Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21969 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21969 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 14473/2016 R.G. proposto da: COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’EMILIA -ROMAGNA n. 227/2016 depositata il 25/01/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa
A seguito di indagini bancarie l’Agenzia delle Entrate notificava al contribuente un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2005, con il quale accertava, ai sensi dell’art. 39, co. 1, DPR n. 600 del 1973, un più elevato reddito d’impresa sulla scorta di appurati maggiori ricavi, determinati ai sensi dell’art. 32, co. 1, del decreto su richiamato e sulla base di minori costi riscontrati. Al recupero delle più alte imposte dirette dovute si correlava la ripresa della maggiore iva parimenti dovuta. Il contribuente proponeva ricorso che la CTP di Modena rigettava. Il successivo ricorso in appello del contribuente è stato accolto con riferimento ad una singola movimentazione di euro 2.451,29 e respinto per il resto punto il ricorso del contribuente è adesso affidato a quattro motivi. L’agenzia resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo si adombra la violazione dell’art. 32 DPR n. 600 del 1973 in relazione all’art. 360, n, 3 c.p.c. nonché l’illegittimità della sentenza per avere ritenuto applicabile al lavoratore autonomo ricorrente le presunzioni di cui all’art. 32, co. 1, n. 2, secondo periodo, del DPR n. 600 del 1973, avuto riguardo anche alla dichiarata illegittimità costituzionale della norma con pronuncia della Corte Costituzionale n. 228 del 6 ottobre 2014.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’illegittimità della sentenza d’appello per non avere ritenuto sufficiente l’indicazione degli esecutori dei versamenti e dei beneficiari dei prelievi ad escludere l’utilizzo delle presunzioni bancarie di cui all’art. 32 DPR n. 600 del 1973 e all’art. 51 DPR numero 633 del 1972, avuto riguardo all’articolo 360 numero 3 c.p.c.
Con il terzo motivo, avanzato in via subordinata, si lamenta l’illegittimità e infondatezza della sentenza ‘ per non aver considerato il sostenimento di costi in relazione ai maggiori ricavi induttivamente e presuntivamente accertati ‘, con conseguente ‘ violazione dell’art. 75 DPR 917/1986 e 2 comma b bis del DL 26.0401990 n. 90 conv. in L. 165/1990, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione e all’art. 360 n. 3 c.p.c. ‘.
Con il quarto motivo di ricorso si contestano la violazione dell’art. 324 c.p.c. e del principio ‘ ne bis in idem’ derivante dal combinato disposto tra la citata norma processuale e l’art. 2909 c.c. e l’omesso rilievo, sotto tal profilo, da parte dei giudici d’appello dell’esistenza e della valenza della sentenza penale n. 2691 del 2013, passata in giudicato in data 22 marzo 2014, con cui il contribuente veniva assolto in sede penale con la formula ‘ perché il fatto non sussiste ‘.
Il quarto motivo postula come necessario il rinvio della causa a nuovo ruolo.
La sentenza impugnata afferma, infatti, che ‘ reputa questo giudice che la presunzione operata dall’amministrazione abbia rilevanza sul piano fiscale, ma non possa essere assunta come prova della sussistenza della fattispecie di reato contestata ‘, ritenendo, dunque, che essa sia idonea a escludere la sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo, come valutato dal giudice penale. Il motivo di censura si collega ora alla disciplina sopravvenuta di cui all’art. 21 -bis del D.Lgs. n. 74/2000, introdotto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 87/2024, che ha innovato la materia dell’efficacia del giudicato penale assolutorio nel processo tributario.
Il D.Lgs. n. 87/2024 – adottato in esecuzione della delega di cui all’art. 20 della Legge n. 111/2023, pubblicato in G.U. n. 150 del 28 giugno 2024 ed entrato in vigore il 29 giugno 2024 – ha infatti inserito nel D.Lgs. n. 74/2000 il nuovo art. 21 -bis, rubricato ‘ Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel
processo di cassazione ‘. Per quanto qui interessa, esso dispone che:
1.’ La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi . 2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio ‘.
Questa Corte ha già chiarito che l’art. 21 -bis, quale ius superveniens , si applica anche quando la sentenza penale assolutoria sia divenuta irrevocabile prima della sua entrata in vigore, purché alla data di efficacia della norma penda ancora il giudizio di cassazione avverso la sentenza tributaria di appello (cfr., tra le altre, Cass. nn. 30814/2024, 23570/2024, 34406/2024).
Ne consegue che la disposizione appare astrattamente rilevante per il caso in esame.
Tuttavia, la novella solleva questioni interpretative, in particolare circa:
la sua efficacia intertemporale;
l’estensione degli effetti del giudicato penale assolutorio al processo tributario, ossia se essi incidano anche sul presupposto fattuale delle riprese fiscali o soltanto sul trattamento sanzionatorio;
la rilevanza, nel contenzioso tributario, della sentenza penale resa ex art. 530, comma 2, c.p.p.
Tali dubbi sono analoghi a quelli oggetto dell’ordinanza interlocutoria n. 5714/2025 (udienza 5 febbraio 2025), con cui si è disposta, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la rimessione degli atti alla Prima Presidente per valutare l’eventuale assegnazione della questione alle Sezioni Unite. La questione è allo stato
effettivamente rimessa al vaglio del supremo consesso nomofilattico, in attesa del cui pronunciamento la controversia va rinviata a nuovo ruolo.
P.Q.M.
Rinvia la causa a nuovo ruolo per le ragioni sopra esposte in motivazione.
Così deciso in Roma, il 12/06/2025.