Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6064 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6064 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/03/2025
APPELLO SPESE GIUDIZIO IMPUGNAZIONE ESTRATTO RUOLO GIUDICATO INTERNO ESPLICITO
sul ricorso iscritto al n. 11297/2023 del ruolo generale, proposto
DA
NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, nata a Roma il 5 dicembre 1972 ed ivi residente alla INDIRIZZO rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. Avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– RICORRENTE –
CONTRO
la REGIONE LAZIO (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Presidente pro tempore , con sede in Roma, alla INDIRIZZO
per la cassazione della sentenza n. 1616/16/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, depositata in data 23 marzo 2023, non notificata.
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 26 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con l’impugnata sentenza la Corte di giustizia di secondo grado del Lazio, decidendo sull’appello proposto dalla contribuente contro la pronuncia n. 5463/17/2021 della Commissione tributaria provinciale di Roma, limitatamente alla spese di giudizio reputate essere state liquidate in misura inferiore al dovuto, lo rigettava, ritenendo, in base alla ragione ritenuta più liquida, che l’originaria domanda, avente ad oggetto l’impugnazione di varie cartelle di pagamento di cui ai cinque estratti di ruolo prodotti, fosse inammissibile alla luce del nuovo contesto normativo qualificato dall’art. 3 -bis d.l. n. 146/2021, convertito dalla legge n. 212/2021 e della pronuncia della Corte di Cassazione, resa a Sezioni Unite, n. 26283/2022.
Con atto notificato in data 20 maggio 2023, NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione contro la menzionata pronuncia, articolando un unico motivo d’impugnazione.
La Regione Lazio è restata intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la contribuente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., contestando la valutazione della Corte territoriale nella parte in cui aveva rilevato di ufficio l’inammissibilità del
ricorso, dimenticando che il primo Giudice aveva espressamente riconosciuto la sussistenza dell’interesse ad agire della ricorrente ed aveva così accolto il ricorso della stessa, mentre la Regione Lazio non aveva impugnato la sentenza di primo grado.
Per tale via, l’istante ha rappresentato che la questione dell’interesse ad agire doveva considerarsi coperta dal giudicato interno, lamentando infine che nessuna pronuncia era stata offerta sull’unico motivo di appello proposto dalla contribuente e concernente la liquidazione delle spese di giudizio.
2. Il motivo di impugnazione va accolto.
I fatti dedotti dalla ricorrente risultano pacifici, vale a dire, da un lato, che la Commissione tributaria provinciale di Roma aveva accolto il ricorso della contribuente espressamente riconoscendo l’interesse della stessa « ad esperire, attraverso l’impugnazione del ruolo, azione di accertamento negativo della pretesa dell’amministrazione » (così a pagina n. 2 della sentenza di primo grado, riportata nel ricorso) e, dall’altro, che la Regione Lazio non aveva impugnato detta pronuncia, mentre il motivo di gravame proposto dalla ricorrente concerneva la liquidazione delle spese di giudizio.
In tale contesto fattuale, deve, allora, ribadirsi quanto già sostenuto da questa Corte e cioè, in sintesi, che:
-in tema di impugnazione dell’estratto di ruolo, l’applicabilità, anche nei giudizi pendenti, dell’art. 12, comma 4bis d.P.R. n. 602/1973 (introdotto con l’art. 3bis d.l. n. 146/2021, convertito dalla legge n. 215/2021), e della configurazione assunta dall’interesse ad agire in virtù della
norma sopravvenuta, rilevante, secondo una concezione dinamica, fino al momento della decisione, trova il suo limite nell’espresso giudicato interno sulla sussistenza dell’interesse;
se la sentenza di accoglimento dell’opposizione ad una cartella di pagamento invalidamente notificata e conosciuta dall’opponente solo attraverso un estratto di ruolo è impugnata soltanto per la statuizione sulle spese, lo ” ius superveniens ” di cui all’art. 12, comma 4bis , d.P.R. n. 602/1973 – in forza del quale l’azione e l’impugnazione sarebbero state inammissibili -non può incidere sulle statuizioni coperte dal giudicato, ma può semmai rilevare ai fini dell ‘eventuale decisione di compensazione dei costi della lite.
Rinviando ai contenuti delle pronunce che si richiamano va, nella presente sede, evidenziato che il tema dell’ammissibilità dell’opposizione, e quindi dell’anticipato “bisogno di tutela” giurisdizionale ( id est , dell’interesse ad agire), essendo stato espressamente riconosciuto dal primo giudice in termini non più controvertibili « non può essere “plasmato” dalla norma sopravvenuta. In caso contrario, infatti, si finirebbe col riconoscere ad essa – che non è “norma di interpretazione autentica”, visto (ndr che) non “assegna ad altra disposizione un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (come chiarisce Cass. Sez. Un., sent. n. 26283 del 2022, cit.) – un attributo, l’idoneità a superare il giudicato, che non connota, per vero, neppure tali norme (sul giudicato quali limite di operatività delle norme di interpretazione autentica si veda, da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 27 maggio 2019, n. 14423, Rv.653980-01)» (così Cass. n. 4448/2023).
