Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8725 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8725 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
DINIEGO RIMBORSO -IRES 2014
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13966/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale per Notar NOME COGNOME del 7 maggio 2020, n. 53.460 rep.,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 3875/05/2019, depositata il 10 ottobre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29 novembre 2024 dal consigliere relatore dott. NOME COGNOME
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME ha chiesto la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE, con istanza del 10 novembre 2015, richiedeva all’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Milano il rimborso delle maggiori imposte IRES derivanti dall’applicazione delle disposizioni sulle società di comodo di cui all’art. 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, per l’anno 2014.
In particolare, con istanza di interpello del 1° luglio 2015 la RAGIONE_SOCIALE aveva richie sto, ai sensi dell’art. 37 -bis , comma 8, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la disapplicazione, per il periodo d’imposta in questione, delle disposizioni relative alle società in perdita sistematica, ex art. 2, commi da 36decies a 36duodecies , del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv. dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 (vigenti ratione temporis ).
L’istanza in questione veniva rigettata dall’Ufficio, e tale rigetto veniva fatto oggetto di impugnazione da parte della società contribuente, in separato giudizio; tale giudizio si concludeva con la sentenza della C.T.P. di Milano n. 1249/24/2017, depositata il 19 febbraio 2017, con la quale veniva rigettata la richiesta di nullità della risposta all’istanza di interpello, e con sentenza della C.T.R. della Lombardia n. 3409/21/2018, depositata il 23 luglio 2018, con la quale
veniva dichiarato improcedibile l’appello della società contribuente per sopravvenuta carenza di interesse.
Il contribuente impugnava il silenziorifiuto dell’Agenzia delle Entrate sulla richiesta di rimborso dell’IRES dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza 4616/24/2017, depositata il 7 luglio 2017, rigettava il ricorso.
Interposto gravame dalla RAGIONE_SOCIALE la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 3875/05/2019, pronunciata l’8 luglio 2019 e depositata in segreteria il 10 ottobre 2019, rigettava l’appello, condannando la società contribuente alla rifusione delle spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi (ricorso notificato il 1° giugno 2020).
L ‘Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Con decreto del 16 luglio 2014 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’udienza pubblica del 29 novembre 2024.
Sia la società ricorrente che l’Agenzia delle Entrate hanno depositato memorie.
A detta udienza sono comparsi i procuratori delle parti, che hanno concluso come da verbale in atti.
E’ intervenuto il Pubblico Ministero, in persona del sost. proc. gen. dott. NOME COGNOME che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso in oggetto, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., nonché dell’art. 324 c.p.c., dell’art. 124 disp. att. c.p.c. e dell’art. 1 del d.ls. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3 ), c.p.c.
Deduce, in particolare, che erroneamente la C.T.R. aveva confermato la sentenza di primo grado, sul presupposto dell’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza della C.T.R. di Milano n. 3409/21/2018 della stessa C.T.R., resa nell’altro giudizio riguardante l’impugnazione del provvedimento di rigetto dell’interpello disapplicativo presentato dalla RAGIONE_SOCIALE circa la disciplina delle società in perdita sistematica, pur in assenza di una attestazione di passaggio in giudicato da parte della segreteria, e di un riconoscimento in tal senso ad opera delle parti.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell ‘art. 46 del d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Deduce, in particolare, la ricorrente che la sentenza n. 3409/21/2018 della C.T.R. della Lombardia non era idonea ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale in relazione alla situazione sottesa, in quanto da essa non era possibile desumere un precedente rigetto della domanda di rimborso; né tale attitudine avrebbe potuto attribuirsi alla sentenza di prime cure (C.T.P. di Milano n. 1249/2017), il cui contenuto era ignoto. In ogni caso, trattandosi, la precedente, di
decisione puramente in rito, essa sarebbe stata idonea a fornire preclusioni soltanto nell’àmbito del medesimo processo in cui erano state pronunciate, e non anche a costituire un accertamento sostanziale che facesse stato in altri procedimenti.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono fondati.
La C.T.R. ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente, ritenendo sussistente un giudicato tra le parti sulla medesima questione oggetto del presente giudizio, sulla base della precedente sentenza della stessa Corte regionale n. 3409/21/2018 del 23 luglio 2018.
Deve tuttavia rilevarsi, innanzitutto, che la citata sentenza è stata prodotta nel presente giudizio in mera copia semplice, mancante di qualsivoglia attestazione di passaggio in giudicato e tanto meno di riconoscimento ad opera delle parti (circostanza, questa, non contestata).
