Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8291 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 8291 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 15338/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO; -ricorrente –
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma è domiciliata alla INDIRIZZO – controricorrente – avverso la sentenza n. 7770/17/18 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio – Roma, depositata in data 12/11/2018; udita la relazione della causa svolta dal dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza del 24 gennaio 2025;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi l’ Avvocato NOME COGNOME per RAGIONE_SOCIALE e l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Agenzia delle Entrate;
Fatti di causa
Il 16 febbraio 2006 RAGIONE_SOCIALE (di seguito, ‘RAGIONE_SOCIALE ‘ ) acquistò dalla società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per conto del fondo comune di investimento immobiliare RAGIONE_SOCIALE ( ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ) un centro commerciale sito nel comune di Bologna denominato RAGIONE_SOCIALE, versando un corrispettivo pari ad euro 48.300.000.
Poiché i fondi comuni di investimento immobiliare non possono acquisire la proprietà di un’azienda commerciale e provvedere alla sua gestione, in ossequio all’art. 12 bis del d.m. n. 228 del 1999, RAGIONE_SOCIALE costituì RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ), facendo entrare nel capitale sociale della neocostituita società, per il 90%, anche RAGIONE_SOCIALE, che conferì l’azienda commerciale relativa al RAGIONE_SOCIALE.
Successivamente, RAGIONE_SOCIALE cedette a RAGIONE_SOCIALE la propria partecipazione in RAGIONE_SOCIALE così che l’acquirente detiene la totalità del capitale sociale di quest’ultima società.
Successivamente, RAGIONE_SOCIALE stipulò per conto del Fondo comune di investimento immobiliare IRS un contratto di locazione con RAGIONE_SOCIALE, con cui quest’ultima divenne locataria del complesso immobiliare dietro il riconoscimento di un canone annuo composto da una quota fissa di euro 1.600.000 e da una quota variabile pari al 98% dell’eventuale differenza tra l’importo complessivo dei canoni di locazione versati a RAGIONE_SOCIALE dai titolari degli esercizi commerciali situati nel centro commerciale e la quota fissa di 1.600.000 euro del canone aumentata di euro 120.000.
A sua volta, RAGIONE_SOCIALE stipulò con i titolari di ciascuno degli esercizi commerciali altrettanti contratti di locazione con cui concesse loro in affitto gli spazi commerciali da essi utilizzati.
Nel giugno 2014, l’Agenzia delle Entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE un invito a comparire allo scopo di spiegare una variazione in diminuzione esposta nel Modello Unico 2010 presentato per l’anno d’imposta 2009, per un importo pari ad euro 950.000.
Il rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (l’odierna contribuente) spiegò che la variazione in diminuzione rappresentava una sopravvenienza attiva, non tassabile ai sensi dell’art. 88, comma quarto, Tuir, in quanto trattasi di rinuncia del socio (fondo IRS) a parte dei propri crediti derivanti dal canone di locazione dovuto dalla RAGIONE_SOCIALE, spiegando inoltre che detta rinuncia si era resa necessaria per evitare la perdita del capitale sociale con la conseguente messa in liquidazione della società
Il 15 ottobre 2014, l’Agenzia delle Entrate notificò a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento e contestuale irrogazione di sanzioni, con il quale contestò, per il 2009, l’indeducibilità del canone di locazione corrisposto al fondo IRS fino a concorrenza dell’importo di 950.000 euro oggetto di rinuncia, accertando anche una maggiore iva detratta sull’importo di locazione oggetto di rinuncia.
L’Ufficio, sul presupposto fattuale della sostanziale unicità del centro economico facente capo a RAGIONE_SOCIALE rispetto all’azienda condotta in locazione da RAGIONE_SOCIALE, rilevò una condotta di abuso del diritto
nella deduzione dalla base imponibile dell’intero importo del canone per il 2009, salvo poi iscriverne la parte oggetto di rinuncia tra le sopravvenienze attive non tassabili, ai sensi dell’art. 88, comma quarto, Tuir.
Impugnato l’avviso di accertamento e di contestazione delle sanzioni, la C.T.P. di Roma, nel contraddittorio con l’ufficio, rigettò il ricorso.
La sentenza di primo grado fu confermata dalla C.T.R. del Lazio su appello della società contribuente, nel contraddittorio con l’Ufficio.
Avverso la sentenza di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a dieci motivi.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
La società contribuente ha depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
1.Rileva il Collegio che, ai fini della decisione della causa, è dirimente l’esame d i quanto rappresentato al punto n. 2 della memoria difensiva depositata dalla contribuente in vista dell’udienza pubblica , con i relativi allegati.
