Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21100 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21100 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13842/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO);
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia, sede di BARI, n. 2516/2020 depositata il 20/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE Lecce ha notificato la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA a seguito dell’iscrizione a ruolo da parte dell’Agenzia delle Entrate della somma complessiva di € 337.231,14 per imposta di registro, ipotecaria, interessi e sanzioni a carico della società RAGIONE_SOCIALE quale obbligata in solido, a seguito di un atto di compravendita di un compendio immobiliare intervenuto tra essa società (parte acquirente) e i Sig.ri COGNOME (parte venditrice).
Avverso tale cartella di pagamento, la RAGIONE_SOCIALE ha depositato ricorso dinnanzi alla competente Commissione tributaria, eccependo:
in via pregiudiziale, l ‘inesistenza della notifica;
-la carenza di motivazione dell’atto impugnato;
nel merito, l ‘applicazione dell’eventuale giudicato favorevole relativo al giudizio promosso dalla parte venditrice
Con sentenza n. 3600/2014, depositata il 29/10/2014, la CTP di Lecce, ha accolto parzialmente il ricorso, in conseguenza del parziale accoglimento del ricorso n. 901/10 deciso alla medesima udienza, con riduzione del valore del compendio ad € 711.546,12.
Avverso la sentenza della CTP di Lecce, l ‘Agenzia delle Entrate ha proposto appello eccependo che il ricorso avverso la cartella fosse illegittimo, in quanto la stessa era stata emessa a seguito di sentenza definitiva riguardante l’impugnazione avverso l’avviso di rettifica e liquidazione dell’atto del registro rep. N. 1361 serie 1T proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE
La RAGIONE_SOCIALE si è costituita in appello invocando l’applicazione dell’art. 1306 c.c., in considerazione della favorevole sentenza della CTP di Lecce – Sez. n. 4 – n. 3601/14, con la quale i giudici tributari, accogliendo parzialmente il ricorso dei coobbligati in solido Sig.ri COGNOME avevano disposto la rideterminazione
dell’imposta sulla scorta del valore attribuito all’immobile compravenduto a seguito del giudizio determinato in € 711.546,12.
La CTR di Puglia, con sentenza n. 2516 del 20 novembre 2020, ha accolto l’appello.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente, in violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.lgs. n. 546 del 1992 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c. , in quanto la motivazione sarebbe meramente apparente.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, c.p.c., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
1.3. Nella fattispecie, le CTR ha chiaramente espresso, seppur in forma sintetica, le proprie ragioni, affermando che ‘Nel caso di specie l’impugnata cartella è stata emessa a seguito della definitività della sentenza della Commissione tributaria Provinciale di Lecce n.705/03/2010. perfezionatasi per mancanza di impugnazione. Ne consegue come ‘il rapporto tributario’ debba essere ritenuto ‘esaurito’.
1.4. Non può dunque ritenersi sussistente alcun vizio motivatorio, atteso che il percorso logico è chiaramente comprensibile e vi è il riferimento specifico alla decisione di riferimento.
1.5. La censura va respinta.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c. in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 4 c. p.c., in merito all’applicazione dell’art. 1306 c.c.
2.1. Essendo l’obbligazione tributaria solidale con i venditori (i sig.ri COGNOME), la contribuente avrebbe dovuto beneficiare della sentenza favorevole ottenuta da questi ultimi, che aveva ridotto il
valore del compendio immobiliare e, di conseguenza, l’imposta dovuta, in base al disposto di cui all’art. 1306 c.c., che prevede l’estensione degli effetti favorevoli di una sentenza anche ai coobbligati solidali, a meno che la sentenza non sia fondata su ragioni personali al condebitore. Nonostante la specifica richiesta di applicazione dell’art. 1306 c.c., la CTR avrebbe completamente omesso di pronunciarsi sul punto.
2.2. Il motivo deve ritenersi implicitamente rigettato dalla CTR in quanto si era formato un giudicato sfavorevole per la parte, sicché non era invocabile il giudicato favorevole ottenuto dal condebitore.
Ed invero, l’aver rilevato l’origine dell’accertamento nella sentenza della Commissione tributaria Provinciale di Lecce n. 705/03/2010 determina ex se la incompatibilità di un accoglimento del motivo di appello di cui si contesta (ora) l’omess o esame.
2.3. Sulla sostanza della questione, inoltre, la Corte ha ripetutamente rilevato che non è dubbia l’applicabilità all’obbligazione solidale tributaria dell’art. 1306, c. 2, c .c. (v., altresì, Corte Cost., 21 luglio 1988, n. 870; Corte Cost., 17 dicembre 1987, n. 544), posto che la regolamentazione delle obbligazioni solidali tributarie va tratta, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053), ma che l’applicazione di de tta disposizione codicistica, – della quale si è rilevato che «non ha valore di norma sulla struttura dell’obbligazione solidale (ossia un valore sostanziale), ma detta una regola speciale direttamente riguardante il funzionamento processuale del meccanismo della solidarietà, operando un distacco delle vicende processuali da quelle sostanziali.» (Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053), – trova, quindi, un limite nel giudicato (sfavorevole) che eventualmente si sia formato nei confronti del debitore solidale che ne invochi l’applicazione , l’effetto estensivo del giudicato (favorevole) rimanendo, così, impedito (proprio) dall’avvenuta definizione (con
forza di giudicato) dell’obbligazione gravante su uno dei coobbligati solidali (cfr., ex plurimis, Cass., 14 aprile 2020, n. 7792; Cass. 27 dicembre 2018, n. 33436; Cass., 9 febbraio 2018, n. 3204; Cass., 5 luglio 2017, n. 16560; e, in tema di Invim, Cass., 9 dicembre 2008, n. 28881; Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053).
