Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21085 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21085 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28908/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO);
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sede di NAPOLI n. 2031/2020 depositata il 02/03/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di liquidazione a titolo di imposta di registro a seguito di sentenza della CTP di Napoli
(sentenza n. 4468/2016), non impugnata e divenuta definitiva, sul presupposto che la stessa recasse una rideterminazione del valore di un immobile oggetto di compravendita.
Il contribuente ha formulato ricorso, che la CTP ha accolto integralmente, rilevando che la decisione posta a fondamento del preteso accertamento in sede giurisdizionale contenesse in realtà un mero obiter dictum , costituente motivazione ad abundantiam circa il merito della controversia, in cui si indicava quale avrebbe potuto essere il criterio in base al quale attribuire il valore al cespite, ma senza rideterminarne in sede giudiziale l’effettivo valore.
A seguito di appello della Agenzia, la CTR ha riformato la decisione di prime cure, affermando che l’Ufficio si era attenuto alla quantificazione indicata nella sentenza, interpretando la decisione non sul solo dispositivo ma anche sulla motivazione, e ritenendo che i giudici della precedente sentenza passata in giudicato avevano inteso rideterminare il valore dell’immobile, indicandone il valore al metro quadro.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Successivamente ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 51 del d. l gs. 546/1992 nonché dell’art. 327 cpc, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., con riferimento al disconoscimento dell’efficacia del giudicato formatosi tra le parti rappresentato dalla statuizione assorbente contenuta nella sentenza della CTP di Napoli n. 4468/2016.
1.1. La sentenza della CTP di Napoli passata in giudicato avrebbe espresso un parere, a titolo di mero obiter dictum e ad abundantiam ,
circa un possibile valore dell’immobile (508.000 euro), ma tale affermazione non aveva natura decisoria e non poteva, quindi, essere considerata vincolante, atteso anche che la CTP aveva accolto il ricorso per violazione dell’art. 51, co. 3, del DPR 131/1986, e tale statuizione era assorbente rispetto ad ogni altra considerazione.
1.2. La censura non è fondata.
1.3. Va rammentato che l’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione (in questo senso Cass., 11 gennaio 2022, n. 542; Cass., 23 maggio 2018, n. 12752; Cass., 20 novembre 2014, n. 24749; Cass., 16 gennaio 2014, n. 769).
1.4. La lettura proposta dal ricorrente non appare corretta.
Se si interpretasse l’ accertamento di valore come un mero obiter dictum , non vi saprebbe in realtà a cosa collegare il dispositivo (che reca: <>), laddove si consideri che l’eccezione di difetto di motivazione era stata respinta e le altre eccezioni erano rimaste assorbite.
1.5. Il giudicato si è in realtà formato proprio nei termini sostenuti dall’Agenzia, e si è dunque in presenza di un avviso di liquidazione adottato ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 76, comma 2, lett. b), che, per quel che qui rileva, dispone nei seguenti termini:
‘ 2. Salvo quanto disposto nel comma 1bis , l’imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrenti, per gli atti presentati per la registrazione o registrati per via telematica:
(…) b) dalla data in cui è stata presentata la denuncia di cui all’articolo 19, se si tratta di imposta complementare: dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta.
Nel caso di occultazione di corrispettivo di cui all’articolo 72, il termine decorre dalla data di registrazione dell’atto; (…)’.
1.6. Nella fattispecie, la sentenza passata in giudicato è stata pubblica il 10 marzo 2016; in difetto di impugnazione (la pronuncia della CTR la valuta come passata in giudicato, e sul punto non c’è contestazione) è, dunque, passata in giudicato in data 11 ottobre 2016 (calcolando dal 10 settembre 2016, oltre sei mesi, più 31 giorni di sospensione feriale).
L’avviso di liquidazione in contestazione è stato notificato il 26 marzo 2018 (v. il ricorso, fol. 4 e fol. 22) e, dunque è da considerarsi tempestivo, perché si tratta di giudicato sulla rideterminazione del valore oggetto di rettifica.
1.7. Che non si tratti di motivazione ad abundantiam appare evidente analizzando proprio la sentenza oggetto di decisione da parte della CTR (la sentenza della CTP di Napoli n. 4468 del 2016).
