Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
Processo tributario- Giudizio di rinvio Ricorso in riassunzione proposto personalmente- Conseguenza Errore nella individuazione del giudice del rinvio- Conseguenza
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8782/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso, con indicazione di domicili digitali;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t.;
– intimata – avverso la sentenza n. 25/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata l’ 11/01/2021;
nonché
sul ricorso iscritto al n. 9037/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata al ricorso, con elezione di domicili digitali;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore p.t., difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 25/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata l’ 11/01/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4
luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 28/07/2006 fu notificato alla società RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento, emesso ai fini IRPEG, IRAP ed IVA, con il quale, in relazione all’anno di imposta 2003, l’Amministrazione finanziaria recuperò a tassazione – sulla base degli elementi acquisiti in sede di verifica dalla Guardia di Finanza di Salerno – costi ritenuti non deducibili e non detraibili, poiché considerati derivanti da operazioni oggettivamente inesistenti o non inerenti all’attività di impresa. Con il medesimo atto, l’Ufficio contestò, poi, alla contribuente l’errata fatturazione di un’operazione non coperta da dichiarazione di intento, ai sensi del l’art. 8 del d.P.R. n. 633 del 1972.
L’atto fu impugnato dalla società dinanzi alla CTP di Salerno, che rigettò il ricorso.
L’appello avverso tale pronuncia, proposto dalla RAGIONE_SOCIALE fu accolto dalla CTR della Campania.
Per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle entrate propose ricorso affidato a quattro motivi, cui la società resistette con
contro
ricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale basato su un solo motivo.
Con ordinanza 21/05/2014, n. 11160, questa Corte, riuniti i ricorsi, accolse il primo e il secondo motivo del ricorso erariale, cassò la sentenza impugnata e rinviò ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania per nuovo esame.
La società riassunse il giudizio davanti alla Commissione tributaria regionale della Puglia che, con sentenza n. 25/2021, depositata in data 11/01/2021, dichiarò inammissibile il ricorso in riassunzione, condannando la società al pagamento delle spese di lite. In particolare, ritenne sussistere due concorrenti ragioni di inammissibilità, ovvero: – in primo luogo, perché il ricorso era stato proposto personalmente dal legale rappresentante della società senza l’assistenza di difensore abilitato, in controversia di valore superiore al limite previsto dall’art. 12, comma 2, d. lgs. n. 546 del 199 2, tardiva essendo la formalizzazione della nomina dei difensori, per cui il ricorso era inammissibile in quanto redatto in violazione dell’art. 18 d.lgs. n. 546 del 1992; – in secondo luogo, perché la riassunzione era avvenuta davanti ad una Commissione regionale (Puglia) diversa da quella designata dalla Corte di cassazione (Campania) quale giudice di rinvio, il che rendeva inammissibile o comunque improcedibile il ricorso.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, affidandosi a quattro motivi.
Tale ricorso è stato iscritto a ruolo di quest’Ufficio al n. R.G. 8782/2021, nel cui relativo giudizio l’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.
La società ha, altresì, proposto ulteriore ricorso, di analogo contenuto, iscritto a ruolo al n. R.G. 9037/2021, nel cui inerente giudizio l’Agenzia ha, invece, resistito con controricorso e nel quale la società ha depositato memoria illustrativa.
Entrambi i giudizi sono stati fissati per l’adunanza camerale del 4 luglio 2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va disposta la riunione al giudizio iscritto al n. R.G. 8782/2021 di quello iscritto al n. R.G. 9037/2021, aventi ad oggetto il ricorso proposto contro la stessa sentenza.
Si tratta infatti del medesimo ricorso, notificato il 2/04/2021 a mezzo p.e.c., e iscritto a ruolo, a mezzo telematico (RG 8782/2021) e anche in modo cartaceo (RG 9037/2021).
1.1. Va poi fatta applicazione del principio per il quale ove vengano iscritti successivamente due ricorsi di identico contenuto, proposti dalla stessa parte contro la stessa sentenza, qualora la loro notificazione sia stata coeva, dev’essere data priorità di esame, in sede di loro riunione, a quello iscritto per primo e, se esso è ammissibile e procedibile, la sua decisione rende inammissibile in via sopravvenuta l’altro ricorso (Cass. 20/12/2011, n. 27555; Cass. 22/07/2020, n. 15582).
