Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32603 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32603 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 5635/2023 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME e NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso (EMAILpec.ordineavvocatilivorno.it; EMAILordineavvocatilivorno.it);
– ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 952/03/2022, depositata il 19.08.2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Livorno accoglieva parzialmente il ricorso proposto da COGNOME NOME avverso l’avviso di accertamento , emesso per
IRPEF, IVA e IRAP , in relazione all’anno 20 04 e rideterminava il reddito di impresa del predetto contribuente (risultato evasore totale in relazione all’attività di commercio in oggetti d’arte e di culto), limitando l’accertamento del reddito non dichiarato ai soli versamenti non giustificati in conto corrente ed escludendovi i prelevamenti;
-con la sentenza n. 107/14/2010, la Commissione tributaria regionale della Toscana -sezione staccata di Livorno rigettava sia l’appello proposto dall ‘Agenzia delle entrate sia quello proposto dal contribuente;
-proposto ricorso per cassazione dal contribuente e ricorso incidentale dall’Agenzia delle entrate, questa Corte, con ordinanza n. 29103 del 13.11.2018, accoglieva il ricorso incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate , rigettava il ricorso principale proposto dal contribuente e cassava con rinvio la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto;
-a seguito del ricorso in riassunzione, proposto da COGNOME COGNOME la CTR della Toscana, quale giudice di rinvio, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate, osservando, per quanto qui rileva, che:
-l’attività esercitava dal contribuente era di natura imprenditoriale ed erano stati accertati ‘non indifferenti acquisti immobiliari, movimentazioni bancarie anche a favore della convivente, privi di giustificazione e quindi riconducibili al contribuente ‘ ;
-i dati economici esposti nell’avviso di accertamento, ai fini delle imposte contestate, venivano confermati anche dal ‘ rinvenimento domiciliare di n. 29 opere d’arte ‘;
nella determinazione del reddito di impresa andavano considerati, quindi, anche i prelevamenti bancari al netto delle spese di natura personale , già calcolate dall’Agenzia delle entrate in modo forfettario ;
COGNOME NOME impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
l ‘Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione de ll’art. 2909 cod. civ. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., sostenendo che con la pubblicazione della sentenza ( rectius ordinanza) n. 29104 del 13.11.2018 si è definitivamente stabilito che il contribuente nell’anno 2005 non aveva esercitato ‘ attività commerciale continuativa e professionale ‘ e che detta statuizione ‘ presenta i caratteri del giudicato interno tra le parti, che riverbera i suoi effetti tributari anche negli anni precedenti -2003 e 2004 -dal momento che il presupposto d’imposta riconducibile al contribuente era unico, come avevano accertato i militari della Guardia di Finanza prima e l’Agenzia delle Entrate dopo ‘; – il motivo è infondato;
sul punto occorre preliminarmente richiamare il principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13916 del 16.06.2006, secondo il quale, ‘ Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in
quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta’;
-l’effetto preclusivo del giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta, dunque, non opera indistintamente e in via generale per altri periodi d’imposta, essendo limitato non solo alle ipotesi di concreta sussistenza del ‘ medesimo rapporto giuridico’, ma anche
alla ‘ soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune’, aventi natura di ‘ premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza’ ;
detto effetto preclusivo può riguardare, poi, esclusivamente gli ‘ elementi costitutivi della fattispecie’ estensibili nel tempo e quindi insensibili al ‘periodo d’imposta’, individuati, in via esemplificativa, nella ‘ qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria’;
alla luce di questi condivisibili canoni giuridici è da escludere l’operatività in questo giudizio di un giudicato esterno riguardante altra annualità, giacché né l’unicità della verifica fiscale e né i rilievi mossi per i diversi periodi d’imposta rappresentano un fatto a carattere stabile ovvero permanente destinato a reiterarsi per le diverse annualità;
-occorre precisare, peraltro, che l ‘ordinanza di questa Corte, richiamata nel ricorso per cassazione (n. 29104/2018), non ha statuito in via definitiva che il contribuente non esercitava attività imprenditoriale in via continuativa, ma ha demandato sul punto un nuovo accertamento al giudice del rinvio, tanto che ha ribadito il principio (al quale non si era attenuto il giudice di appello) secondo il quale, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 228 del 2014, è venuta meno l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti, dovendo essere questi ultimi considerati, ove non giustificati, nella determinazione del reddito d’impresa;
il rigetto del primo motivo, che riguardava la rilevanza della sentenza penale emessa dal Tribunale di Livorno, non ha determinato una statuizione definitiva sulla natura dell’attività esercitata dal contribuente e, conseguentemente, sulla tipologia del reddito dallo
stesso prodotto, sia perché il motivo è stato dichiarato in parte inammissibile sia perché la Corte si è limitata a rilevare come il giudice di appello, non si era basato esclusivamente sul decisum del giudice penale, ma aveva valutato autonomamente le deposizioni testimoniali acquisite nel procedimento penale, dimostrando la piena conoscenza dei principi di diritto che regolano l’efficacia probatoria del giudicato penale nell’ambito del processo tributario;
con il secondo motivo, deduce la violazione degli artt. 654 cod. proc. pen. e 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., rilevando che con la sentenza del Tribunale penale di Livorno n. 619 del 30.06.2008, non appellata, è stato definitivamente accertato che i prelevamenti ed i versamenti transitati sui conti correnti bancari del ricorrente e della sua convivente, erano relativi a vincite e perdite conseguenti al gioco d’azzardo, praticato con amici che hanno rilasciato nel giudizio penale le relative testimonianze , sicchè occorreva tenere conto dell’efficacia di giudicato di detta sentenza penale nel processo tributario con riferimento all’esclusione dell’esercizio continuativo e professionale di attività commerciale da parte di COGNOME NOME, dovendosi considerare i versamenti e i prelevamenti contestati come relativi, rispettivamente, a vincite e a perdite al gioco d’azzardo praticato dal predetto contribuente;
il motivo è inammissibile, non avendo il ricorrente prodotto in questo giudizio l’attestazione sulla asserita irrevocabilità della sentenza penale;
in conclusione, il ricorso va rigettato e le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della controricorrente Agenzia delle entrate,
delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in € 8.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’8 ottobre 2024