Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3273 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3273  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Oggetto: Tributi
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27192/2015 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., corrente in Agropoli (SA) e dal sig. NOME COGNOME, entrambi con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto in Roma, presso la cancelleria della Suprema Corte di cassazione
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso  la  sentenza  della  Commissione  Tributaria  regionale  della Campania, Sez. distaccata di Salerno, n. 8812/09/14, pronunciata il
28 maggio 2014 e depositata il 16 ottobre 2014, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La  società  contribuente  era  attinta  da  un  avviso  con  cui l’Amministrazione finanziaria aveva rettificato il valore RAGIONE_SOCIALE rimanenze finali, ridotte da euro 804.123,00 ad euro 617.934,58 per l’anno d’imposta 2002, cui facevano seguito altri due avvisi con cu i venivano accertati  maggiori redditi  in  capo  ai  due  soci  in  ragione RAGIONE_SOCIALE rispettive quote.
Per l’anno d’imposta successivo (2003) l’Ufficio emetteva un ulteriore avviso di accertamento, oggetto del presente giudizio, con cui  venivano rettificate  le  rimanenze  iniziali,  ricondotte  alla  minor somma  di  euro  617.934,58  rispetto  a  quella  indicata  in  euro 810.248,00 Seguivano anche per l’anno 2003 atti impositivi verso i soci ai sensi dell’art. 39, co. 1, e 41 d.P.R. n. 600/1973.
La società e i soci impugnavano, per quanto di competenza, gli  atti  impositivi  relativi  all’anno  d’imposta  2002.  Il  contenzioso insorto si concludeva innanzi a questa Corte che, con la sentenza n. 1272/2014, accoglieva le istanze di parte privata.
La società e i soci impugnavano anche gli avvisi di accertamento relativi all’anno d’imposta 2003, censurando l’operato dell’Ufficio  che  avevano  erroneamente  rideterminato  le  rimanenze iniziali  senza  tener  conto  dell’accertamento  compiuto  in  relazione all’anno d’imposta precedente e ormai coperto da giudicato, tenuto conto che le rimanenze iniziali per l’anno 2003 erano costituite dalle rimanenze finali dell’anno 2002.
I  ricorsi  riuniti  venivano  rigettati  tanto  dal  giudice  di  primo grado quanto dal Collegio d’appello. Segnatamente la CTR riteneva infondato la tesi dei contribuenti, tenuto conto che le decisioni rese
in merito all’anno 2002 non menzionavano la somma di euro 810.248,53, bensì il minor importo di euro 6.124,75. Soggiungeva poi plurime circostanze e connesse presunzioni idonee a supportare la rettifica operata dall’Ufficio qual i, in primis, il fatto che a fronte di un notevole giro d’affari la società avesse alle sue dipendenze solo tre persone, una RAGIONE_SOCIALE quali peraltro a part-time , senza che le parti ricorrenti nulla adducessero a prova contraria (del lavoro in nero), oltre all’assenza di documentazione a supporto RAGIONE_SOCIALE tesi esposte e al fatto che i beni, cui erano riferite le spese, erano di proprietà di terzi.
Ricorrono per la cassazione della sentenza la società contribuente, ora in liquidazione, e il socio NOME COGNOME, i quali  si  affidano  a  due  motivi  di  ricorso  e  cui  resiste  l’RAGIONE_SOCIALE generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Con il primo motivo la parte ricorrente avanza censura ex art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per la nullità della sentenza in relazione all’art. 2909 c.c. nonché all’art. 324 c.p.c. a seguito della decisione della Suprema Corte di cassazione n. 1272/2014, nonché in rapporto agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c. e all’art. 36 d.lgs. n. 546/1992.
1.1 In sintesi, afferma l’illegittimità della sentenza perché emessa dalla CTR in violazione del giudicato esterno formatosi in relazione alle  rimanenze  finali  accertate  per  l’anno  d’imposta  2002,  tenuto conto che queste ultime dovevano costituire anche il valore iniziale per l’anno successivo, a nulla rilevando la difformità dei dati indicati dalla stessa ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso la parte ricorrente denunzia la violazione dell’art. 2909 c.c. nonché dell’art. 324 c.p.c. in relazione al giudicato formatosi a seguito della decisione della Suprema Corte di c assazione n. 1272/2014, dell’art. 111, co. 8, dell’art. 59 (vigente al 31.12.2003) TUIR e dell’art. 2423 bis c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
2.2 In particolare afferma che la CTR avrebbe violato i precetti in  rubrica  indicati  per  aver  falsamente  interpretato  la  decisione oggetto di eccezione di giudicato esterno. Segnatamente precisa che l’assunto secondo cui la decisione resa in merito all’anno 20 02 non menzionavano la somma di euro 810.248,53, bensì il minor importo di  euro  6.124,75 era  erronea  perché quest’ultima  somma doveva ‘ concorrere’ a formare il maggior reddito dichiarato dalla contribuente e pari ad euro 804.123,12.
 I  due  motivi,  connessi  tra  loro,  possono  essere  esaminati congiuntamente e vanno disattesi.
3.1 Va ricordato che «In materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, sicché è esclusa l’efficacia espansiva del giudicato per le fattispecie “tendenzialmente permanenti” in quanto suscettibili di variazione annuale (da ultimo Cass. 11 marzo 2015, n. 4832)» (cfr. Cass., V, 5201/2016).
3.2 Ne consegue che «l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione, rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo…… Applicando tali principi alla presente fattispecie, non è difficile comprendere che il presupposto costituito dall’autonoma organizzazione non sia di per sé durevole nel tempo, ma appunto soggetto a modifiche, dipendendo dall’assetto aziendale e professionale predisposto dal contribuente in base alle proprie esigenze, per cui l’eventuale assenza di tali modifiche, e anzi la conferma dell’identità fattuale, è
presupposto  indefettibile  circa  la  fondatezza  dell’eccezione»  (cfr. Cass., V, n. 24233/2022).
Orbene, con i motivi di ricorso i ricorrenti invocano solo una coincidenza di ‘causa petendi’ fra le sentenze relative alle due annualità, ma non deducono i presupposti che consentono di collegare l’effetto del giudicato. Infatti, a parte la deduzione del precedente giudizio e il principio di continuità del valore di bilancio, i ricorrenti non hanno preso posizione sui diversi accertamenti e presunzioni relative alle due annualità (omessa dichiarazione IVA per l’anno 2002 e importante giro d’affari per l’anno 2003), né sulle diverse rimanenze accertate dall’ufficio alla data del 5.12.2002 (26.855,75, maggiorate del 10% al 31.12.2002) e specificatamente indicate in sentenza. Del pari non risulta che parte ricorrente abbia fornito prova alcuna in ordine ai beni strumentali, cui vanno riferite le spese, e che non sarebbero nemmeno della società ma di soggetti terzi.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che liquida in €cinquemilaseicento ,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 21/12/2023