Con il primo motivo parte ricorrente denuncia (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, commi 3 e 4, d.lgs. n. 546 del 1992, come interpretati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 189/2000. Si evidenzia che il giudice delle leggi ha, infatti, ritenuto che l’inammissibilità del ricorso consegua solo alla mancata esecuzione dell’ordine giudiziale di munirsi di assistenza tecnica entro un termine, laddove nel caso di specie la società non ha atteso l’ordine giudiziale ma ha provveduto direttamente a nominare un difensore.
2.1. Il motivo attiene alla prima ratio decidendi della CTR che ha dato rilievo, ai fini di pronunciare l’inammissibilità, alla circostanza che il ricorso in riassunzione fosse stato sottoscritto dalla parte di persona (il legale rappresentante della società) ritenendo irrilevante che in
corso di giudizio fosse avvenuta la formalizzazione della nomina dei difensori.
2 .2. L’art. 18 d.lgs. n. 546 del 1992 prevede l’obbligo di sottoscrizione del ricorso da parte del difensore, a pena di inammissibilità.
L’art. 12, comma 5, del medesimo d.lgs. n. 546 del 1992, nella formulazione vigente fino al 1° gennaio 2016, e quindi applicabile al caso di specie, dopo aver individuato le liti nelle quali la parte potesse stare in giudizio personalmente senza l’assistenza di difensore, riferendosi evidentemente alle ipotesi in cui ciò avvenisse al di fuori dei limiti di legge, prevedeva che «Il presidente della commissione o della sezione o il collegio possono tuttavia ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico a un difensore abilitato».
La Corte costituzionale, cui fu devoluta la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto delle due predette disposizioni, nel rigettarla, ne individuò l’interpretazione costituzionalmente orientata, ponendo in risalto che il riferimento al disposto del comma 5 dell’art. 12 assume un significato logico ( mediante un’ interpretazione in armonia con un sistema processuale che deve garantire la tutela delle parti in posizione di parità, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilità che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare) di richiamo complessivo all’intero comma 5 e, quindi, anche al meccanismo dell’ordine da parte del Presidente della commissione o della sezione o del collegio di «munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa (parte) è tenuta, a pena di inammissibilità, a conferire l’incarico ad un difensore abilitato» (Corte cost. n. 189 del 2000).
La conseguenza è che l’inammissibilità può essere pronunciata solo a seguito di ordine ineseguito nei termini fissati e non per il solo fatto
della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un professionista abilitato.
Tale interpretazione è stata pienamente recepita da questa Corte in plurimi interventi (Cass., Sez. U., 02/12/2004, n. 22601, in sede di risoluzione di contrasto, con affermazione di principi poi seguiti da Cass. 28/11/2005, n. 25145; Cass. 06/06/2007, n. 13208; Cass. 15/10/2013, n. 23315; Cass. 02/07/2014, n. 15029; Cass. 26/05/2017, n. 13346; Cass. 07/03/2018, n. 5426; Cass. 10/05/2024, n. 12831), a cui bisogna dare continuità (non ravvisandosi argomenti di possibile ripensamento).
Come è noto, il comma 5, sopra indicato, è stato poi eliminato dal testo dell’articolo, inserendovi, all’ultimo comma, il rinvio all’applicazione dell’art. 182 c.p.c., ciò a decorrere dal primo gennaio 2016.
2.3. Ciò evidenziato, occorre chiedersi se tali considerazioni valgano anche per il caso di specie, ove l’originario difetto di assistenza o di rappresentanza non concerneva l’atto introduttivo di primo grado ma l’atto di riassunzione del processo a seguito di cassazione con rinvio e ove la parte, nei giudizi di merito, era già munita di assistenza tecnica.
Questa Corte, chiamata a risolvere la questione di massima di particolare importanza, e in presenza di orientamenti contrastanti, sul se il principio secondo cui, nel processo tributario avente a oggetto controversie di valore pari o superiore a C 2.582,28, l’inammissibilità del ricorso proposto direttamente dalla parte senza assistenza tecnica (che può essere dichiarata soltanto a seguito della mancata tempestiva esecuzione dell’ordine del giudice di munirsi di tale assistenza, conferendo l’incarico a un difensore abilitato) trovi applicazione soltanto nel giudizio di primo grado (e, quindi, solamente con riguardo al caso in cui il contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un
difensore abilitato al fine di impugnare l’atto tributario) oppure anche in quello di secondo grado (e, quindi, con riguardo al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato al fine di impugnare), pur dando atto che i principi esposti dalla Corte costituzionale attengono a casi in cui veniva in rilievo il solo ricorso introduttivo, ha affermato il principio per cui l’ordine di munirsi di assistenza tecnica è astrattamente ammissibile anche nel giudizio di appello (Cass., Sez. U., 13/12/2017, n. 29919; conformi Cass. 28/02/2018, n. 4754; Cass. 27/05/2024, n. 14782).