La contribuente ha dedotto che ‘nelle more del presente giudizio’ , la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. 4421/7/2017 pronunciata il 3 aprile 2017 e depositata il 17 luglio 2017 e con la successiva sentenza n. 4631/9/2019, pronunciata il 13 giugno 2019 e depositata il 25 luglio 2019, entrambe passate in giudicato in quanto non impugnate dall’Agenzia delle Entrate, ha annullato gli avvisi di accertamento TK3036100 822 per il periodo d’imposta 2008 e TK3036102606 per il periodo d’imposta 2010, riconoscendo la piena deducibilità dei canoni di locazione corrisposti da COGNOME in tali periodi d’imposta e la detraibilità dell’iva assolta in relazione a tali canoni.
L’effetto espansivo esterno di tali giudicati, secondo la contribuente, sarebbe quello di determinare l’annullamento anche dell’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO/2014 oggetto del presente giudizio.
1.1. L’eccezione di giudicato esterno è inammissibile con riferimento alla sentenza della C.T.R. n. 4421/7/2017, mentre è fondata con riferimento alla sentenza della C.T.R. n. 4631/9/2019.
La prima delle indicate sentenze, infatti, era passata in giudicato già prima dell’udienza di discussione della presente causa in appello, sicché lo strumento processuale per denunciare il bis in idem con riferimento alla sentenza del 2017 avrebbe dovuto essere il ricorso per revocazione della sentenza qui impugnata, ai sensi dell’art. 395, n. 5) c.p.c.
Peraltro, l’odierna ricorrente non ha dedotto che la circostanza del passaggio in giudicato della sentenza del 2017 era stata rappresentata al giudice di appello a quo o che, comunque, essa risultava dagli atti del giudizio di merito, sicché non sarebbe nemmeno possibile il rilievo d’ufficio, da parte del Collegio, di tale giudicato (cfr. Cass., n. 15846/2023; Cass., n. 12754/2022; Cass., n. 1534/2018).
Il giudicato fondato sulla sentenza del 2019, invece, essendosi formato dopo il deposito della sentenza impugnata e dopo la proposizione del ricorso per cassazione contro la stessa, è stato correttamente dedotto e documentato nel presente giudizio di legittimità.
Venendo ora alla portata del giudicato fatto valere, questa Corte ha da tempo affermato il principio secondo il quale qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di
diritto accertato e risolto. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, non opera rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (quali le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente ( ex coeteris , Cass., sez. 5, n. 9512/2009).
Orbene, in aderenza al principio di diritto enunciato, deve rilevarsi che, nel caso di specie, la richiamata sentenza della C.T.R. n. 4631/9/2019, resa tra le stesse parti, ha annullato la ripresa fiscale per Ires e Iva, in relazione all’anno 2010 , che l’amministrazione finanziaria aveva fondato sugli stessi presupposti di fatto e di diritto sui quali aveva fondato la ripresa fiscale, per le stesse imposte, in relazione all’anno 2009.
In particolare, i presupposti di fatto e di diritto comuni alle due riprese fiscali sono il contratto di locazione immobiliare e il carattere elusivo ed antieconomico della misura del canone di locazione che l’odierna contribuente era obbligata a versare alla locatrice.
L’identità del canone di locazione contrattualmente convenuto, che la contribuente era obbligata a versare sia per il 2009 che per il 2010, e l’identità del rapporto giuridico intercorrente tra l’odierna contribuente e la parte locatrice sia nel periodo d’imposta 2009 che nel periodo d’imposta 2010 fa sì che il giudicato favorevole alla contribuente, formatosi in relazione all’anno 2010, che ha escluso la natura elusiva ed antieconomica del canone inter partes convenuto, estenda la sua efficacia oggettiva anche con riferimento alla ripresa fiscale esercitata in relazione all’anno 2009, travolgendola.
Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e la decisione nel merito della causa, con l’annullamento dell’atto impositivo impugnato in prime cure.
Atteso l’andamento complessivo del giudizio, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese dei giudizi di merito, mentre le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla l’atto impositivo impugnato in prime cure.
Compensa integralmente le spese dei giudizi di merito.
Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro settemilaseicentocinquanta per compenso, oltre al rimborso delle spese generali, iva e cpa come per legge, ed oltre ad euro duecento per spese vive.
Così deciso, in Roma, il 24 gennaio 2025.