Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11994 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11994 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13497/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME COGNOME (domicilio digitale: avvEMAIL)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA, SEZIONE STACCATA DI CATANIA, n. 10831/2021 depositata il 6 dicembre 2021
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 19 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La notaia NOME COGNOME, residente in uno dei Comuni della Sicilia orientale colpiti dagli eventi sismici verificatisi nel dicembre 1990, chiedeva alla Direzione Provinciale di Catania dell’Agenzia delle Entrate, in applicazione dell’art. 9, comma 17, della L. n. 289 del
2002, il rimborso del 90 per cento degli importi versati negli anni 1991 e 1992 a titolo di IRPEF, ritenute alla fonte e IVA.
Formatosi il silenzio-rifiuto, la contribuente impugnava con successo il diniego tacito opposto dall’Amministrazione dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Catania, che accoglieva integralmente l’avanzata istanza di rimborso.
La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, la quale, con sentenza n. 1285/2016 depositata il 4 aprile 2016, accoglieva per quanto di ragione l’appello erariale, negando il diritto della Fiorito al rimborso di quanto versato a titolo di IVA.
In accoglimento del successivo ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate, questa Corte cassava l’impugnata sentenza con ordinanza n. 5923/2019 del 28 febbraio 2019, rinviando la causa alla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia.
Nella citata pronuncia cassatoria, sulla scorta delle affermazioni in diritto contenute nella sopravvenuta decisione della Commissione Europea, C(2015) 5549 final , del 14 agosto 2015, veniva così definito il còmpito affidato al giudice del rinvio:
«6. Una volta accertato che il contribuente svolge un’attività economica (professionale), il giudice del merito dovrà di conseguenza verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il Reg. de minimis applicabile (artt. 2 e 3 della cit. decisione UE). A tal fine, egli dovrà: i)non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; ii)tenere presente che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 TFUE,
n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza (…);
iii)tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (…)
In difetto dei predetti presupposti di operatività della regola de minimis, il giudice del merito dovrà valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, fanno ritenere comunque compatibili gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), ovvero che si tratti di ‘aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale’ (punto 150, lett. b), sempre che sussista ‘un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in sèguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame’ (punto 136); il che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla ‘impresa’, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto)(cfr. punto 148 della decisione della Commissione).
(…)
Ovviamente, l’onere di provare le circostanze indicate ai precedenti punti 6 e 7 incombe al soggetto che invoca il beneficio. Tuttavia, l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla vincolante decisione della Commissione UE (sopravvenuta nel corso
del giudizio di appello), e la sua diretta incidenza sulla decisione della lite, nel determinare la cassazione della sentenza della commissione regionale, consentono l’esibizione, in sede di rinvio, degli ulteriori documenti necessari per l’accertamento di quei fatti che, in precedenza, non erano indispensabili ai fini della decisione, ma che ora costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica dell’UE (…)» .
Riassunto il processo dinanzi alla CTR designata, quest’ultima, con sentenza n. 10831/2021 del 6 dicembre 2021 così statuiva: «rigetta l’appello dell’Ufficio avverso la decisione dalla CTP di Catania n. 1082/2012 dep. il 3-12-2011 (recte : il 3 dicembre 2012 -n.d.r.) , che conferma. Compensa tutte le spese di lite, comprese quelle relative al giudizio di legittimità» .
Contro tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e degli artt. 56, 57 e 63, comma 4, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si censura l’impugnata sentenza per aver integralmente confermato la decisione della CTP di Catania, con la quale era stato riconosciuto alla COGNOME anche il diritto al rimborso del 90 per cento dell’IVA versata negli anni 1990 -1992.
1.2 Viene, al riguardo, posto in evidenza che detta pronuncia era stata parzialmente riformata in grado d’appello dalla CTR, la quale
aveva escluso che alla contribuente spettasse pure il diritto al rimborso dell’IVA.
1.3 La statuizione resa sul punto dal collegio regionale non era stata impugnata per cassazione dalla parte interessata, onde doveva ritenersi coperta dal giudicato interno.
1.4 Si rimprovera, inoltre, ai giudici del rinvio di non aver rilevato che nel ricorso in riassunzione la contribuente aveva inammissibilmente richiesto, a titolo di rimborso dell’IRPEF e delle ritenute alla fonte versate in esubero rispetto al dovuto, un importo maggiore di quello originariamente domandato con il libello introduttivo della lite (78.681,69 euro in luogo di 70.813,52 euro).
1.5 Il motivo è solo in parte fondato e va, pertanto, accolto, nei limiti di sèguito precisati.
1.6 Come chiaramente si ricava dalla ricostruzione della vicenda processuale contenuta nella parte narrativa della sentenza in esame, oltre che negli atti di parte del presente giudizio di cassazione (ricorso e controricorso), la CTP di Catania ebbe ad accogliere integralmente l’originario ricorso della COGNOME, la quale aveva chiesto il rimborso del 90 per cento delle somme versate a titolo di IRPEF, ritenute alla fonte e IVA negli anni 1991 e 1992.
1.7 La decisione assunta dai giudici provinciali fu però parzialmente riformata dalla CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, la quale, nel dispositivo della sentenza n. 1285/2016 del 4 aprile 2016, «condann (ò) l’Agenzia delle Entrate al rimborso del 90% delle somme versate dall’appellata a titolo di Irpef e Ritenute alla fonte per gli anni 1991 e 1992, comprensivi degli interessi maturati e maturandi» , precisando nella superiore motivazione che « (anda) va, invece, disconosciuto… il rimborso dell’IVA» .