Secondo il massimo consesso nomofilattico depone in tal senso la stessa necessità di interpretazione costituzionalmente adeguata, che «ben può essere invocata anche nel giudizio di appello; inoltre trattandosi di assistenza tecnica (e non anche di rappresentanza), il relativo incarico può essere conferito sia in primo che in secondo grado, anche in sede di udienza pubblica (art. 12, comma 3, ultima parte), ai sensi dell’art. 53, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 che rinvia all’art. 18, comma 3, che rinvia, a sua volta, all’art. 12, comma 3, secondo periodo, dello stesso decreto. … Non sussistono preclusioni ermeneutiche ostative all’applicabilità anche al giudizio di appello dell’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992 che, ancorché si riferisca alla proposizione delle controversie, è applicabile anche alla prosecuzione dei giudizi; l’art. 53, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, prevedendo che ‘ Il ricorso in appello è inammissibile se non è sottoscritto a norma dell’art. 18, comma 3 ‘ , appare infatti stabilire l’applicabilità al ricorso in appello della disciplina dettata per il ricorso introduttivo dal menzionato art. 18, comma 3, il quale, a sua volta, rinvia all’art. 12, comma 5, del d.lgs. n. 546 del 1992».
Le Sezioni Unite, pur avendo cura di specificare che se in primo grado l’ordine è stato già emesso e la parte vi ha ottemperato, ove
l’appello sia proposto di persona, non ne occorre una reiterazione, valendo già il precedente invito, ha evidenziato espressamente il caso in cui ciò non sia avvenuto già nel primo grado: « Diverso è il caso che tale evenienza si verifichi per la prima volta in grado di appello, ove, ad esempio, non sia stato rilevato in primo grado oppure nel caso in cui la parte, già munita di assistenza tecnica in primo grado, ne sia invece priva in appello; in tal caso l’ordine di munirsi di assistenza tecnica con riferimento al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione della sentenza, deve essere impartito nel giudizio di appello in quanto, in tali ipotesi, la parte potrebbe effettivamente non essere a conoscenza dell’obbligo dell’assistenza tecnica e, quindi, non in condizione di ottenere la concreta tutela giurisdizionale dei propri diritti ».
Le considerazioni espresse dalle Sezioni Unite in relazione all’atto di appello appaiono estensibili anche all’atto di riassunzione del giudizio di rinvio, sia sotto il profilo delle esigenze di interpretazione costituzionalmente orientata sia sotto il profilo strettamente ermeneutico, in quanto l’art. 63, primo comma, d.lgs. n. 546 del 1992 prevede espressamente per la riassunzione «il rispetto delle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili», dovendo quindi intendersi richiamate anche le disposizioni sopra indicate.
Né, alla luce di quanto evidenziato dalle Sezioni Unite, appare incidere sulla vicenda l ‘incontroversa persistente validità dell’incarico conferito al difensore nei pregressi gradi di merito (evidenziata dalla difesa erariale, con assunto conforme all’insegnamento secondo cui , poiché il giudizio di rinvio costituisce la prosecuzione del giudizio di primo o di secondo grado conclusosi con la pronuncia della sentenza cassata, la parte che riassume la causa davanti al giudice di rinvio non
è tenuta a conferire una nuova procura al difensore che lo ha già assistito nel pregresso giudizio di merito: Cass. 01/04/2010, n. 7983; Cass. 30/04/2019, n. 11430).
Deve, quindi, ritenersi che la disciplina applicabile in relazione all’ipotesi del difetto di assistenza tecnica non differisce nel giudizio di rinvio, rispetto sia al grado d’appello che al primo grado – ove trova spazio l’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 12 e 18 d.lgs. n. 546 del 1992, siccome proposta da Corte cost. n. 189 del 2000 – a misura che il difetto medesimo sopravvenga, come nella specie, dinanzi al giudice del rinvio, il quale, dunque deve invitare la parte interessata (che non l’abbia fatto sino all’udienza di discussione) a munirsi di un difensore entro un termine perentorio, solo trascorso il quale il ricorso diviene inammissibile.
2.4. Ciò premesso, essendo pacifico in fatto che non sia stato emesso l’ordine di regolarizzazione da parte del giudice né nel corso del giudizio di riassunzione né nei precedenti gradi (dove è incontroverso che la società fosse munita di assistenza) e che la stessa società successivamente abbia comunque sanato il proprio difetto di assistenza, deve ritenersi che la CTR abbia errato nel dichiarare la inammissibilità per tale ragione.