Per quanto più direttamente occupa il caso in rassegna, va ribadito quanto già chiarito da questa Corte in fattispecie del tutto analoga e cioè che:
-non assume più rilievo il tema dell’inammissibilità del ricorso in forza dello ius superveniens , perché su tale questione si era già formato il giudicato in esito alla decisione di primo grado, giacchè l’impugnazione ha riguardato esclusivamente la regolazione delle spese del giudizio;
-l’impugnazione della sola decisione sulle spese scinde il legame di accessorietà della relativa statuizione con l’opposizione esperita avverso il contenuto dell’estratto di ruolo e la formazione di res iudicata su quest’ultima impedisce il sindacato sull’interesse alla proposizione dell’azione;
-il riconoscimento dell’autonomia della statuizione sulle spese in caso di sua autonoma impugnazione trova autorevole conferma nella sentenza n. 77/2018 della Corte Costituzionale secondo cui « se il giudice decide totalmente il merito della causa, accogliendo o rigettando tutte le domande, emette una sentenza definitiva, alla quale si accompagna la pronuncia sulle spese di lite, che ha «natura accessoria» rispetto alla decisione sul merito. Non di meno però la decisione sulle spese di lite ha una sua distinta autonomia nella misura in cui è possibile l’impugnativa di questo solo capo della sentenza definitiva sicché, in tale evenienza, il giudizio di impugnazione è destinato ad avere ad oggetto la sola regolamentazione delle spese di lite. Questo legame di accessorietà della pronuncia sulle spese alla sentenza che decida tutte le questioni di merito non è quindi indissolubile » (v. Corte Cost. n. 77/2018 richiamata da Cass. n. 3812/2023);
poiché deve ritenersi formata la cosa giudicata ex art. 2909 c.c. sul merito e, dunque, sull’ammissibilità e fondatezza dell’opposizione proposta, lo ius superveniens non scalfisce le relative statuizioni, né l’art. 12, comma 4 -bis , d.P.R. n. 602/1973 assume rilievo diretto sulla controversia de qua , che è sì pendente, ma ha u n thema decidendum limitato alla decisione sulle spese;
-«l’esclusione di una diretta applicabilità della norma sopravvenuta non significa, però, che la disposizione -la cui finalità e importanza sono illustrate nella menzionata decisione delle Sezioni Unite -non possa avere una sua indiretta rilevanza sulla decisione relativa alle spese del giudizio», giacchè « lo ius superveniens costituisce valida ragione per sterilizzare la pretesa di spese avanzata per l’impugnazione ‘diretta’ di un estratto di ruolo ( rectius, del suo contenuto), che -in virtù dell’art. 12, comma 4 bis , del d.P.R. n. 602 del 1973 -sarebbe stata dichiarata inammissibile (statuizione preclusa dal giudicato formatosi sul merito dell’azione)» (così Cass. n. 3812/2023 cit.).
Tale ordine di idee è stato di recente ribadito da questa Corte, la quale ha riconosciuto la non rilevabilità di ufficio della suindicata questione dell’interesse ad agire nelle ipotesi in cui « sul punto della ‘legittimità di impugnazione dell’estratto di ruolo’, testualmente affermata dalla sentenza impugnata, è sceso il giudicato esplicito, per mancata impugnazione: ragion per cui il legittimo incardinamento del giudizio non può più essere (ri)messo in discussione, men che meno d’ufficio (cfr., analogamente, di recente, Cass. n. 4448 del 2023)» (così Cass. n. 33103/2024, in linea con Cass. 30952/2024 che, in un caso contrario a quello in esame, ha ritenuto ammissibile la verifica di ufficio dell’interesse ad agire «in difetto di
un’espressa pronuncia dei giudici di merito sulla questione dell’impugnabilità dell’estratto di ruolo»).
Alla luce dei principi illustrati, ricorre, nella specie, sia la violazione del giudicato sia l’omessa pronuncia sull’unico motivo di appello concernente la liquidazione delle spese di giudizio adottata dal giudice di primo grado.
Consegue a tanto che il ricorso va accolto e, per l’effetto, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio – in diversa composizione – per la decisione sul motivo di appello, nonché per regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -in diversa composizione -anche per regolare le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26