1.7.1. In particolare, il decisum di primo grado premette quali motivi di ricorso sono stati proposti dalla contribuente ed esamina l’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impositivo, rigettandola (testualmente: <>).
1.7.2. Successivamente passa al merito ed esamina in quali termini è stata esercitata la rettifica: il processo origina da un avviso di rettifica dell’Agenzia delle Entrate, in aumento portandolo alla somma di € 636.000,00 – de l valore di € 375.000,00 che era stato dichiarato dalle parti, in sede di compravendita di un immobile ad uso commerciale ubicato in Napoli, al INDIRIZZO (immobile sito al piano terra e distinto in catasto alla sezione SGO, fol. 2. 13.11a 78, sub. 5, zona censuaria 14, cat. Cl, cl. 4. Mq. 318, RC € 9.936,11). Tale rettifica del valore dell’immobile compravenduto determinava
dunque una maggiore imposta di registro pari a € 25.065, oltre interessi e sanzioni.
1.7.3. La CTP precisa che <>; ed aggiunge che <>.
1.7.4. Soggiunge che <>.
1.7.5. Da queste premesse, arriva alle seguenti conclusioni: ‘ Del resto, anche volendo abbandonare il criterio comparativo, ossia volendosi attenere ai valori dettati dall’OMI, comunque il valore indicato dall’Agenzia non risulterebbe congruo. Nel listino dei valori immobiliari unito all’incarto processuale, infatti, il valore indicato in relazione ai locali ad uso commerciale ubicati in San Giovanni a Teduccio è di 1.600/mq. Cosa che condurrebbe il valore dell’immobile in esame alla cifra di € 508.000 (€ 1.600 x mq 318), ossia ad una cifra ben diversa, rispetto a quella indicata dall’ufficio in fase di rettifica in aumento.
Si può dunque concludere nel senso che sicuramente il prezzo cristallizzato nell’atto di compravendita è stato indicato a seguito di una stima fortemente per difetto; sarebbe però anche equo ridurre il valore, troppo elevato, della rettifica operata dall’Agenzia e rideterminare il valore dell’immobile, attenendosi questa volta al succitato valore di mercato>>.
1.7.6. Sulla scorta di tale motivazione si conclude per l’assorbimento di ogni altra questione : <>.
1.8. Alla luce della completa ricostruzione dell’ iter motivatorio, ritiene questa Corte che non si possa parlare di obiter dictum ; si tratterebbe difatti di un obiter reiterato con motivazione specifica su singoli profili concorrenti per la determinazione del valore, e, comunque, resta la questione del perché vi sia dichiarazione di assorbimento di altre questioni dopo aver rigettato l’eccezione di difetto di motivazione ed accolto il ricorso quanto alla rettifica di valore operata.
1.9. Deve quindi ritenersi che l’eccezione di parte, sulla congruità della rettifica di valore, è stata esaminata e decisa dalla CTP, con la conseguenza che la CTR ha rettamente ritenuto che con la sentenza
passata in giudicato i giudici avevano inteso rideterminare il valore dell’immobile, indicando il valore di 508.000 euro (1.600,00 al mq).
1.10. Il motivo va dunque rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 76, d.P.R. n. 181/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., con riferimento alla tardività dell’atto impositivo: l’avviso di liquidazione risulterebbe emesso ben oltre il termine biennale di decadenza ex art. 76 c. 1 bis , DPR 131/ 86.
2.1. La censura è infondata.
2.2. L’avviso di accertamento non si basa su una nuova azione della amministrazione, ma è fondato sulla esecuzione di un giudicato, con il quale per quanto sopra illustrato, era stato accertato un diverso valore in sede giurisdizionale. La esecuzione di un accertamento giudiziale non deve essere effettuata entro il termine biennale di decadenza ex art. 76, c. 1 bis , lett. b), d.P.R. 131/1986, come sostenuto da parte ricorrente, ma entro il termine triennale ex art. 76, c. 2, lett. b), d.P.R. 131/1986.
2.3. Quanto alla decorrenza ed alle conclusioni inerenti alla tempestività valgono le considerazioni già esposte nel corpo del primo motivo.
2.4. Anche tale motivo è dunque infondato e va rigettato.
Il ricorso va dunque integralmente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.