Ciò, per le ragioni che seguono, comunque non può condurre all’accoglimento del ricorso.
Con il secondo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.) della violazione dell’art. 112 c.p.c., per pronuncia ultra petita ove la CTR ha rilevato un ‘ ulteriore causa di inammissibilità nonostante si fosse spogliato del potere di decidere con la prima ragione di inammissibilità.
3.1. Il motivo è infondato.
E’ vero che questa Corte ha costantemente affermato che «Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di
giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della ” potestas iudicandi ” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ” ad abundantiam ” nella sentenza gravata» (Cass., Sez. U., 20/02/2007, n. 3840; conf. Cass. 20/08/2015, n. 17004; nonché Cass. 19/12/2017, n. 30393)
Il principio attiene, però, ai casi in cui il giudice, dopo aver rilevato una ragione di inammissibilità del ricorso, ne esamini comunque il merito e non ai casi in cui vengano rilevate più ragioni convergenti di inammissibilità e quindi in posizione di pari ordinazione tra loro, come avvenuto nel caso di specie.
Trattandosi quindi di sentenza fondata su due distinte ma pari ordinate rationes decidendi , la parte ha l’onere di impugnarle entrambe (Cass. 14/08/2020, n. 17182), come del resto avvenuto, fermo che per la cassazione della sentenza impugnata occorre che siano fondati i motivi relativi ad entrambe le ragioni.
Pertanto, occorre esaminare gli ulteriori motivi.
4. Con il terzo motivo parte ricorrente si duole (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.) della violazione e mancata applicazione dell’art. 5, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto alcuna disposizione impone la pronuncia di inammissibilità in caso di riassunzione davanti a giudice incompetente per territorio ed anzi l’art. 5 citato impone al giudice adito di ordinare la riassunzione del processo presso il giudice munito di competenza: d’altronde, ove l’incompetenza per territorio non venga eccepita da una parte e non venga rilevata d ‘ ufficio dal giudice, la stessa diventa incontestabile, dovendo quindi la
CTR dichiararsi incompetente e ordinare la riassunzione del processo presso il giudice ritenuto competente territorialmente.
4.1. Il motivo, come proposto, è infondato.
La ricorrente infatti erra nel presupposto fondante la critica avanzata e cioè che nel caso di specie si tratti di incompetenza per territorio, unica regolata dalla legge processuale tributaria, laddove invece la competenza del giudice del rinvio così come individuata da questa Corte è di natura funzionale.
Costante è infatti l’affermazione per cui la statuizione con cui la Corte di cassazione individua il giudice di rinvio, ex art. 383 c.p.c., attribuisce a tale giudice una competenza funzionale ratlone materiae incontestabile ed irretrattabile sia da parte del giudice designato attraverso una declinatoria di competenza, sia da parte dello stesso giudice di legittimità, cui è consentito di intervenire sulla propria decisione soltanto in forma di ordinanza per la correzione di errori materiali riguardanti il tipo e il luogo del giudice di rinvio (cfr. Cass. 2/02/2012, n. 1527; Cass. 12/08/2008, n. 21542; Cass. 9/02/2004, n. 2407; Cass. 21/02/2001, n. 2510; Cass. 23/01/1998, n. 628).
Questa Corte (Cass. 20/01/2022, n. 1841) ha -sulla scorta di tale presupposto – osservato che la parte interessata è pertanto tenuta a riassumere il giudizio dinanzi al giudice indicato dal provvedimento di cassazione con rinvio, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, neppure la sopravvenienza medio tempore di norme di legge che abbiano modificato i criteri d’individuazione del giudice competente (cfr. Cass. 14/05/2007, n. 11020; Cass. 23/08/2006, n. 18375; Cass. 3/04/2006, n. 7759) e che, in caso di riassunzione dinanzi ad un giudice diverso da quello designato con la pronuncia di cassazione, non può pertanto trovare applicazione il meccanismo previsto dall’art. 50 c.p.c., che consente la prosecuzione del giudizio dinanzi al giudice competente, facendo salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda.
A tal fine non assume rilievo neanche la distinzione tra rinvio restitutorio e rinvio prosecutorio, la quale viene in considerazione esclusivamente ai fini della determinazione dell’ampiezza dei poteri spettanti al giudice del rinvio nel riesame della controversia, che coincidono, nel primo caso, con quelli connessi alla funzione di giudice dell’impugnazione della sentenza di primo grado, e si estendono pertanto al riesame di tutte le questioni ritualmente proposte che non incidano sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dal giudice di legittimità (cfr. Cass. 27/09/2018, n. 23314; Cass. 4/03/2015, n. 4290).
Tali principi sono stati ribaditi di recente con l’ordinanza di questa Corte 7 marzo 2025, n. 6116, secondo cui, nella similare ipotesi di giudizio di rinvio innanzi alla Corte d’appello civile a seguito di annullamento disposto dalla S.C. in sede penale ai soli effetti civili, allorquando la riassunzione avvenga davanti a giudice incompetente non può trovare applicazione il principio della translatio iudicii di cui all’art. 50 c.p.c., non sussistendo dubbio in ordine all’individuazione del giudice innanzi al quale la causa deve proseguire, sull’assunto che il principio opera solo quando a monte della scelta di radicare la causa davanti ad un giudice incompetente non vi è una specifica indicazione del giudice davanti al quale la causa deve proseguire in riassunzione.
In tale decisione si è anche osservato che il precedente costituito da Cass. 4/06/2004, n. 10662, secondo cui la tempestiva riassunzione della causa dinanzi a giudice di rinvio incompetente assicura la valida prosecuzione del processo, anche se la successiva translatio iudicii dinanzi al giudice competente a norma dell’art . 50 c.p.c. avvenga oltre il termine di un anno dalla pubblicazione della sentenza rescindente, fu assunta in riferimento ad una vicenda molto particolare, nella quale la confusione circa il giudice di rinvio si collegava ad un mutamento normativo (d.lgs. n. 51 del 1998 sul giudice d’appello nelle cause di
lavoro), per cui non giovava alla soluzione del caso sottoposto al suo esame.
Ciò rende pertanto, ed infine, la fattispecie del tutto diversa da quella interessata da Cass., Sez. U ., 14/09/2016, n . 18121, secondo cui l’appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall’art. 341 c.p.c. non determina l’inammissibilità dell’impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della translatio iudicii .
Il motivo deve essere, quindi, respinto dovendo affermarsi che nel processo di riassunzione davanti al giudice tributario, a seguito di cassazione con rinvio, la competenza del giudice del rinvio è di natura funzionale e quindi inderogabile, e la riassunzione davanti ad un giudice diverso da quello indicato dalla Corte di legittimità non consente la translatio iudicii .
Con il quarto motivo parte ricorrente deduce (in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.) la violazione dell’art. 92 c.p.c. e dell’art. 15 d.lgs. n. 546 del 1992, censurando la decisione nella parte in cui l’ ha ritenuta soccombente ai fini delle spese.
5.1. Il motivo, evidentemente subordinato ai precedenti, è inammissibile e comunque infondato, nei termini in cui è stato proposto.
Occorre evidenziare che la CTR nel dispositivo ha dichiarato inammissibile il ricorso, e ciò in conformità alla motivazione ove sono evidenziate due concorrenti ragioni di inammissibilità ed espressamente superando il riferimento, contenuto solo in un passaggio motivazionale, anche alla fattispecie dell’estinzione del giudizio, il che è coerentemente confermato dalla pronuncia di condanna al pagamento delle spese di lite; a fronte di ciò il motivo non
si preoccupa di ricostruire la portata della decisione e di confutarne l’ interpretazione.
Comunque, questa Corte, con fermo e costante orientamento, ha ritenuto che anche la decisione in rito dà luogo a ipotesi di soccombenza e, di conseguenza, non costituisce di per sé motivo di compensazione delle spese di lite (Cass. 20/10/2006, n. 22541; Cass. 7/08/2001, n. 10911; Cass. 8/09/1999, n. 9512; Cass. 9/08/1996, n. 7389).
Concludendo, la fondatezza in diritto del primo motivo non conduce all’accoglimento del ricorso sulla ritenuta inammissibilità dell’atto di riassunzione alla luce della infondatezza del secondo e del terzo motivo; essendo infondato anche il quarto motivo, il ricorso iscritto al n. RG 8782/2021 va, quindi, complessivamente respinto.
In applicazione del principio già esposto al paragrafo 1.1. il ricorso iscritto al n. RG 9037/2021 deve essere dichiarato inammissibile.
La complessità delle questioni processuali affrontate induce a compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità (tenuto conto che la Agenzia delle entrate si è comunque costituita nel giudizio riunito).
In applicazione del l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
dispone la riunione al giudizio iscritto al n. 8782/2021 di quello iscritto al n. 9037/2021;
rigetta il ricorso iscritto al n. RG 8782/2021;
dichiara inammissibile il ricorso iscritto al n. RG 9037/2021;
compensa le spese del giudizio di legittimità.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 luglio 2025.