Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21485 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21485 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 21115/2022 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SAN NICOLA INDIRIZZO;
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB. PROV. CASERTA n. 871/2022 depositata il 14/03/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Caserta, di cui all’epigrafe, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente per l’ottemperanza dell’Amministrazione finanziaria agli obblighi derivanti dalla sentenza n. 2693/2020 del medesimo organo giudicante che prevede la distrazione in suo favore delle spese di giudizio.
Il ricorrente, in assenza di adempimento spontaneo promuoveva ricorso per ottemperanza innanzi alla medesima C.T.P. ex art. 70 del d.lgs 546/92 al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo di conformarsi al decisum della sentenza citata.
Il dott. COGNOME affermava che, nonostante l’avvenuta notificazione della sentenza, l’ente debitore non aveva ancora provveduto ai conseguenti adempimenti.
In data 16.2.2022, la Commissione Tributaria Provinciale di Caserta dichiarava inammissibile il ricorso, non risultando documentato il previo esperimento da parte dell’istante delle formalità di cui all’art. 70 d.lgs. 546/92.
Si legge nella pronuncia impugnata che .
Il Comune di San Nicola La Strada è rimasto intimato.
MOTIVI DI DIRITTO
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, segnatamente, degli artt. 2, 67 bis, 68, 69 e 70 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in quanto, dopo la modifica degli artt. 69 e 70 del d.lgs. n. 546 del 1992, a seguito di riforme decorrenti dal 21 maggio 2016 e dal 31 dicembre 2015, che si applicano in virtù di quanto previsto dalla disposizione transitoria di cui all’art. 12, comma 1, d.lgs. cit., a decorrere del 10 giugno 2016, le sentenze che recano la condanna dell’Amministrazione finanziaria al pagamento delle spese processuali in favore del contribuente, secondo quanto previsto dagli artt. 15 e 69, comma 5, d.lgs. n. 456 del 1992, costituiscono immediatamente, in relazione a tale capo della decisione, titolo esecutivo. Si è esteso così al processo tributario il principio di cui all’art. 282 cod. proc. civ., ed ai sensi del comma 4, dell’art. 69, d.lgs. n. 546 del 1992, il pagamento delle somme dovute a tale titolo al contribuente o al difensore antistatario, deve essere eseguito nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza secondo le modalità previste di cui all’art. 38, d.lgs. citato, ed in caso di mancata esecuzione della sentenza, prevede il comma 4, dell’art. 69 in esame, il contribuente può promuovere il giudizio di ottemperanza senza necessità di formale costituzione in mora e, soprattutto, senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza medesima, come invece prevede – di regola – l’art. 70, d.lgs. n. 456 del 1992.
Sulla questione di diritto prospettata, si contrappongono due diversi indirizzi di legittimità.
Secondo un primo orientamento, il giudizio di ottemperanza, ammissibile ogni qualvolta debba farsi valere l’inerzia dell’Amministrazione rispetto al giudicato o la difformità specifica dell’atto posto in essere dalla stessa rispetto all’obbligo processuale di attenersi all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire, si differenzia dal concorrente giudizio esecutivo civile, perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nel giudicato, ma di rendere effettivo quel comando, anche e specialmente se privo dei caratteri di puntualità e precisione tipici del titolo esecutivo; ne deriva che, non essendo previsto alcun termine per l’Amministrazione per adempiere al giudicato e non potendosi applicare al termine previsto dal comma 1 dell’art. 14 del d.P.R. n. 669 del 1996 convertito in legge n. 30 del 1997, evocato in controricorso, in quanto previsto per le sole procedure esecutive, l’unica condizione per la proponibilità del giudizio di ottemperanza è il decorso del termine di trenta giorni dalla messa in mora a mezzo di Ufficiale giudiziario, ai sensi dell’art. 70, secondo comma, ultima parte, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, termine che in questo caso non era decorso, come è incontroverso in causa (Cass., n. 31690/2021; Cass. 26137/23; Cass. n. 2393/2024).
Secondo altra impostazione (Cass. n. 11286 del 7 aprile 2022; n. 3097/2024), il giudizio di ottemperanza, nell’attuale formulazione dell’art. 70 d.lgs. n. 546/1992, costituisce l’unico mezzo a disposizione del contribuente in materia di esecuzione coattiva delle sentenze tributarie, qualsiasi sia la natura del credito vantato. Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 156/2015 , per l’esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di una somma di denaro non è più necessaria la costituzione in mora né il passaggio in giudicato della sentenza stessa. Difatti, si assume, che dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156 del 2015 (recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario
in attuazione della legge delega n. 23 del 2014 ), e stata eliminata la possibilità per il contribuente di ricorrere al processo di esecuzione forzata regolato dal codice di procedura civile, originariamente prevista, sicché “il giudizio di ottemperanza costituisce l’unico rimedio per l’attuazione delle sentenze tributarie nel caso di inadempimento dell’Amministrazione” ( Cass. 12/04/2022, n.11908 ); detto giudizio presenta connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile, “dal quale si differenzia perché il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo, compiendo gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della sentenza” ( Cass. 4/06/2020, n. 10570, in motivazione). Poiché, ai sensi dell’a rt. 67-bis del d.lgs. n. 546/1992, introdotto dal d.lgs. n 156/2015, le sentenze delle Commissioni tributarie sono immediatamente esecutive non è necessario dotarle di uno strumento giuridico per rendere effettivo quel comando; l’art. 67-bis dianzi evocato prevede che “Le sentenze delle commissioni tributarie sono esecutive”, precisando, subito” secondo quanto previsto dal presente capo”; ora “posto che tale riferimento deve intendersi effettuato al d.lgs. n. 546 del 1992 , capo IV, concernente “L’esecuzione delle sentenze delle commissioni tributarie”, e non già al capo III, relativo a “Le impugnazioni” ove l’art. 67-bis è collocato (come evidenziato in modo pressoché unanime dai commentatori della novella), e alle disposizioni di tale capo che occorre fare riferimento; l’immediata esecutività è dunque espressamente riconosciuta dall’art. 69 con riguardo alle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente, nonché a quelle relative agli atti concernenti le operazioni catastali (Cass. 12/04/2022, n. 11908).
5.Cass. n. 3097/2024 ha confermato detta interpretazione, statuendo che, in tema di spese di lite nel processo tributario, se il pagamento in favore del contribuente, o del difensore antistatario, non è eseguito spontaneamente dall’Amministrazione nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992 , le somme dovute a tale titolo possono essere richieste con il giudizio di ottemperanza, senza necessita di formale costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza che ha dato luogo al titolo di pagamento ( Cass. n. 11286/2022).
6.Poiché sulla questione prospettata si sono formati nella giurisprudenza di questa Corte due contrastanti orientamenti interpretativi, si profila opportuna la trattazione in pubblica udienza, per il valore nomofilattico delle questioni, che richiedono la determinazione di un indirizzo univoco. Pertanto, va disposto il rinvio a nuovo ruolo perché la causa va rimessa in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa in pubblica udienza e rinvia a nuovo ruolo.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della