1.8 Il «dictum» dei giudici d’appello, nella parte concernente l’IVA, non fu impugnato dalla contribuente con ricorso per cassazione (principale o incidentale), sicchè su questo capo della sentenza di secondo grado venne a formarsi il giudicato.
1.9 Alla luce di ciò, nel respingere, in sede di rinvio, l’originario appello dell’Amministrazione Finanziaria, non poteva la CTR confermare «sic et simpliciter» la sentenza di primo grado, in quanto questa era già stata parzialmente riformata con pronuncia coperta dal giudicato interno, stante l’acquiescenza prestatavi dalla contribuente.
1.10 Per il resto, la censura in esame è priva di consistenza, in quanto la violazione del divieto di «ius novorum» asseritamente commessa dalla COGNOME, quand’anche in ipotesi sussistente, non avrebbe comunque cagionato alcun concreto pregiudizio all’odierna ricorrente, essendosi i giudici del rinvio limitati a confermare, anche in tema di IRPEF e ritenute alla fonte, la sentenza di primo grado, la quale, a sua volta, non aveva quantificato in un preciso importo la somma da rimborsare a tale titolo alla contribuente.
1.11 Il dispositivo di tale ultima pronuncia, come si è visto sopra, era, infatti, del seguente tenore: «condanna l’Agenzia delle Entrate al rimborso del 90% delle somme versate dall’appellata a titolo di Irpef e Ritenute alla fonte per gli anni 1991 e 1992, comprensivi degli interessi maturati e maturandi» .
1.12 In esso, dunque, si faceva esplicito riferimento agli importi pagati dalla Fiorito a titolo di imposte, e non a quelli da lei chiesti in restituzione.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione e/o falsa applicazione dei princìpi stabiliti dalla Commissione Europea con decisione C(2015) 5549 final , nonché dell’art. 6 del Regolamento UE del 18 dicembre 2013, n. 1407 e dell’art. 2697 c.c..
2.1 Si contesta al collegio regionale di aver a torto ritenuto che l’autocertificazione prodotta dalla contribuente nel giudizio di rinvio costituisca documento idoneo a comprovare la sussistenza delle condizioni richieste dalla menzionata decisione della Commissione Europea per poter usufruire degli aiuti «de minimis» .
2.2 Il motivo è infondato.
2.3 Come evidenziato nella parte narrativa che precede, con ordinanza n. 5923/2019 del 28 febbraio 2019 questa Corte affidò ai giudici del rinvio il còmpito di accertare se la COGNOME, nella sua qualità di soggetto esercente attività d’impresa secondo l’accezione unionale, avesse diritto a beneficiare degli aiuti previsti dai regolamenti «de minimis» .
2.4 Nell’occasione, essa ebbe a precisare che i detti giudici non avrebbero dovuto «arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda (va) , essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti» .
2.5 È stato, quindi, lo stesso provvedimento cassatorio a individuare l’autocertificazione come documento non soltanto idoneo, ma addirittura «indispensabile» per dimostrare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto invocato dal contribuente.
2.6 Fermo quanto precede, sul tema trattato nel motivo in scrutinio questa Corte è recentemente intervenuta affermando il seguente principio di diritto: «In tema di rimborso di imposta previsto dalla normativa per il Sisma Sicilia 1990, in deroga alle disposizioni processuali nazionali, il contribuente è ammesso a provare mediante autodichiarazione il rispetto della disciplina de minimis, con riguardo al limite degli aiuti di Stato, fino alla data di piena funzionalità del registro centrale degli aiuti di Stato -di cui al §2 dell’art. 6 del Regolamento UE/1407/13 e all’art. 52 della l. n 234 del 2012individuata al 31 maggio 2017, coincidente con l’entrata in vigore del regolamento sul funzionamento del prefato registro con d.m. n. 115 del 2017» (cfr. Cass. n. 34530/2024).
2.7 Alla luce di tale «regula iuris» , deve escludersi la configurabilità
del prospettato «error in iudicando» .
In definitiva, va accolto, per quanto di ragione, il primo motivo di ricorso e respinto il secondo.
3.1 L’impugnata pronuncia deve essere, conseguentemente, cassata nella parte in cui, confermando la decisione di primo grado, ha violato il giudicato interno formatosi sull’insussistenza del diritto della contribuente al rimborso del 90 per cento delle somme corrisposte a titolo di IVA negli anni 1991 e 1992.
3.2 Al vizio rilevato non può porsi rimedio mediante la correzione della motivazione ai sensi degli artt. 384, ultimo comma, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, non essendo conforme a diritto il dispositivo della sentenza.
3.3 Poiché, peraltro, non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere, sul punto, decisa nel merito, a norma degli artt. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit., dandosi atto che sulla domanda di rimborso dell’IVA rimane ferma la statuizione resa dalla CTR con sentenza n. 1285/2016 depositata il 4 aprile 2016 (per un’analoga fattispecie cfr. Cass. n. 14178/2016).
3.4 Le spese dell’intero processo, da regolare «ex novo» in conseguenza della disposta parziale cassazione della sentenza gravata, possono essere compensate interamente fra le parti, sulla scorta di una valutazione complessiva dell’esito della lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, respinto il secondo; cassa la sentenza impugnata, in relazione alla censura accolta, e, decidendo sul punto la causa nel merito, dà atto che sulla domanda di rimborso dell’IVA rimane ferma la statuizione resa dalla Commissione Tributaria Regionale con sentenza n. 1285/2016 depositata il 4 aprile 2016; compensa interamente fra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione