Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16853 Anno 2024
Oggetto: Tributi
Imposte dirette e Iva
2013- operazioni inesistenti
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16853 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 27930 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore
rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica de l secondo difensore (PEC) EMAIL
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2239/12/2021, depositata in data 15 giugno 2021, notificata via pec in data 28 luglio 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera;
RILEVATO CHE
–RAGIONE_SOCIALE liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore, propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Lombardia aveva accolto l’appell o proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 256/06/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Milano che aveva accolto il ricorso proposto dalla suddetta società avverso avviso di accertamento con il quale l’Ufficio, previo p.v.c. della Guardia di Finanza di Pavia aveva ripreso a tassazione, per il 2013, costi indebitamente dedotti, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, e detratti, ai fini Iva, in relazione a fatture afferenti ad operazioni ritenute inesistenti, emesse dalla contribuente quale ‘cartiera’ nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE;
– in punto di diritto, per quanto di interesse, il giudice di appello ha affermato che:1) diverse sentenze divenute definitive – rilevanti marginalmente nel procedimento in esame in quanto emesse esclusivamente nei confronti della RAGIONE_SOCIALE– avevano accertato la creazione di un vasto sistema fraudolento ad opera di quest’ultima con una rete di società fittizie della quale faceva parte anche la contribuente;2) andava valutato diversamente rispetto a quanto effettuato dalla CTP il contenuto della sentenza definitiva della Corte di appello di Milano di assoluzione dai corrispondenti reati fiscali di NOME COGNOME,
amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, atteso che l ‘indagine tributaria si era fondata su specifici elementi di fatto assenti nella sentenza penale nonché sulle dichiarazioni di una molteplicità di testi (laddove la sentenza penale si era basata sulla dichiarazione soltanto di alcuni testi); peraltro, non appariva risolutiva la circostanza, emersa dal processo penale, dei rapporti commerciali intercorsi tra la RAGIONE_SOCIALE con altre società, considerato che la natura fittizia RAGIONE_SOCIALE fatture contestate nell’avviso in questione dipendeva dai rapporti della contribuente con la RAGIONE_SOCIALE; 3) in particolare, dal p.v.c. della G.d.F. si evincevano plurimi elementi (il breve periodo di esistenza della RAGIONE_SOCIALE; il fatto che i soci fondatori della detta società, NOME COGNOME e NOME COGNOME -parente di COGNOME entrambi dipendenti della RAGIONE_SOCIALE; l’ assunzione da parte del COGNOME, su proposta dell’COGNOME, della qualifica formale di legale rappresentante della costituenda RAGIONE_SOCIALE senza alcun interessamento all’attività sociale né con riguardo alle attività commerciali né alla gestione contabile che era svolta, nella sede della RAGIONE_SOCIALE, dalla moglie dell’COGNOME; la fissazione della sede in un capannone sito in Casarile dove operava la RAGIONE_SOCIALE; la ‘ cessione ‘ di un ramo d’azienda, avente ad oggetto l’attività di legatoria e confezione dalla RAGIONE_SOCIALE alla contribuente per un corrispettivo pagato solo in minima parte; attrezzature ‘ cedute ‘ dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE per un importo di euro 150,00 inidonee a sopportare volumi di attività rilevanti; le dichiarazioni di due dei lavoratori ‘ceduti’ circa il continuato svolgimento dei lavori di legatoria per conto della RAGIONE_SOCIALE senza alcuna formale pratica di licenziamento da quest’ultima e riassunzione presso la RAGIONE_SOCIALE; l’ emissione da parte della RAGIONE_SOCIALE di due fatture nei confronti della RAGIONE_SOCIALE – concernenti la cessione di macchinari, non ricompresi nel contratto di cessio ne di ramo d’azienda , il cui elevato corrispettivo non risultava essere stato pagato dalla RAGIONE_SOCIALE a sostegno della assunta costituzione della RAGIONE_SOCIALE ad opera di NOME COGNOME, quale effettivo dominus di quest’ultima, al fine di effettuare, attraverso l’emissione o la ricezione di fatture fittizie, operazioni che consentissero a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE indebite detrazioni Iva o decurtazioni della base imponibile; alla luce di quanto emerso dal p.v.c. circa il carattere di mera cartiera della RAGIONE_SOCIALE, gestita direttamente dall’COGNOME per finalità fraudolente, dovevano essere considerate anche le
ulteriori fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; né la società contribuente aveva offerto concreti elementi a contrario atti a smentire la ricostruzione dell’Ufficio ;
-resiste, con controricorso, l’RAGIONE_SOCIALE;
-è stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, in considerazione del rilievo di manifesta infondatezza del ricorso, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
–RAGIONE_SOCIALE liquidazione ha chiesto la decisione ed è stata quindi disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 380 bis e 380 bis.1 c.p.c.
