a questi principi in quanto, anche in sede di ottemperanza, avrebbe dovuto verificare la compatibilità del beneficio con la disciplina degli aiuti di Stato.
Con il terzo motivo, l’Agenzia delle entrate denuncia in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , violazione e falsa
applicazione dell’art. 1, comma 665, legge 23 dicembre 2014, n. 190, come modificato dall’art. 16 -octies d.l. 20 giugno 2017, n. 91, convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, dell’art. 17 legge n. 289 del 2002 cit. Denuncia, altresì, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 62bis e 70, comma 10, d.lgs. n. 546 del 1992 cit.
Censura la sentenza impugnata per non aver applicato la normativa sopravenuta nella parte in cui prevede che, in relazione alle istanze di rimborso, qualora l’ammontare delle stesse ecced a le complessive risorse stanziate, il rimborso dev’essere effettuato applicando la riduzione percentuale del 50 per cento sulle somme dovute.
Il motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
6.1. La questione centrale è se il rimborso del 90 per cento delle imposte versate, riconosciuto in forma integrale al contribuente con decisione passata in giudicato, possa essere falcidiato nella misura del 50 per cento a titolo definitivo. Risulta, infatti, incontestato che il rimborso non è stato corrisposto nella misura integrale riconosciuta in sentenza.
6.2. Sul punto si è già pronunciata questa Corte che ha affermato il principio di diritto, ormai consolidatosi, secondo cui nel giudizio tributario di ottemperanza di cui all’art. 70 d.lgs. n. 546 del 1992, il giudice, adito dal contribuente per l’esecuzione del la decisione ricognitiva del diritto al rimborso d’imposte per effetto di benefici fiscali accordati in conseguenza di eventi calamitosi, deve accertare la disponibilità degli appositi fondi stanziati ai sensi dell’art. 1, com ma 665, legge n. 190 del 2014 – come modificato dall’art. 16-octies d.l. n. 91 del 2017 e dall’art. 29 d.l. n. 162 del 2019 -e, in caso di verificata incapienza, deve attivare, con determinazioni specifiche anche tramite la nomina di un commissario ad acta , le procedure particolari previste dalla normativa di contabilità pubblica per dare completa esecuzione
alla decisione del giudice di merito, compresa l’emissione dello speciale ordine di pagamento in conto sospeso, non essendo desumibile dalla normativa di riferimento, interpretata alla luce dei principi costituzionali e convenzionali, alcuna possibile falcidia di diritti patrimoniali del contribuente giudizialmente accertata» (Cass.19/05/2022, nn. 16289 e 16290 Cass. 24/05/2022, n. 16830).
6.2. Questa Corte, in particolare, quanto ai i criteri con i quali il giudice dell’ottemperanza deve provvedere ad attuare la disciplina sinora illustrata ha evidenziato che i limiti al rimborso di cui si discute non sono elementi costitutivi, e neppure impeditivi, modificativi o estintivi, del diritto sostanziale al rimborso accertato nel giudizio di cognizione, integrando piuttosto delle modalità attuative e procedimentali di tale diritto, dettate direttamente dalla legge. Pertanto, la verifica dei presupposti e delle modalità con i quali essi devono operare appartiene al procedimento di attuazione del comando giudiziale, e non è riducibile alla rigorosa applicazione degli oneri di allegazione e di prova rimessi alle parti. Resta, pertanto, da disattendere l’eccezione di inammissibilità sollevata dal contribuente.
Se da un lato il potere del giudice dell’ottemperanza non pu ò̀̀ che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (cd. «carattere chiuso del giudizio di ottemperanza»), dall’altro lato, pu ò , e deve, essere enucleato e precisato da quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza, chiarendosene il reale significato (Cass. n. 22188 del 24/11/2004; Cass. n. 28944 del 10/12/2008; Cass. n. 11450 del 25/5/2011; Cass. n. 15827 del 29/7/2016).
Dunque, il giudice dell’ottemperanza ha in ogni caso il potere ed il dovere di compiere gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare, che nel caso di
specie si estendono alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano, nel senso sinora precisato, il rimborso da erogare, in considerazione delle risorse disponibili, ai sensi dell’art. 16octies d.l. n. 91 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 123 del 2017, e del conseguente provvedimento direttoriale.
Si tratta del resto, della medesima verifica che dovrebbe inderogabilmente compiere, ex lege, l’Amministrazione in sede di effettuazione del rimborso accertato dalla sentenza de qua , nella quale si sostituisce il giudice dell’ottemperanza, servendosi, se necessario, del commissario ad acta .
6.3. L’ eventuale verificata incapienza, con riferimento al momento dell’ effettiva attuazione, delle risorse stanziate sugli ordinari capitoli di spesa utilizzati per il rimborso delle imposte sui redditi e dei relativi interessi, nel limite di cui all’ art. 1, comma 665, legge n. 190 del 2014, n (come, da ultimo, modificato dal d.l. n. 162 del 2019) e di eventuali successivi ulteriori stanziamenti, se preclude, in tutto o in parte, il rimborso ai sensi della medesima norma e del relativo provvedimento di rettoriale che l’ha integrata, non determina, per quanto già argomentato, l’estinzione, parziale o integrale, del relativo diritto sostanziale del contribuente, e non preclude quindi definitivamente, né procrastina sine die, la sua attuazione, secondo gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione e, dunque, del commissario ad acta nominato dal giudice dell’ottemperanza, che nella relativa sentenza deve precisare il quomodo dell’intervento sostitutivo.
Si è concluso, pertanto, rilevando che la soluzione interpretativa prospettata, escludendo la falcidia del credito accertato, cosi come la sua incerta dilazione, non solo è costituzionalmente orientata, per quanto già rilevato, ma è pure conforme ai precetti della Convenzione eur opea dei diritti dell’uomo, rispetto alla quale il largo margine di apprezzamento pur riconosciuto agli Stati nel regolare la materia
fiscale (art.1, comma 2, Protocollo n.1) va letto alla luce del principio del “giusto equilibrio” (comma 1), in termini di giustificazione e proporzione (CEDU, 03/07/2003, RAGIONE_SOCIALE), non diversamente dalle fattispecie espropriative (CEDU, 16/03/2010, RAGIONE_SOCIALE).
6.4. La CTR non si è attenuta a questi principi in quanto, pur avendo riconosciuto il diritto al rimborso integrale ed avendo nominato un commissario ad acta, non ha demandato a quest’ultimo l’accertamento di cui al principio di diritto sopra espresso. Il giudice dell’ottemperanza avrebbe dovuto verificare l’effetto, nel senso precisato, della disposizione in questione sulle modalità di attuazione del rimborso, adottando di conseguenza i provvedimenti specifici indispensabili all’ottemperanza, ovvero det erminando il quomodo dell’attuazione stessa, a seconda della capienza o meno delle risorse stanziate, applicando il principio appena illustrato.
Ne consegue, in accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Siracusa, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2025.