Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22878 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22878 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2067/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
-ricorrente –
CONTRO
COGNOME rappresentato e difeso per procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME del foro di Bari e dall’avv. NOME COGNOME del foro di Roma;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1974/05/2018 della Commissione tributaria regionale della Puglia, depositata in data 18.6.2018, non notificata; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME all’udienza camerale del 2.7.2025.
FATTI DI CAUSA
NOME, iscritto all’Albo dei ragion ieri di Bari, impugnava l’avviso di accertamento, emesso dall’Agenzia delle Entrate di Bari per l’anno di imposta 2008 con il quale venivano recuperati a tassazione costi non documentati, IVA evasa a seguito di fatture emesse in regime di esenzione, con conseguente
Avviso di accertamento: IRPEF, IRAP, IVA – reddito di lavoro autonomo anno 2008.
recupero delle maggiori imposte a titolo di Irpef, addizionali, IRAP e IVA, oltre sanzioni ed interessi.
La C.T.P. di Bari rigettava il ricorso.
3.La C.T.R. della Puglia, adita dal soccombente, accoglieva -con la sentenza riportata in epigrafe -parzialmente il gravame, limitatamente ai rilievi relativi alle fatture n. 2 e n. 4 del 2008.
Avverso la precitata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo -rubricato « violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 c.p.c. -l’Agenzia delle Entrate, trascritto integralmente il ricorso introduttivo del contribuente, contesta alla C.T.R di non aver tenuto conto del fatto che il predetto non aveva mai contestato il rilievo relativo ai costi non documentati ai fini delle imposte dirette e dell’Irap, né la C.T.P. poteva pronunciarsi in merito, non essendo stata prospettata la relativa eccezione.
Pertanto, si sarebbe dovuto ritenere che sulla questione si era formato il giudicato interno, poiché detta statuizione non era stata oggetto di appello, né avrebbe potuto esserlo dato che la questione non era stata introdotta in primo grado.
La C.T.R., nella parte in cui aveva esaminato le fatture 2/2008 e 4/2008 ed accolto il gravame del contribuente per quanto di ragione, aveva pertanto violato l’art. 2909 c.c. e 115 c.p.c., perché le due fatture afferivano senza ombra di dubbio a prestazioni di intermediazione.
1.1. Il motivo è infondato.
Come riportato dalla stessa parte ricorrente i rilievi hanno riguardato costi non documentati e quindi disconosciuti a fini Irpef ed Irap per euro 158.478,00 (canoni di locazione, compensi erogati a terzi, spese per consumi, altre spese) ed evasione di IVA in
relazione a quattro fatture (numeri 1, 2, 3 e 4 dell’anno 2008) che il contribuente aveva dichiarato afferenti a prestazioni esenti, recuperando a fini Iva un totale di euro 37.893,80.
La C.T.P. di Bari, proprio in relazione al fatto che il contribuente non aveva contestato il rilievo dei costi non deducibili in quanto non documentati (primo rilievo), ne aveva dato atto, come riportato nella sentenza impugnata, nella parte rubricata IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO, pag. 3, ove si legge che la C.T.P. aveva ‘ritenuto in rito che l’atto impositivo recasse ‘la precisa indicazione dell’iter logico, giuridico e matematico seguito dall’organo accertatore per il mancato riconoscimento per mancanza di documentazione dei costi, peraltro nemmeno contestato da parte della ricorrente’ e, nel merito, che le doglianze del ricorrente fossero per un verso palesemente pretestuose e per altro verso fondate su documenti inattendibili (fogli non autenticati per copia conforme all’originale).’ L’atto di appello non conteneva censure in merito ai costi disconosciuti a fini Irpef ed Irap e la C.T.R. di Bari non ne ha fatto alcun cenno, limitandosi ad accogliere parzialmente il secondo e quarto motivo, che riguardavano una delle questioni rimaste ancora controverse e costituente parte dell’oggetto del giudizio (sulla base del ‘devolutum’ conseguente alla proposizione dell’appello da parte del COGNOME: cfr. pag. 3 della sentenza impugnata nella parte in cui rappresenta tutti i motivi del gravame in ordine ai quali l’appellante, soccombente totalmente in primo grado, aveva interesse all’ottenimento di una pronuncia giudiziale nel merito), ovvero quella inerente alle riprese IVA, accogliendo il gravame solo relativamente alle fatture n. 2 e 4.
In proposito, perciò, la C.T.R. ha legittimamente affermato (v. pag. 5 sent.) che : ‘ I due motivi di appello vanno pertanto accolti per quanto di ragione e l’atto impositivo va annullato solo quanto al recupero a tassazione di IVA per complessivi euro 37.893,80, in
relazione alle fatture 2 e 4 del 16 e 28 aprile 2008 emesse dal Recchiuto in favore di COGNOME NOME COGNOME
1.2. Risulta, quindi, evidente che nessuna violazione del giudicato interno è stata commessa dalla C.T.R. in relazione al diverso rilievo relativo ai costi disconosciuti e recuperati a tassazione per IVA assunta come evasa per euro 37.893,80, facente parte dell’importo complessivamente contestato di 158.478,00 (comprensivo, invero, di altri recuperi di imposta).
Con il secondo motivo, rubricato « violazione e falsa applicazione degli articoli 32 e 39 del d.p.r. 600/73, nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3, c.p.c.» , la difesa erariale lamenta che la C.T.R. non si sia avveduta, relativamente alle suddette fatture, che la parte interessata alla pratica di leasing immobiliare non era il sig. COGNOME parte venditrice, ma l’acquirente RAGIONE_SOCIALE e che pertanto il COGNOME non poteva che aver svolto attività di intermediazione immobiliare per favorire la conclusione della compravendita e non di intermediazione finanziaria.
2.1. Il motivo è inammissibile, poiché con esso si chiede a questa Corte una diversa ricostruzione in fatto ed una diversa valutazione dei documenti rispetto a quella operata -con motivazione adeguata sul piano logico-giuridico-argomentativo – dal giudice di merito di secondo grado, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti ad un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (v., tra le tante, Cass. n. 10927/2024).
La congruità della motivazione adottata dalla C.T.R. si apprezza sulla base delle considerazioni che -con riguardo alle controverse fatture nn. 2 e 4 del 2008 -queste ultime si riferivano ad un accertato rapporto (in quanto ampiamente comprovato dal contribuente) intercorso tra il COGNOME e tale COGNOME diverso dalla vendita dell’immobile, poiché in effetti -concernente
operazioni di mediazione finanziaria conseguente all’iscrizione ipotecaria sui beni del citato COGNOME da parte di Equitalia. Ha, inoltre, adeguatamente aggiunto la CTR che la circostanza -anch’essa documentalmente riscontrata dal COGNOME che le due indicate fatture fossero state portate in contabilità dall’COGNOME in esenzione IVA confermava la fondatezza dell’assunto dell’appellante; ha, altresì, specificato il giudice dell’appello che la sola misura dell’importo delle due stesse fatture non si sarebbe potuta ritenere, di per sé, idonea, in assenza di ulteriori riscontri, a sostenere il ragionamento indiziariopresuntivo dell’Agenzia delle Entrale.
In conclusione, il ricorso va integralmente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, con distrazione in favore dei difensori del controricorrente, dichiaratisi antistatari.
5.Poiché risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che liquida in euro 5.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario del 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dei difensori del controricorrente.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.7.2025.