Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30675 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36413/2019 R.G. proposto da COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE al INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso unitamente agli AVV_NOTAIOti COGNOME NOME e COGNOME NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in RAGIONE_SOCIALE alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 3565/19 depositata il 17 giugno 2019
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 luglio 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE notificava al AVV_NOTAIO tre distinti avvisi di accertamento con i quali rettificava ai fini dell’IRPEF, dell’IRAP e
dell’IVA il reddito di lavoro autonomo, il valore della produzione netta e il volume d’affari dallo stesso dichiarati in relazione agli anni 2006, 2007 e 2008, recuperando a tassazione l’imponibile ritenuto evaso.
Le riprese fiscali si fondavano sulle risultanze dell’attività di verifica condotta dalla Guardia di Finanza, ai sensi degli artt. 32, comma 1, n. 7) del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 7) del D.P.R. n. 633 del 1972, sui conti correnti bancari intestati al contribuente e ai suoi prossimi congiunti, confluita nella redazione del processo verbale di costatazione del 9 aprile 2010.
COGNOME COGNOME impugnava i tre avvisi di accertamento proponendo separati ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale, riuniti i procedimenti, accoglieva le ragioni del contribuente, annullando gli atti impositivi.
La decisione veniva, poi, riformata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che con sentenza n. 3565/19 del 17 giugno 2019, in parziale accoglimento dell’appello dell’Amministrazione Finanziaria, confermava l’annullamento degli atti impositivi impugnati limitatamente alla ripresa a tassazione concernente l’IRAP.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio regionale osservava che: -all’accertamento compiuto ai fini dell’IRPEF e dell’IVA doveva reputarsi applicabile la disciplina sul raddoppio dei termini dettata dagli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nella versione vigente «ratione temporis» , essendo all’uopo necessaria e sufficiente la ricorrenza dell’obbligo di denuncia ex art. 331 c.p.p. per uno dei reati tributari previsti dal D. Lgs. n. 74 del 2000, indipendentemente dall’esito dell’azione penale eventualmente esercitata nei confronti del contribuente; -diverso discorso andava fatto per l’IRAP, non essendo la violazione RAGIONE_SOCIALE relative norme presidiata da sanzioni penali; -a fronte della presunzione legale
relativa di ricavi occulti operante in favore dell’Amministrazione Finanziaria ai sensi degli artt. 31, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51, comma 2, n. 2) del D.P.R. n. 633 del 1972, il contribuente non aveva offerto prova contraria idonea a dimostrare la non imponibilità RAGIONE_SOCIALE somme risultanti dalle movimentazioni bancarie contestate, essendosi limitato «ad allegazioni generiche e prive di riscontri documentali» .
Avverso questa sentenza il COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Fissata la trattazione della causa per l’adunanza camerale del 9 luglio 2024, nel termine di cui all’art. 380 -bis .1, comma 1, secondo periodo, c.p.c. il Pubblico Ministero depositava requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 22181/2024 pronunciata all’esito della detta udienza e depositata il 6 agosto 2024, la Corte rilevava d’ufficio la questione inerente alla possibile incidenza sul presente giudizio dello «ius superveniens» costituito dall’art. 21 -bis del D. Lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera m), del D. Lgs. n. 87 del 2024, e, riservando la decisione, assegnava al Pubblico Ministero e alle parti, ai sensi dell’art. 384, comma 3, c.p.c., il termine di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento per il deposito in Cancelleria di eventuali osservazioni.
Entro il termine fissato, la sola RAGIONE_SOCIALE ha depositato una memoria sulla cennata questione.
Alla scadenza, il Collegio si è riconvocato per la deliberazione in data 3 ottobre 2024.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione di norme di legge.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel ritenere applicabile alla fattispecie di causa la normativa sul raddoppio dei termini per l’accertamento fiscale contenuta nell’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, nella versione vigente «ratione temporis» , sebbene la notifica degli atti impositivi impugnati fosse avvenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale penale di RAGIONE_SOCIALE che aveva escluso la sussistenza del reato di dichiarazione infedele, previsto e punito dall’art. 4 del D. Lgs. n. 74 del 2000, astrattamente configurabile a carico del contribuente in relazione ai medesimi fatti posti a base RAGIONE_SOCIALE contestate pretese erariali.
1.1 Nella parte finale del motivo si deduce, altresì, che .
Con il secondo mezzo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32, ( recte : comma 1, nn. 2] e 7] -n.d.r.), del D.P.R. n. 600 del 1973.