Orbene, la parte che eccepisce il passaggio in giudicato di una sentenza ha l’onere di fornirne la prova mediante produzione della stessa, munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., anche nel caso di non contestazione della controparte, restandone, viceversa, esonerata solo nel caso in cui quest’ultima ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno (da ultimo, Cass. 22 luglio 2024, n. 20137; Cass. 2 marzo 2022, n. 6868; Cass. 29 settembre 2021, n. 26310).
Peraltro, la sentenza n. 3409/21/2018 è pronuncia meramente di rito -nella misura in cui dichiara la improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse – e con essa la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia si è pronunciata in relazione ad una questione che, sebbene sorta tra le medesime parti, difetta dei presupposti affinché possa ipotizzarsi l’esistenza di giudicato preclusivo dell’esame delle questioni poste nel presente procedimento.
Con detta pronuncia, infatti, il giudice di appello si è limitato meramente a dichiarare in capo alla RAGIONE_SOCIALE la sopravvenuta carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. in quello specifico procedimento, ovvero nell’ambito del giudizio di impugnazione della risposta negativa dell’Ufficio all’istanza di interpello presentata da lla contribuente al fine di ottenere la disapplicazione della disciplina delle società in perdita sistematica.
Rileva, invero, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia come «Nella fattispecie la ricorrente ha ritenuto di attenersi avendo provveduto al pagamento di quanto dovuto sulla base dell’esito dell’interpello, ma una volta adempiuto risulta avere instaurato un procedimento per il relativo rimborso. Ciò esclude che vi sia stata acquiescenza, trattandosi solo di un comportamento prudenziale e cautelativo affatto disgiunto dalla determinazione di agire nel prosieguo per far valere le proprie contrarie ragioni. Così, allo stato, a un ipotetico annullamento del diniego oggetto del presente giudizio non conseguirebbe alcun risultato utile per il contribuente che si
troverebbe nella stessa situazione giuridica esistente al momento della proposizione dell’interpello disapplicativo (Cfr. CTP Milano 8857/05/2015), dovendo la società comunque attendere l’esito dell’altro contenzioso instaurato a seguito dei versamenti – asseritamente indebiti – effettuati. Per quanto sopra è evidente la sopravvenuta carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. e, di conseguenza, il ricorso è divenuto improcedibile».
Tale sentenza, pertanto, non ha in alcun modo esaminato il merito della questione, essendosi limitata a rilevare solo una sopravvenuta carenza di interesse della Società contribuente, circoscritta al solo annullamento del diniego espresso dall’Agenzia all’istanza di interpello presentata dalla contribuente medesima. Avendo infatti la ricorrente, in seguito all’anzidetto diniego, provveduto al pagamento a scopo esclusivamente cautelativo, e alla successiva presentazione di apposita istanza di rimborso delle somme indebitamente versate, l’eventuale annullamento del diniego espresso dall’Ufficio al citato interpello non avrebbe comunque soddisfatto l’interesse attuale della contribuente, ovvero quello di ottenere la restituzione di quanto da quest’ultima corrisposto, potendo detto interesse venir soddisfatto solamente dall’annullamento del diniego espresso dall’Agenzia all’istanza di rimborso di cui è causa.
La citata sentenza si riduce, dunque, a pronuncia meramente di rito, che infatti non esprime alcuna decisione in punto di merito in relazione alla legittimità o meno della disapplicazione della disciplina delle società in perdita
sistematica: essa, come tale, è inidonea ad acquisire efficacia di giudicato sostanziale.
Le decisioni di tale tipologia, ovvero relative a situazioni che rilevano solo per l’instaurazione o la prosecuzione del giudizio e che non contengono nessuna statuizione che entri nel merito delle questioni sottoposte all’esame del giudice adito dalle parti in causa, sono idonee a fornire preclusioni soltanto nell’ambito del medesimo processo in cui sono state pronunciate e non anche a costituire un accertamento sostanziale che faccia stato, ex art. 2909 c.c., in altri processi diversi dal primo.
Questa Corte, invero, ha già avuto modo di affermare che la «decisione di mero rito, dà luogo ad un giudicato meramente formale, con effetti circoscritti al solo rapporto processuale nel cui ambito è emanata, talché non è idonea a produrre, né sul piano oggettivo né sul piano soggettivo, gli effetti del giudicato sostanziale ex art. 2909 cod. civ. e non preclude pertanto la riproposizione della domanda in altro giudizio» (Cass. 24 luglio 2024, n. 20636; Cass., sez. un., 17 novembre 2021, n. 35110, in motivazione; Cass. 19 maggio 2021, n. 13603).
Il ricorso deve quindi essere accolto; la sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 novembre 2024.