2.4. Nel caso di specie, dunque, il principio non poteva trovare in ogni caso applicazione, per la ragione -esplicitata dalla CTR -che l’accertamento traeva origine da un giudicato sfavorevole.
2.5. La censura non può dunque essere accolta.
Con il terzo motivo di ricorso, la contribuente si lamenta la violazione dell’art. 1306 c.c. in combinato disposto con l’art. 1292 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Avendo i coobbligati in solido già pagato l’imposta di registro rideterminata a seguito di una sentenza favorevole, anche la RAGIONE_SOCIALE dovrebbe essere considerata liberata dall’obbligo di pagamento.
3.1. La censura non merita accoglimento.
3.2. Anche se si fa riferimento al pagamento eseguito dal condebitore, la prospettazione rimane sostanzialmente sempre quella della liberazione definitiva in ragione dell’estinzione dell’obbligazione tributaria in capo alla ricorrente.
3.3. In questi termini il motivo di ricorso è infondato perché erroneamente si invoca il giudicato esterno in presenza di un proprio giudicato sfavorevole, non consentito proprio alla luce della giurisprudenza già richiamata con riguardo al motivo che precede.
3.4. Infatti, alla luce di quanto assunto nel controricorso, ove si deduce che il giudicato sfavorevole si fosse formato a seguito di pronuncia di inammissibilità del ricorso, deve ancora sottolinearsi anche che in tema di solidarietà tributaria, il principio che il coobbligato d’imposta può avvalersi del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da un altro obbligato, secondo la regola generale stabilita dall’art. 1306 c.c., opera sempre che non si sia già formato un diverso
giudicato. Pertanto, il coobbligato non può invocare a proprio vantaggio la diversa successiva pronuncia emessa nei riguardi di altro debitore in solido, nel caso in cui egli non sia rimasto inerte, ma abbia a propria volta promosso un giudizio già conclusosi (in modo a lui sfavorevole) con una decisione avente autonoma efficacia nei suoi confronti. A tale proposito, si rende irrilevante distinguere fra pronunce di merito e pronunce meramente processuali (nella specie, il ricorso proposto dal coobbligato era stato dichiarato inammissibile per tardività; v. Cass., 14 dicembre 2020, n. 28399; Cass., 11 aprile 2011, n. 8169; Cass., 7 settembre 2004, n. 18025; Cass., 9 aprile 2003, n. 5595; Cass., 27 settembre 2002, n. 13997).
3.5. Anche il terzo motivo va quindi rigettato.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 10, comma 1, della legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, comma primo, n.3 c.p.c.: l’Agenzia delle Entrate, in virtù del principio di collaborazione e buona fede, avrebbe dovuto considerare il pagamento effettuato dai sig.ri COGNOME e scomputare le somme.
Con il quinto motivo di ricorso, la società ricorrente contesta la violazione dell’art. 163 del d.p.r. n. 917 del 22 dicembre 1986 (TUIR), in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. L’Agenzia delle Entrate dovrebbe rideterminare l’importo richiesto alla società, detraendo la somma di € 39.264,37 già versata da i coobbligati (i sig.ri COGNOME): in ragione del divieto di doppia imposizione, l’adempimento del condebitore andava considerato per ridurre l’importo portato dalla cartella.
Tali motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la stretta correlazione, e risultano inammissibili.
6.1. Difatti, si sottopone a questa Corte una questione nuova, né esaminata dalla CTR, né dedotta nello stesso giudizio di merito (o, almeno, della relativa proposizione, nel corso del giudizio di merito, la
parte non dà alcun conto nella stessa esposizione dei fatti di causa oltreché nei due motivi).
6.2. Non è dato sapere, invero, se c’è stato l’adempimento del condebitore e se è stato eseguito in termini satisfattivi e liberatori: accertamenti tutti di natura fattuale preclusi in sede di legittimità.
6.3. Il giudizio di cassazione ha, per sua natura, la funzione di controllare la difformità della decisione del giudice di merito dalle norme e dai principi di diritto, sicché sono precluse non soltanto le domande nuove, ma anche nuove questioni di diritto, qualora queste postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito che, come tali, sono esorbitanti dal giudizio di legittimità. (Cass., 5 luglio 2023, n. 19098; Cass., 12 giugno 2018, n. 15196; Cass., 6 giugno 2018, n. 14477; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319; Cass., 31 gennaio 2006, n. 2140; Cass., 7 agosto 2001, n. 10902; Cass., 12 giugno 1999, n. 5809; Cass., 29 marzo 1996, n. 2905).
6.4. I motivi nn. 4 e 5 sono dunque inammissibili.
In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000,00 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/04/2025.