Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 653 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 653 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 506/2018 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CALABRIA n. 3108/2016, depositata in data 16 novembre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In data 27 dicembre 2001 l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Reggio Calabria – notificava alla contribuente NOME COGNOME in qualità di coniuge dichiarante, l’avviso di accertamento n.
Avv. Acc. IRPEF 1999
8061009008 relativo al reddito prodotto e non dichiarato per l’anno d’imposta 1995, da assoggettare a tassazione separata e derivante dal trattamento di fine mandato di amministratore del coniuge NOME
Avverso l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Reggio Calabria; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 06/01/2004, accoglieva integralmente il ricorso.
Contro tale sentenza proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Calabria; si costituiva anche la contribuente, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 3108/05/2016, depositata in data 16 novembre 2016, la C.t.r. adita accoglieva il gravame dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Calabria, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) -Violazione e falsa applicazione dell’art. 67 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.)» la contribuente lamenta l’ error in iudicando e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., da un lato, ha deciso in contrasto con altra pronuncia divenuta irrevocabile per mancata impugnazione resa nei confronti del marito NOME COGNOME e, dall’altro, ha ritenuto che il solo diritto alla percezione delle somme oggetto del contratto di
assicurazione facesse sorgere il diritto dell’Ufficio alla loro imposizione, mentre le stesse somme erano state reinvestite dalla società di assicurazione e la contribuente non ne aveva avuto effettiva disponibilità; questa interpretazione violerebbe il divieto di doppia imposizione, in quanto le somme venivano fatto oggetto di imposizione in quel momento e poi successivamente con l’effettiva percezione da parte della contribuente.
Il motivo introduce due diverse censure delle quali la prima, afferente alla formazione del giudicato nei confronti del marito della ricorrente (cfr. pg. 7 del ricorso), è dirimente e fondata.
2.1. Preliminarmente si impone un excursus giuridico sui principi giurisprudenziali in materia di solidarietà tributaria e giudicato esterno.
Si è affermato (Cass. 15/10/2021, n. 28267) che in tema di solidarietà tributaria, in virtù del limite apportato dal secondo comma dell’art. 1306 c.c. al principio enunciato nel primo comma, il contribuente solidale può invocare a suo favore la sentenza intervenuta fra il creditore e altro coobbligato solo quando sia rimasto estraneo al relativo giudizio; in caso contrario, la sentenza emessa nei confronti dei diversi debitori consta di distinte pronunce, in relazione all’autonomia ed indipendenza dei relativi rapporti obbligatori, con la conseguenza che il passaggio in giudicato dell’una, per difetto di impugnazione, rimane insensibile all’eventuale riforma o annullamento dell’altra, a prescindere dal carattere personale o meno delle relative eccezioni. Ancora, si è affermato (Cass. 28/11/2019, n. 31807) che il processo tributario è un processo costitutivo rivolto all’annullamento di atti autoritativi, sicché il parziale annullamento ottenuto dal condebitore impugnante, incidendo su un unico atto impositivo che sorregge il rapporto, esplica i suoi effetti verso tutti i condebitori cui sia stato notificato. Ne consegue, giusta l’art. 1306, comma 2, c.c., che il coobbligato solidale può far valere in giudizio contro l’ente
impositore il giudicato a lui favorevole formatosi nel diverso giudizio tra detto Ufficio e l’altro condebitore, sempre che la sentenza non sia fondata su ragioni personali e non siano intervenute preclusioni processuali a carico del soggetto che intende esercitare questo diritto, non essendo tale efficacia extrasoggettiva del giudicato rilevabile d’ufficio. Infine (Cass. 18154/2019), nel processo tributario, la sentenza resa tra creditore e condebitore solidale è opponibile al creditore da parte di altro condebitore ove ricorrano le seguenti condizioni: 1) la sentenza sia passata in giudicato; 2) non si sia già formato un giudicato tra il condebitore solidale che intende avvalersi del giudicato e il creditore; 3) ove si tratti di giudizio pendente, la relativa eccezione sia stata tempestivamente sollevata (non dovendo il giudicato essersi formato prima della proposizione del giudizio di impugnazione nel corso del quale viene dedotto); 4) il giudicato non sia fondato su ragioni personali del condebitore solidale.
2.2. Va precisato che ex actis emerge la sentenza della C.t.r. della Calabria n. 1416/2016 del 10 giugno 2016, resa nei confronti del marito della ricorrenteRocco COGNOME che non reca l’attestazione di avvenuto passaggio in giudicato o comunque di non interposta impugnazione. Senonché, nel controricorso (pa g. 6), l’ente erariale, implicitamente, ammette l’esistenza del giudicato sulla sentenza menzionata siccome afferma ‘la mancata impugnazione della sentenza invocata da controparte non può, inoltre, essere ritenuta indice di una condivisione, nel merito, della relativa motivazione avendo l’Ufficio facoltà di desistere sulla base di altre e diverse valutazioni anche di natura amministrativa’.
2.3. Con riferimento precipuo alla esplicita ammissione del giudicato si è affermato (Cass. 01/03/2018, n. 4803) che la parte che eccepisca la definitività di una sentenza resa in altro giudizio, qualora la controparte ammetta esplicitamente l’intervenuta formazione del giudicato esterno, non ha l’onere di produrre la
decisione munita della certificazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione, come invece avviene nell’ipotesi di mera non contestazione del giudicato, cui non può attribuirsi il significato di ammissione della definitività della decisione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sufficiente, al fine di ritenere provata la definitività di una sentenza pronunciata in altro giudizio, la produzione di una copia della decisione, pur non dotata dell’attestazione del cancelliere circa l’intervenuto passaggio in giudicato, perché la controparte aveva esplicitamente ammesso la circostanza).
In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 cod. proc. civ., accogliendo l’originario ricorso del la contribuente.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente. Condanna la controricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 5.600,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15 %, ed oltre ad IVA e c.p.a. come per legge.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024.