Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17748 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17748 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2579/2017 R.G. proposto da :
DI COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 6186/2016 depositata il 27/06/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il contribuente COGNOME NOME era attinto da avviso di accertamento sull’anno di imposta 1997 in conseguenza di reddito da partecipazione nella soc. RAGIONE_SOCIALE, a sua volta accertata per operazioni soggettivamente inesistenti.
Il giudice di prossimità non apprezzava le ragioni della parte contribuente, donde spiccava appello che trovava accoglimento dal collegio di secondo grado, la cui sentenza era cassata con rinvio da questa Corte, in ragione della motivazione carente.
Riassunto il giudizio, il collegio del rinvio rigettava le ragioni della parte privata, che ricorre qui per cassazione, affidandosi a tre motivi di impugnazione, cui replica il patrono erariale con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’adunanza, il Pubblico Ministero in persona del sost. Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria in forma di memoria, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 383 del medesimo codice di rito civile. Nella sostanza, si prospetta violazione del principio di diritto emesso nel giudizio rescindente, laddove la sentenza in scrutinio, in luogo di rieditare il giudizio di secondo grado sotto i profili della motivazione, ha concluso per l’inammissibilità dell’appello in ragione della mancata specificità dei motivi di gravame.
1.2. Con il secondo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 111 c.p.c., nonché per violazione dell’art. 14 del d.lgs. n. 546/1992, in ragione della violazione del litisconsorzio necessario fra società e soci. Nello specifico si evidenzia che il giudizio siasi svolto nei confronti del solo socio COGNOME NOME, con esclusione della società e dell’altro socio.
1.3. Con il terzo motivo si prospetta censura ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. in parametro all’art. 111 Cost., nonché all’art. 132 del medesimo codice di rito civile, contestando omessa motivazione della sentenza. Nello specifico, si lamenta che la sentenza in scrutinio non si confronti con le specifiche censure d’appello che vengono riprodotte del corpo del ricorso per cassazione ai fine dell’esaustività e completezza del motivo di doglianza.
Il primo motivo è fondato, poiché non è nei poteri del giudice del rinvio dichiarare l’inammissibilità dell’appello non rilevata in Cassazione, dovendo attenersi al principio di diritto sancito da questa Suprema Corte.
2.1. Ed infatti, in caso di cassazione con rinvio, il giudice di merito, se è tenuto ad uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte per le questioni già decise, per gli aspetti della controversia rimasti impregiudicati o non definiti nelle precorse fasi del giudizio deve esaminare “ex novo” il fatto della lite e pronunciarsi su tutte le eccezioni sollevate e pretermesse nei precedenti stati processuali, senza che rilevi l’eventuale contumacia della parte interessata, che non può implicare rinuncia o abbandono delle richieste già specificamente rassegnate od acquisite al giudizio » (cfr. Cass. V, n. 4070/2019; Cass. n. 24336/2015; Cass. n. 1/1963).
2.2. Come è noto, nel giudizio di rinvio, che costituisce una nuova fase del processo, autonoma rispetto alle precedenti,
finalizzata alla sostituzione della sentenza cassata, l’oggetto della controversia è chiuso e circoscritto nei limiti segnati dalla pronuncia di annullamento della Corte (Cass. 7 novembre 2003, n. 16694; Cass. 22 maggio 2006, n. 11939; Cass. 7 marzo 2011, n. 5381; Cass. 5 aprile 2013, n. 8381; Cass., Sez. Lav., 29 maggio 2014, n. 12102; Cass. 5 aprile 2016, n. 6552; Cass. 23 marzo 2017, n. 7506; Cass. 18 ottobre 2018, n. 26194; Cass., Sez. Lav., 23 marzo 2023, n. 8308). Ne consegue che, per un verso, le parti non possono ampliare oltre tali limiti l’oggetto del giudizio di rinvio, salvo che ciò sia reso necessario da statuizioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione. Per altro verso, il giudice non può riesaminare gli antecedenti logici e giuridici delle questioni decise, né può procedere ad una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso, ovvero all’esame di ogni altra questione, anche rilevabile d’ufficio, che tenda a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione in contrasto con il principio della sua intangibilità, ed è tenuto ad uniformarsi ai principi di diritto enunciati nella pronuncia della Corte e a quanto ivi statuito stante il disposto dell’art. 384, comma 1, cod. proc. civ. (sull’argomento, ex pluribus¸ Cass. 21 febbraio 2019, n. 5137; Cass. 6 novembre 2019, n. 28547; Cass. 31 marzo 2022, n. 10375; Cass. 14 aprile 2022, n. 12263; Cass. 12 febbraio 2024, n. 3888).
Donde il motivo è fondato e merita accoglimento.
3. Il secondo motivo, relativo all’integrità del litisconsorzio che si riflette sulla regolarità del contraddittorio, astrattamente apprezzabile, non è fondato nel caso di specie, trattandosi di ulteriore ricorso a seguito di cassazione con rinvio.
Ed infatti, al proposito, la Corte rammenta che, fin dalla sentenza delle Sezioni Unite n.14815 del 4 giugno 2008, è stato statuito come “In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R.
22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci -salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (conforme, tra le molte, Cass. 20 aprile 2016 n.7789). Tale principio è stato affinato ritenendo non necessario il rinvio al primo giudice, disponendo le riunione per economia processuale e rispetto della ragionevole durata del processo quando: a) vi sia identità di causa petendi dei ricorsi; b) simultanea proposizione degli stessi avverso sostanziale avviso unitario di accertamento da cui scaturiscono le rettifiche reddituali per società e soci; c) simultanea trattazione degli afferenti processi in entrambi i gradi di merito; d) identità sostanziale delle decisioni ivi adottate (cfr. Cass. V, n. 3830/2010, Cass. V, n. 3789/2018).
Tuttavia, nel giudizio di rinvio dalla Corte di cassazione non può essere eccepita o rilevata di ufficio la non integrità del contraddittorio a causa di un’esigenza originaria di litisconsorzio (art. 102 cod. proc. civ.) quando tale questione non sia stata dedotta con il ricorso per cassazione e rilevata dal giudice di legittimità, dovendosi presumere che il contraddittorio sia stato ritenuto integro in quella sede, con la conseguenza che, nel giudizio di rinvio e nel successivo giudizio di legittimità possono e devono partecipare, in veste di litisconsorti necessari, soltanto coloro che furono parti nel primo giudizio davanti alla Corte di cassazione (cfr. Cass. III, n. 5061/2007; Cass. VI -3, n. 21096/2017; Cass. III, n. 28333/2024).
Ne consegue che il secondo motivo non può essere accolto e il contraddittorio rimane cristallizzato a quello del giudizio di rinvio.
Il terzo motivo, relativo al vizio di motivazione, può ritenersi assorbito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo; dichiara assorbito il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 08/05/2025.