Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34755 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34755 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22837/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
LA CORTE RAGIONE_SOCIALE -intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELL’EMILIA ROMAGNA n. 227/2022 depositata il 20/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa
La Corte San Geminiano impugnava l’avviso di accertamento mediante il quale l’Agenzia delle Entrate procedeva a recuperare, per l’anno 2011, ai sensi degli artt. 40 e 41 -bis d.P.R. n. 600 del
1973, e art. 54, comma 4, d.P.R. n. 633 del 1972, importi ai fini Ires, Irap e Iva. Irap e IVA. In particolare, venivano rettificate con l’avviso le rimanenze finali, venivano recuperati a tassazione costi non deducibili in quanto concernenti arredi non inerenti e, infine, veniva imputata una sopravvenienza attiva correlata a fattura da ricevere, ma non ricevuta.
La ripresa fiscale si collegava, al fondo, ad una specifica vicenda traslativa, reputata antieconomica e abusiva, nel cui quadro NOME COGNOME socio unico della società denominata RAGIONE_SOCIALE acquistava nel 2005 dal Seminario Arcivescovile di Modena, immobili ad uso abitativo per euro 1.230.000, in esenzione IVA e con aliquota di registro agevolata all’1%, in virtù della presa d’impegno a rivendere i cespiti entro il triennio successivo, ossia il 2008; nel 2006, veniva costituita la Corte San RAGIONE_SOCIALE, partecipata dal predetto COGNOME all’1% da RAGIONE_SOCIALE al 99%. Nel 2007, la RAGIONE_SOCIALE rivendeva gli immobili di cui sopra alla newco istituita l’anno prima per un corrispettivo superiore del 44%, rispetto al prezzo pagato da Celeste al Seminario Arcivescovile. Nella prospettazione erariale la rivendita mostrava evidenti anomalie, sia per l’ingiustificatezza dell’incremento valoriale attribuito ai cespiti, sia in quanto la RAGIONE_SOCIALE dichiarava nel 2006 cospicue perdite fiscali pregresse, sia perché la costituzione di una nuova società riferibile ad un identico centro di interessi creava artificiosamente i presupposti per un indebito rimborso IVA, sia perché determinava l’abbattimento dei ricavi correlati alla vendita delle unità abitative ristrutturate, ricavate negli immobili acquistati in origine dal Seminario Arcivescovile.
Il ricorso della contribuente veniva accolto parzialmente dalla CTP di Modena, la quale confermava la legittimità del recupero fiscale per un minor importo rispetto quello preteso, annullando il rilievo
relativo alle rimanenze limitatamente all’importo di euro 98.591 e il rilievo concernente la ‘sopravvenienza’.
L’appello dell’Agenzia veniva rigettato sia in relazione alla contestata non inerenza dell’importo di euro 520.000, derivante dalla differenza fra il prezzo di acquisto del compendio immobiliare da parte di Celeste e il corrispettivo maggiore della sua rivendita alla Corte San Geminiano; sia in relazione alla sopravvenienza. La CTR accoglieva, invece, l’appello incidentale della contribuente relativamente alla parte in cui era stata accolta solo parzialmente la richiesta di annullamento del recupero a tassazione determinata dalla rettifica del valore delle rimanenze finali (non contabilizzate), giudicando non inerenti alcuni costi sostenuti nel 2011.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate è ora affidato a due motivi.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si assume la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 109 TUIR, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., avendo la CTR trascurato il giudicato esterno relativo al valore delle rimanenze, scaturente dalla sentenza 1966/04/2017, che era divenuta definitiva e che, a suo tempo, s’era pronunciata solo in ordine alle sanzioni.
Con il secondo motivo di ricorso si adombra la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 109 d.P.R. n. 917 del 1986, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la CTR erroneamente affermato che ‘ l’imputazione nella rettifica delle rimanenze, così come operata dall’Ufficio, non è ammessa né dai principi contabili né dal codice civile ‘, posto che il recupero operato dall’Ufficio ‘ deriva da quanto rettificato nell’a.i. 2006 (riproposto negli anni a seguire) e divenuto definitivo negli a.i. 2007/8 ‘.
È fondato e va accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo mezzo.
La CTR ha all’evidenza trascurato di valorizzare, alla stregua di intangibile premessa -da anteporre rispetto ad ogni valutazione ulteriore -l’incidenza del giudicato esterno relativo al valore delle rimanenze.
Il giudicato in parola scaturiva dalla sentenza della CTR dell’Emilia Romagna n. 1966 del 20 giugno 2017, divenuta definitiva per mancata impugnazione. La decisione de qua s’era pronunciata solo in ordine alle sanzioni, il che aveva determinato la cristallizzazione con riferimento al 2007 del valore delle rimanenze, individuate in un ammontare di euro 520.000.
Di tale valore la CTR non mostra di tenere debito conto, nella prospettiva di soppesarne puntualmente gli effetti in relazione allo specifico anno d’imposta oggetto dell’odierna controversia.
In particolare, il giudice d’appello manca di precisare la natura e la consistenza dei costi e delle poste ulteriori suscettibili, non solo di aver impattato sul valore delle rimanenze, ma di averne comportato la variazione in guisa da neutralizzare gli effetti che, avuto riguardo all’annualità considerata, e in ossequio al principio di continuità dei bilanci (e dei relativi valori), erano comunque suscettibili di collegarsi al valore originario di euro 520.000, valore coperto da giudicato.
Il rapporto fiscale si era, in altri termini, stabilizzato con carattere di definitività con la res iudicata sul punto relativo al valore iniziale delle rimanenze, in esito al processo concluso con la sentenza della CTR n. 1966 del 20 giugno 2017; da detta pronuncia discendeva come elemento non ulteriormente controvertibile l’importo di euro 520.000 da assumere a base di partenza per le susseguenti distinte valutazioni. Il giudice d’appello era vincolato, infatti, a muovere da questo dato iniziale delle rimanenze ancorato all’anno 2007, dovendo conseguentemente apprezzarne gli effetti sui successivi anni d’imposta, chiarendo l’identità e la specificità degli elementi idonei a comportarne la variazione.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al primo motivo, assorbito il secondo. La sentenza d’appello va cassata e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia Romagna. Quest’ultima procederà anche alla regolazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa, per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado dell’Emilia Romagna. Così deciso in Roma, il 23/10/2024.