Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14962 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14962 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 13565/2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME Valgiurata, rappresentata e difesa, per procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso quest’ultima in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 8040/27/2020 della Commissione tributaria
Provinciale di Napoli, depositata il 18 novembre 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Il 27 settembre 2001 Credito RAGIONE_SOCIALE presentò all’amministrazione finanziaria un’istanza di rimborso per l’Irpeg a credito risultante dalla dichiarazione dei redditi 1996.
Il silenziodiniego dell’Ufficio fu impugnato dalla contribuente innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che, con sentenza n. 240 del 14 dicembre 2006, accolse la domanda.
Formatosi il giudicato su tale sentenza, e nell’inerzia dell’amministrazione, la società propose ricorso in ottemperanza ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 546/1992, all’epoca vigente ; la C.T.P. di Napoli, investita del ricorso, lo dichiarò inammissibile con sentenza n. 14548 del 15 luglio 2016, poiché l’atto di messa in mora dell’Erario, previsto come condizione di proponibilità della domanda dal comma 2 dell’art. 70 citato, non era stato notificato a mezzo di ufficiale giudiziario.
Dopo aver provveduto alla notifica di un nuovo atto di messa in mora, la società propose un secondo ricorso in ottemperanza che la C.T.P. respinse con sentenza n. 17905 del 10 novembre 2017, osservando che mancava in atti la prova della precedente notifica, che, quantunque considerata irrituale dalla sentenza del 2016 ai fini della messa in mora dell’Erario, costituiva l’unico atto di interruzione della prescrizione; la C.T.P., conseguentemente, ritenne che il diritto al rimborso si fosse prescritto per decorso del termine di dieci anni a far data dal giudicato sull’accoglimento della domanda di rimborso .
La società provvide allora alla notifica di un terzo atto di messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario, con successivo e nuovo ricorso in ottemperanza ; quest’ultimo fu dichiarato inammissibile dalla C.T.P. con la sentenza indicata in epigrafe, rilevando che sull’azione di ottemperanza si era ormai formato il giudicato.
Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di un unico motivo.
L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
Considerato che:
1. L’unico motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 70 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 2909 cod. civ.
La ricorrente assume che la C.T.P. avrebbe errato nel ritenere sussistente un giudicato sulla sua pretesa, osservando che le precedenti decisioni, di inammissibilità e rigetto, erano motivato dal rilievo del difetto di un presupposto processuale per dar luogo all’ottemperanza e non erano , pertanto, idonee a fondare il giudicato esterno.
2. In via preliminare, va osservato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, l’art. 70 del d.lgs. n. 546/1992 -a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per ‘ violazione delle norme del procedimento ‘ -dev’essere interpretato nel senso di consentire il sindacato di legittimità non soltanto sulla violazione delle norme che disciplinano il predetto giudizio, ma anche su ogni altro error in procedendo nel quale sia potuto incorrere il giudice dell ‘ ottemperanza, ivi compreso l’ omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (cfr. Cass. n. 14642/2019; Cass. n. 23487/2018; Cass. n. 8830/2014; Cass. n. 3057/2008).
Ne deriva l’ammissibilità del presente ricorso, con il quale la contribuente ha denunziato, essenzialmente, l’erroneo rilievo della sussistenza di un giudicato ostativo alla sua domanda.
2.1. Ciò posto, il motivo non è fondato.
La contribuente sostiene che le due sentenze della C.T.P. di Napoli che hanno deciso sui suoi precedenti ricorsi in ottemperanza -ritenendo il primo inammissibile e il secondo infondato -non erano suscettibili di acquisire l’autorità di cosa giudicata so stanziale ai sensi dell’art. 2909 cod. civ, « in quanto sentenze a contenuto processuale, non emesse in esito a un procedimento di cognizione piena accertativa di un diritto, bensì in esito a un procedimento di ottemperanza, il cui fine è l’attuazione dell’ obbligo fissato giudizialmente ».
2.2. Tale assunto non può essere condiviso.
In primo luogo, il ricorrente parrebbe attribuire al giudizio di ottemperanza una natura esclusivamente attuativa di un pregresso comando giudiziale, sostanzialmente corrispondente al contenuto del giudizio di esecuzione.