2.1 Si rimprovera al collegio regionale di aver erroneamente applicato nei confronti del AVV_NOTAIO, professionista intellettuale, la presunzione di ricavi non contabilizzati stabilita dalla disposizione summenzionata, la quale, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, deve ormai ritenersi operante a carico dei soli soggetti esercenti attività d’impresa.
2.2 Viene, inoltre, censurata la sentenza di secondo grado per aver ritenuta legittima la ripresa a tassazione come redditi occulti dei versamenti eseguiti su conti correnti intestati a prossimi congiunti
(moglie, figli e suocera) del contribuente.
Il primo motivo è fondato, per le ragioni che ci si accinge ad illustrare, e il suo accoglimento assorbe l’esame della seconda censura.
3.1 Valgano, in proposito, le seguenti considerazioni.
3.2 In data 29 giugno 2024, nelle more di questo giudizio di legittimità, è entrato in vigore l’art. 21 -bis del D. Lgs. n. 74 del 2000, introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera m), del D. Lgs. n. 87 del 2024 (), il quale così recita, per quanto qui d’interesse:
«1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in sèguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza in camera di consiglio».
3.3 La norma in commento espressamente attribuisce valore di giudicato sostanziale, «in ogni stato e grado» del processo tributario, alla sentenza penale dibattimentale irrevocabile di assoluzione con una RAGIONE_SOCIALE formule ivi previste ( o ), ammettendo la possibilità di depositare tale sentenza anche nel giudizio di cassazione, entro il limite temporale da essa stabilito (ovvero non oltre quindici giorni prima dell’udienza o dell’adunanza camerale).
3.4 L’efficacia vincolante del giudicato penale assolutorio non è subordinata alla sua sopravvenienza nel corso del giudizio in cui viene effettuato il deposito della sentenza, né tantomeno alla
formulazione di un’apposita eccezione della parte interessata ad avvalersene, in conformità al principio generale della rilevabilità officiosa del giudicato esterno in ogni stato e grado del processo (sull’argomento, ex ceteris , Cass. n. 17070/2024, Cass. n. 5836/2024, Cass. n. 25632/2021, Cass. n. 27161/2018, Cass. Sez. Un. n. 691/2016).
3.5 Ciò posto, va o sservato che fin dal primo grado di giudizio il COGNOME aveva dedotto di essere stato definitivamente assolto con sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 8313/14 del 13 febbraio 2014, con la formula , dai reati di omessa e infedele dichiarazione contestatigli in relazione ai medesimi fatti posti a base degli avvisi di accertamento che qui ci occupano.
3.6 Su tale pronuncia, allegata in copia al ricorso introduttivo della lite con l’attestazione del passaggio in giudicato, egli aveva fondato la tesi difensiva secondo cui gli atti impositivi emessi nei suoi confronti dall’RAGIONE_SOCIALE dovevano ritenersi illegittimi, perchè notificati dopo (e nonostante) l’intervenuto giudicato penale assolutorio, per effetto del quale andava esclusa l’operatività della normativa sul raddoppio dei termini per l’accertamento contenuta negli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo vigente «ratione temporis» .
3.7 Nel ridepositare la copia in parola nell’odierna sede di legittimità, il contribuente ha ribadito che , sicchè, (pagg. 6 -7 del ricorso).
3.8 Alla luce dello «ius superveniens» , la decisione assunta dalla CTR laziale appare giuridicamente erronea, essendo mancata da parte dei giudici di merito qualsiasi indagine diretta ad appurare l’eventuale identità tra i fatti materiali intorno ai quali verteva l’imputazione dei reati ascritti al COGNOME e quelli posti a base degli atti impositivi oggetto della presente controversia, la cui legittimità è ancora discussa, atteso che la rinnovata e perdurante contestazione circa l’applicabilità della disciplina sul cd. raddoppio dei termini si risolve nell’eccepita carenza del potere di accertamento tributario in relazione ai fatti predetti.
3.9 Va, pertanto, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, affinchè verifichi se ricorrano, nella fattispecie concreta, i presupposti ai quali l’art. 21 -bis , comma 1, del D. Lgs. n. 74 del 2000 subordina l’efficacia vincolante nel processo tributario del giudicato penale di assoluzione per insussistenza dei fatti contestati.
Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo mezzo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Sezione