la società contribuente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 1-bis e 49 del d.lgs. n. 546/92 nonché degli artt. 295 e 337 c.p.c. per non avere la CTR: 1) accolto l’eccezione della contribuente di riunione al processo di altro procedimento, al tempo pendente (poi definito con sentenza della CTR n. 544/09/2021 depositata il 12.2.2021, passata in giudicato ad essa favorevole), avente ad oggetto l’impugnativa di un avviso di accertamento emesso nei confronti della medesima società, relativo al 2012, fondato sugli stessi presupposti di quello in questione relativo al 2013 (supposta presunzione di fittizietà della RAGIONE_SOCIALE, quale simulacro giuridico eterodiretto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) e su due stesse fatture valutate, ai fini Iva, per il 2012 e, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, per il 2013; 2) sospeso il processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. al fine di evitare il contrasto tra giudicati, trattandosi di procedimenti legati tra loro da un rapporto di pregiudizialità necessaria tale che la definizione dell’uno costituiva indispensabile presupposto logicogiuridico dell’altro.
1.1. Il motivo -sotto entrambe le sub censure prospettate -è infondato.
1.2. Quanto alla denunciata mancata riunione da parte del giudice di appello del procedimento, all’epoca pendente , avente ad oggetto l’impugnativa d i altro avviso emesso nei confronti della contribuente, per il 2012, premesso che ‘ La riunione RAGIONE_SOCIALE impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può altresì essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale RAGIONE_SOCIALE controversie. ‘ ( Cass. S.U. n. 1521del 23/01/2013; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27550 del 30/10/2018), non sussisteva alcun obbligo in capo alla CTR di riunione dell’altro procedimento concernente l’impugnativa di un provvedimento concernente la diversa annualità (2012).
1.3.Quanto all’assunta mancata sospensione del processo ai sensi 295 c.p.c., risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto in ordine alla linea di demarcazione della operatività dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 337 c.p.c., le S.U. già con sentenza n. 16329 del 2014, hanno chiarito che l’ambito di applicazione della prima norma va circoscritta alle ipotesi in cui in alcuna RAGIONE_SOCIALE due cause legate da nesso di pregiudizialità necessaria sia stata ancora pronunciata una sentenza di merito anche se non definitiva (cfr. SSUU 19.6.2012 n. 10027; id. SSUU 30.11.2012 n. 21348, cui si sono conformate le sezioni semplici: Corte cass. 6-2 sez. ord. 5.11.2012 n. 18968; id. 6-3 sez. 9.1.2013 n. 375; id. 6-3 19.9.2013 n. 21505).
1.4. Sulla portata dell’art. 295 c.p.c. è tornata questa Corte, a sezioni unite, nella sentenza n. 21763 del 29/07/2021, statuendo il seguente principio di diritto: ‘ in tema di sospensione del giudizio per pregiudizialità necessaria, salvi i casi in cui essa sia imposta da una disposizione normativa specifica che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi
dell’art. 295 c.p.c. (e, se disposta, può essere proposta subito istanza di prosecuzione ex art. 297 c.p.c.), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell’art. 337, secondo comma, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell’art. 336, secondo comma, c.p.c.. ‘ (Principio enunciato nell’interesse della legge ex art. 363, terzo comma, c.p.c.). Nella richiamata pronuncia, la Corte ha precisato che ‘La sospensione prevista dall’art. 295 c .p.c. presuppone, quindi, le seguenti condizioni: che sussista un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra due situazioni sostanziali; che queste ultime siano entrambe dedotte in giudizio; che non si realizzi o in virtù dell’art. 34 c.p.c. o per effetto degli artt. 40 e 274 c.p.c. la simultaneità del processo. Il che sta a significare che, in generale, nel nostro ordinamento il giudice della domanda dipendente ha il potere di conoscere incidentalmente della domanda pregiudiziale, salvo quando quest’ultima è dedotta in giudizio principaliter come oggetto di un’autonoma pretesa. Distinguendo in via generale e schematica, si è affermato ricorrentemente che: -integra questione pregiudiziale la sussistenza della pregiudizialità tecnica o tecnico-giuridica o in senso stretto qualora vengano in considerazione più rapporti giuridici uno dei quali (quello pregiudiziale) appartiene alla fattispecie dell’altro che da quello dipende (pregiudicato); in sostanza, l’oggetto della causa pregiudicata non può essere deciso – come sancisce la norma stessa – senza la necessaria e preventiva definizione, con efficacia di giudicato, della causa pregiudicante; in tal caso, l’accertamento di un diritto presuppone l’accertamento di un altro diritto (ad esempio, lo status familiae quale fatto costitutivo rispetto all’obbligo alimentare oppure il diritto di proprietà del veicolo che ha cagionato il sinistro come fatto costitutivo dell’obbligazione risarcitoria ex art. 2054 c.c.); – integra punto pregiudiziale a sussistenza della pregiudizialità logica qualora un antecedente logico necessario va risolto incidenter tantum rispetto alla decisione della domanda principale che da esso dipende; in tal caso, l’accertamento dell’esistenza, della validità e della natura di un rapporto giuridico costituisce il presupposto di un diritto (ad esempio, nelle domande di adempimento contrattuale, il contratto rispetto alla pretesa di adempimento dedotta in causa; il pagamento del canone rispetto al contratto di locazione).
Entrambe le due species di pregiudizialità vengono ricondotte al genus dell’art. 34 c.p.c. (…)’.
3.7.In sintesi, pertanto, la sospensione necessaria per pregiudizialità interna deve essere disposta nel processo tributario se ricorrono le seguenti condizioni: (i) l’oggetto di una causa è dipendente in senso tecnico dalla decisione di un’altra causa; (ii) la decisione della causa pregiudiziale è suscettibile di esplicare effetti di giudicato nella causa dipendente; (iii) non è possibile la riunione RAGIONE_SOCIALE due cause; (iv) la causa pregiudiziale non è stata ancora decisa con sentenza anche non definitiva (i n tal caso dovendosi ritenere, allo stato attuale dell’elaborazione giurisprudenziale, che la sospensione della causa dipendente sia rimessa alla discrezionalità del giudice ai sensi dell’art. 337, comma 2, c.p.c.).
Posto quanto sopra, il giudice di appello non era tenuto a sospendere il giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c. non essendo ravvisabile, nella specie, un rapporto di pregiudizialità necessaria tra procedimenti aventi ad oggetto l’impugnativa di avvisi di accertamento concernenti diverse annualità, in quanto l’oggetto della causa concernente l’impugnativa dell’avviso relativo al 2013 non era dipendente in senso tecnico dalla decisione della causa avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso relativo al 20 12.
Né tantomeno è invocabile il giudicato esterno (con riguardo alla sentenza della CTR n. 544/09/2021 depositata il 12.2.2021, passata in giudicato, favorevole alla contribuente relativamente al 2012, v. controricorso pag. 5) atteso che la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 30/09/2011; conf. Sez. 5, Sentenza n. 13079 del 25/07/2012),
come il concreto atteggiarsi di fatturazioni per operazioni inesistenti. (Cass. Cass. 6953 del 2015 ; nello stesso senso Cass. n. 38950 del 2021).
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento sebbene la pretesa impositiva fosse basata sui medesimi elementi indiziari di asserita fittizietà di RAGIONE_SOCIALE (acquisto di ramo di azienda al solo scopo di fare conseguire a RAGIONE_SOCIALE un utile di esercizio; mancato spostamento dei macchinari, componenti il ramo d’azienda acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, quale indice di fittizietà della società; identità di personale tra le due società; erogazione di prestazioni solo a favore di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, società ugualmente facente capo all’RAGIONE_SOCIALE ) vagliati nel processo penale – nei confronti di NOME COGNOME, amministratore unico della RAGIONE_SOCIALE, per i corrispondenti reati fiscali – conclusosi con la sentenza di assoluzione della Corte di Appello di Milano n. 5639 depositata il 14.12.2017, divenuta definitiva; con ciò, pertanto, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALE risultanze del giudicato penale già formatosi.
2.1.Il motivo è infondato.
2.3. Questa Corte ha affermato che, ‘ai sensi dell’art. 654 del codice di procedura penale, l’efficacia vincolante del giudicato penale non opera nel processo tributario, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto della prova testimoniale) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna: quindi, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può (più) attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente e, pertanto, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in detta materia, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del singolo ufficio, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, deve, in ogni caso,
verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare’ ( ex plurimis , Cass. nn. 10945 del 2005, 2499 del 2006, 5720 del 2007, 1014 del 2008; n 16238 del 2009; Sez. 5, Sentenza n. 3724 del 17/02/2010; Sez. 5, Sentenza n. 8129 del 23/05/2012 Sez. 5, Sentenza n. 6525 del 2020); in particolare, questa Corte ha precisato che ‘ Nel processo tributario, l’efficacia vincolante del giudicato penale di assoluzione del legale rappresentante della società contribuente per insussistenza del reato di esposizione di elementi passivi fittizi mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti , non opera automaticamente per i fatti relativi alla correlata azione di accertamento fiscale nei confronti della società, poiché in questo, da un lato, vigono limitazioni della prova (come il divieto di quella testimoniale ex art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 ) e, dall’altro, possono valere anche presunzioni inidonee a fondare una pronuncia penale di condanna. Pertanto, stante l’evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta RAGIONE_SOCIALE parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. civ.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio’ (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19786 del 27/09/2011 ); da ultimo, questa Corte ha aggiunto, con riguardo all’ipotesi di assoluzione in sede pe nale anche con formula piena, che ‘In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall’art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti
per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16262 del 28/06/2017; nello stesso senso, Sez. 5, Ordinanza n. 27814 del 04/12/2020). In tema di processo tributario, le prove raccolte in giudizio penale definito con sentenza irrevocabile di prescrizione costituiscono fonte di prova che il giudice tributario è tenuto ad esaminare e da cui può trarre elementi di giudizio, sia pure non vincolanti, su dati e circostanze ivi acquisiti con le garanzie di legge (Sez. 5, Ordinanza n. 6532 del 2020).
