Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13342 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13342 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
TARSU GIUDICATO SU ATTO PRESUPPOSTO
sul ricorso iscritto al n. 3333/2021 del ruolo generale, proposto
DA
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del commissario straordinario, legale rappresentante pro tempore , AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso e di deliberazione della Giunta Municipale n. 114 del 31 dicembre 2020, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE) sede secondaria in Italia, in Milano, alla INDIRIZZO, in persona del direttore generale e legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in
calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 1158/2/2020 della Commissione tributaria regionale della Calabria, depositata il 17 giugno 2020, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 14 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la Tarsu relativa agli anni 2006/2010 di cui all’ingiunzione n. 4 indicata in atti, con cui il RAGIONE_SOCIALE, in relazione agli immobili detenuti dalla contribuente, liquidava la somma di 694.593,00 €;
con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Calabria, accoglieva l’appello proposto dal RAGIONE_SOCIALE e, in riforma della pronuncia impugnata, annullava l’ingiunzione opposta, prendendo atto che il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3108 pubblicata il 26 giugno 2017, aveva annullato le delibere della Giunta del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che avevano determinato le tariffe applicabili agli alberghi ed ai villaggi turistici per gli anni 2008 e 2009, ritenendo che detto giudicato, stante la particolare natura dell’atto annullato, producesse effetti erga omnes e, quindi, anche per la contribuente che non aveva partecipato al giudizio amministrativo, ma che risultava essere stata destinataria della delibera impugnata;
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso detta sentenza, con atto notificato il 18 gennaio 2021, articolando sei motivi di impugnazione;
il RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 1° marzo 2021, chiedendo che il ricorso venisse rigettato, depositando memoria in data 4 marzo 2024 ai sensi dell’art. 380 -bis . 1. cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per difetto di motivazione, non comprendendosi se la decisione della Commissione si fosse basata sulla disapplicazione delle delibere comunali (peraltro non indicate) ritenute illegittime oppure per altro motivo, segnalando che le tariffe relative agli anni di imposta 2006/2007 e 2010 non erano state oggetto di impugnativa innanzi al giudice amministrativo e quindi di annullamento da parte del Consiglio di Stato,
con la seconda censura l’ente ha eccepito, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 57 e 7, comma 5, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, deducendo, quindi, l’illegittima disapplicazione delle delibere comunali con cui erano state fissate le tariffe TARSU per gli anni 2006/2007/2010 in assenza di domanda di parte, ponendo in evidenza che quella proposta in primo grado dalla società ai sensi dell’art. 68 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 non era stata ripresentata in appello e solo nella successiva memoria e, dunque, tardivamente, era stata chiesta la disapplicazione delle delibere, per cui essa non poteva essere considerata ricompresa nelle domande riproposte in sede di appello;
con la terza doglianza il ricorrente ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 19, comma 3, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, assumendo che l’asserita illegittimità della delibera comunale di approvazione delle tariffe del tributo non costituisce vizio proprio dell’atto impugnato, facendo osservare che la pretesa impositiva posta a base dell’atto in contestazione era già stata accertata con avviso n. 1/IS/2011, a sua volta, dichiarato legittimo dalla sentenza n. 1453/1/2013 della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia;
con il quarto motivo di ricorso, l’istante ha denunciato, nella prospettiva di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 68 e 69 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507,
contestando al Giudice di appello di aver considerato illegittime le delibere di approvazione delle tariffe TARSU per gli anni oggetto di contenzioso a seguito della sentenza del Consiglio di Stato, la quale aveva però annullato solo quelle relative agli anni 2008 e 2009, sostenendo che l’annullamento della delibera non spiega effetti caducanti in relazione a quelle degli anni successivi, poiché ogni deliberazione regola la materia in modo autonomo rispetto alle precedenti, le quali non costituiscono un presupposto di quelle successive, anche in caso di ripetitività del loro contenuto;
con la quinta ragione di contestazione il RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, sotto il paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 69, comma 1, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, rimproverando alla Commissione di aver annullato integralmente l’atto impugnato, omettendo di applicare la tariffa TARSU in precedenza vigente;
con il sesto motivo di impugnazione l’ente ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità del procedimento per violazione del principio della soccombenza, derivato dall’asserita ingiusta compensazione delle spese di lite;
7. il ricorso va dichiarato inammissibile;
oggetto di controversia è l’ingiunzione n. 4 con cui il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, richiese il pagamento della Tarsu per gli anni d’imposta 2006/2010 sulla base dell’avviso di accertamento n. 1/IS/2011, già oggetto di impugnazione, tenuto conto del perdurante inadempimento da parte della contribuente anche all’esito della sentenza n. 1453/1/13 della Commissione tributaria provinciale di Vibo Valentia depositata il 15 ottobre 2013, che aveva rigettato l’impugnazione avanzata dalla società contro il predetto avviso di accertamento;