Questa Corte, tuttavia, ha chiarito che il giudizio di ottemperanza, e in particolare quello tributario, ha una « peculiare natura attuativa », differenziandosi dal corrispondente giudizio esecutivo civile « perch é́ il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo , compiendo gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della sentenza » (così, in motivazione, Cass. n. 669/2025 e Cass n. 16569/2019; in precedenza si vedano anche Cass. n. 646/2012; Cass. n. 20202/2010; Cass. n. 4126/2004).
Pertanto, se il potere del giudice dell ‘ ottemperanza sul comando definitivo inevaso va necessariamente esercitato entro i confini invalicabili posti dall ‘ oggetto della controversia definita con il giudicato (cd. «carattere chiuso del giudizio di ottemperanza»), è altrettanto vero che lo stesso giudice deve enucleare e precisare il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendone il reale significato e, se il comando non risulta ben definito, compiere un’attivit à̀ cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza definitiva che non è , invece, consentita nel giudizio esecutivo civile (così, fra le altre, Cass. n. 15827/2016).
Pertanto, il giudice dell’ottemperanza ha sempre il potere (e il dovere) di procedere agli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare e, soprattutto, di verificarne tutti i presupposti.
Ciò significa che, nel caso di specie, il giudice doveva verificare la sussistenza di tutte le condizioni che determinavano il rimborso da erogare, sostituendosi all’Amministrazione nell’attività di accertamento dei relativi presupposti.
2.3. In questo senso, occorre dar conto del fatto che, con la seconda sentenza resa sul ricorso in ottemperanza della contribuente (la decisione n. 17905 del 10 novembre 2017), la C.T.P. ha rigettato la domanda rilevando che era intervenuta la prescrizione del diritto fatto valere, essendo decorso il termine di dieci anni decorrente dalla sentenza di condanna di cui a ll’art. 2953 cod. civ .
In quella sede, in particolare, i giudici adìti hanno rilevato che la contribuente non aveva dato prova di aver validamente interrotto tale termine di prescrizione dopo che si era formato il giudicato affermativo sulla sentenza che ne aveva affermato diritto al rimborso.
2.4. Una tale statuizione, attenendo a uno dei presupposti per la sussistenza del diritto sostanziale fatto valere, è connotata da quel carattere di ‘immutabilità del caso deciso’ che sintetizza, secondo la comune opinione degli interpreti, il precetto affermato dall’art. 2909 cod. civ. , secondo cui l’ accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato «fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa».
Per il tramite di essa, infatti, l ‘afferma ta prescrizione del diritto della società contribuente ad ottenere il rimborso è divenuta opponibile dall’Amministrazione in qualsiasi altro giudizio promosso dalla stessa società o da un suo avente causa, essendo unico il fatto generatore di tale rilievo, identificato con il tempo decorso dal momento in cui la sentenza che riconosceva il diritto al rimborso era divenuta irrevocabile.
2.5. D’altro canto, ove avesse voluto contestare tale statuizione, la contribuente avrebbe dovuto proporre impugnazione avverso di essa.
Questa Corte, proprio con riferimento alla prescrizione ex art. 2953 cod. civ. del diritto al rimborso rilevata dal giudice dell’ottemperanza , ha affermato che la parte soccombente può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. per violazione di legge, trattandosi, come si è detto, di rimedio ammesso anche con riferimento alla legge regolatrice del rapporto sostanziale controverso, e quindi senz’altro esperibile in relazione alla prescrizione del diritto, proprio in quanto attinente a detto rapporto (in tal senso, Cass. n. 33039/2019; in precedenza, Cass. n. 8752/2008).
Conseguentemente, la scelta della contribuente di proporre un nuovo giudizio di ottemperanza era destinata ad arrestarsi di fronte al rilievo del giudicato intervenuto sulla prescrizione del diritto.
In conclusione, il ricorso è meritevole di essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo pari al contributo unificato previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un importo pari al contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 aprile 2025.