2.4.Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi in quanto ha proceduto ad un puntuale apprezzamento del contenuto della sentenza penale della Corte di appello di Milano n. 5639 del 2017, ponendolo a confronto con il complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario; in particolare, ha ritenuto che l’indagine tributaria fosse basata su specifici elementi di fatto emersi in sede di p.v.c. della G.d.F. e su una ‘molteplicità di testi’ laddove la sentenza penale era basata sulle dichiarazioni soltanto di alcuni testi. Peraltro, ad avviso del giudice di appello, non risultava decisiva la circostanza emersa dal processo penale dei rapporti commerciali intercorsi tra la RAGIONE_SOCIALE con altre società di primaria importanza atteso che ‘ la natura fittizia RAGIONE_SOCIALE fatture contestate dall’Ufficio con l’avviso impugnato non dipendeva da tale circostanza bensì dai rapporti tra la stessa e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘. Diversamente, la CTR- con un accertamento in fatto insindacabile in questa sede e con un ragionamento logicovalutativo coerente con le regole di governo RAGIONE_SOCIALE prove presuntive – ha ritenuto l’accertamento in questione fondato su plurimi elementi indiziari rilevati in sede di p.v.c. della G.d.F. (il breve periodo di esistenza della RAGIONE_SOCIALE; il fatto che i soci fondatori della detta società, NOME COGNOME e NOME COGNOME, parente di COGNOME, erano entrambi dipendenti della RAGIONE_SOCIALE; l’assunzione da parte del COGNOME, su proposta dell’COGNOME, della qualifica formale di legale rappresentante della costituenda RAGIONE_SOCIALE senza alcun interessamento all’attività sociale né con riguardo alle attività commerciali né alla gestione contabile che era svolta, nella sede della RAGIONE_SOCIALE, dalla moglie dell’COGNOME; la fissazione della sede in un capannone sito in Casarile dove operava la RAGIONE_SOCIALE; la ‘cessione’ di un ramo d’azienda, avente ad oggetto l’attività di legatoria e
confezione dalla RAGIONE_SOCIALE alla contribuente per un corrispettivo pagato solo in minima parte; attrezzature ‘cedute’ dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE per un importo di euro 150,00 inidonee a sopportare volumi di attività rilevanti; le dichiarazioni di due dei l avoratori ‘ceduti’ circa il continuato svolgimento dei lavori di legatoria per conto della RAGIONE_SOCIALE senza alcuna formale pratica di licenziamento da quest’ultima e riassunzione presso la RAGIONE_SOCIALE; l’emissione da parte della RAGIONE_SOCIALE di due fatture nei confronti della RAGIONE_SOCIALE – concernenti la cessione di macchinari, non ricompresi nel contratto di cessione di ramo d’azienda – il cui elevato corrispettivo non risultava essere stato pagato dalla RAGIONE_SOCIALE) idonei a comprovare , nell’ambito del giudizio tributario, la costituzione della RAGIONE_SOCIALE ad opera di NOME COGNOME, quale effettivo dominus di quest’ultima, a l fine di effettuare, attraverso l’emissione o la ricezione di fatture fittizie, operazioni che consentissero a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE indebite detrazioni Iva o decurtazioni della base imponibile; alla luce di quanto emerso, dovevano essere valutate anche le ulteriori fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE, nell’anno 2013 , nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, non avendo tali società effettivi rapporti commerciali con la società contribuente gestita direttamente dall’RAGIONE_SOCIALE per finalità fraudolente; a fronte di tale ricostruzione, la CTR ha escluso poi- con un uguale apprezzamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità- che la RAGIONE_SOCIALE avesse fornito elementi concreti di smentita della ricostruzione operata dall’Ufficio sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanz e del p.v.c.
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
5. Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. « la Corte … quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 » (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, Ordinanza n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, Ordinanza n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023). La norma sottende una valutazione
legale tipica del legislatore delegato, in ragione della quale l’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni -di quelle del terzo comma come di quelle del quarto comma dell’art. 96 -non è subordinata ad una valutazione discrezionale ma discende, «di default», dalla definizione del giudizio in conformità alla proposta (Cass. n. 27947/2023).
6.La Corte stima equo fissare in euro 7.000,00 la sanzione ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ed in euro 2.000,00 quella ai sensi del comma 4 della medesima disposizione, atteso il carattere pacifico dei principi giurisprudenziali applicati e la manifesta infondatezza del ricorso, per i motivi ampiamente esposti.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 13.000,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 7.000,00 in favore della controricorrente, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.;
condanna la ricorrente a pagare l’ulteriore importo di euro 2.000,00 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. ;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29 maggio 2024