tale ingiunzione faceva, quindi, seguito al presupposto avviso di accertamento Tarsu n.1/S/2011, che risulta essere stato già oggetto di giudizio tra le parti e di impugnazione innanzi a questa Corte, la quale, con sentenza n. 19199/2022 resa nel giudizio R.G. 29230/2016,
giudicando sulla medesima pretesa impositiva relativa agli anni qui in contestazione, accoglieva parzialmente il ricorso promosso dal RAGIONE_SOCIALE, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Commissione tributaria regionale della Calabria per la rideterminazione della tariffa solo per gli anni 2008 e 2009, con l’applicazione della tariffa in vigore per l’anno 2007, ferma restando, quindi, per gli altri anni, la decisione di merito della Commissione regionale, che aveva rigettato l’appello contro la sentenza del primo Giudice, la quale aveva, a sua volta, respinto l’originario ricorso della contribuente;
come documentato dalla società con la memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ., la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, con sentenza n. 2011/2023 depositata il 13 luglio 2023, passata in giudicato (come da relativa attestazione del segretario del 19 febbraio 2024), ha rideterminato la pretesa tributaria del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE avanzata con l’avviso di accertamento TARSU n.1/IS/2011, (come detto, atto presupposto all’ingiunzione n. 4 del 17 ottobre 2023, oggetto di causa ), come segue ‘ … Così come richiesto nella sentenza emessa dai giudici della Corte di Cassazione, i quali chiedevano di rideterminare le modalità di determinazione del carico tributario per le annualità 2008 e 2009, questo Collegio, preso atto dell’illegittimità delle tariffe adottate per le annualità 2008 e 2009, per nullità delle delibere istitutive, ritiene congruo che vengano applicate per le annualità 2008 e 2009 le tariffe in essere per l’annualità 2007’ (così la predetta sentenza n. 2011/2023);
a fronte, dunque, del giudicato (per effetto delle decisioni di merito e di legittimità sopra menzionate) formatosi tra RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE sulla pretesa tributaria sostanziale avanzata con l’avviso di accertamento TARSU n.1/IS/2011, del quale l’ingiunzione n.4 del 17/10/2023 costituisce mero atto di intimazione di pagamento, il ricorso per cassazione promosso dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE va dichiarato inammissibile;
11.1. ricorrono, infatti, i principi espressi da questa Corte secondo cui:
-« nel caso di giudicato successivo, l’atto impositivo o esattivo in contrasto con la relativa regula iuris resta definitivamente privato della
sua efficacia e diventa inefficace» ‘ (Cass., Sez. T., 26 giugno 2023, n. 18241);
-l’unico giudizio che rileva nell’ipotesi di impugnazione dell’atto presupposto e della successiva intimazione, quando non sia impugnato per vizi propri è quello avverso l’atto principale (cfr. in arg. Cass., Sez. T, 17 gennaio 2023, 1213, Cass., Sez. T., 8 aprile 2022, n. 11481; Cass., Sez. V, 29 ottobre 2021, n. 30736, sia pure con riferimento al rapporto tra le impugnazioni di atti impugnabili e quelli solo facoltativamente impugnabili, ma con affermazione di principi esportabili nel caso in rassegna), la cui sorte segna, per inevitabile ripercussione, anche quella dell’atto ad esso servente, che non ha, quindi, più ragion d’essere;
consegue a tanto che è venuto meno il titolo su cui si fondava l’ingiunzione in esame, essendo stata la pretesa tributaria rideterminata nella misura stabilita dalle menzionate pronunce passate in giudicato, che hanno dettato la regola cui deve adeguarsi la tassazione oggetto di causa, con valore assorbente rispetto alle ragioni poste a base del ricorso in esame;
alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, non ricorrendo più l’interesse alla decisione per il sopravvenuto giudicato sulla pretesa impositiva sostanziale;
va aggiunto che la presente decisione non può considerarsi impedita dalle altre questioni dichiarate assorbite dal Giudice regionale, giacchè esse riguardavano profili (l’abrogazione della Tarsu, la legittimità delle tariffe, la superfice imponibile, lo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti, le riduzioni tariffarie) attinenti alla pretesa sostanziale, coperte dal predetto giudicato;
14.1. resta fuori dal giudicato la domanda, non esaminata dal Giudice regionale, concernente la nullità dell’intimazione di pagamento, in quanto asseritamente non preceduta dalla notifica del relativo avviso di accertamento, ma si tratta di questione agevolmente superabile sol considerando che l’intimazione impugnata si è, invece, basata sul citato
avviso n. n.1/IS/2011, oggetto, per quanto sopra esposto, di impugnazione e di definitiva decisione;
il giudicato sopravvenuto giustifica l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio;
allo stesso modo, la sopravvenuta inammissibilità del ricorso consente di escludere la ricorrenza dei presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso, giacchè « la misura del raddoppio del contributo unificato, che si applica ai soli casi tipici di rigetto o dichiarazione di inammissibilità originaria od improcedibilità dell’impugnazione, avendo natura eccezionale e ‘ lato sensu ‘ sanzionatoria, soggiace al divieto di estensioni analogiche (cfr., ‘ mutatis mutandis ‘, Sez. 3, n. 34025 del 05/12/2023, Rv. 669403 -01)» (così Cass., Sez. T, 11 aprile 2024, n. 9916 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T., 22 marzo 2024, n. 7806);
P.Q.M.
la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e compensa tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 marzo 2024.