Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29773 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29773 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 20008/2022, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, per procura allegata al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, i quali indicano i loro indirizzi di posta elettronica certificata per le notificazioni
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– controricorrente-
avverso la sentenza n. 101/2022 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 12 gennaio 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Rilevato che:
Nell’anno 2011, RAGIONE_SOCIALE realizzò un impianto fotovoltaico nel territorio del Comune di Chivasso, usufruendo degli incentivi previsti dal cd. ‘II C onto energia ‘ .
In relazione all’investimento, la società, in un primo momento, non chiese di accedere ai benefici previsti dall’art. 6, commi da 13 a 19, della l. n. 388/2000 (cd. ‘RAGIONE_SOCIALE Ambiente’), essendovi dubbi interpretativi circa la cumulabilità di tale agevolazione con gli incentivi di cui al ‘Conto energia’; quindi, nell’anno 2013, a seguito della pubblicazione del d.m. 5 luglio 2012 da parte del MEF, rappresentò tale investimento rettificando la dichiarazione relativa all’anno 2011 (previa riapprovazione del bilancio con variazione in diminuzione), e nelle dichiarazioni relative agli anni successivi, fino al 2016, riportò le perdite conseguenti alla rettifica.
A fronte di ciò, e per quanto rileva nel presente giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE notificò alla società una cartella di pagamento ai sensi dell’art. 36 -bis del d.P.R. n. 600/1973 per il recupero dell’Ires dovuta per l’anno 2015 , oltre ad interessi e sanzioni.
La società impugnò detta cartella innanzi alla C.T.P. di Torino, che accolse il ricorso.
Il successivo appello dell’Ufficio fu accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali respinsero, anzitutto, l’eccezione di giudicato formulata dalla contribuente sul rilievo dell’intervenuta definitività dell’annullamento della cartella di pagamento relativa al primo anno di applicazione del beneficio, osservando che la relativa decisione aveva «riguardato unicamente l’interpretazione di una norma di legge che non può vincolare il giudice successivo», nonché per la diversità RAGIONE_SOCIALE contestazioni in fatto e diritto svolte nei diversi giudizi.
Nel merito, osservarono che la società aveva avviato il procedimento diretto alla variazione di bilancio necessaria per il riconoscimento dell’agevolazione quando la stessa era stata già abrogata.
Soggiunsero, per completezza, che era illegittima la rettifica della dichiarazione originaria compiuta dalla società, in quanto avente ad oggetto una dichiarazione di volontà non più emendabile, e che doveva ritenersi legittimo il ricorso, da parte dell’Ufficio nel caso di specie, alla procedura automatizzata per la liquidazione della maggiore imposta.
La sentenza d’appello è stata impugnata dalla società contribuente con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
L’Amministrazione ha resistito con controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte.
Considerato che:
Il primo motivo è rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. ».
Secondo la ricorrente, i giudici d’appello avrebbero errato nel non ravvisare la sussistenza di un giudicato esterno, determinatosi in seguito all’accoglimento definitivo della sua impugnazione avverso la prima (ed altre) cartelle di pagamento concernenti i medesimi fatti, differenti soltanto in relazione al periodo d’imposta, ma originate tutte dall’unica circostanza della sua dichiarazione integrativa per l’accesso ai benefici della ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con il secondo mezzo, denunziando « violazione dell’art. 23, comma 7 e 11, DL 83/2012 convertito dalla L. 134/2012, con riferimento all’art. 6, commi 13 -19, L. 388/2000 e 23, comma 11, d.l. 22.6.2012, n. 83», la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto a lei precluso l’accesso al beneficio dal fatto che il procedimento sarebbe stato avviato dopo l’abrogazione.
Osserva che, in tal senso, occorreva invece aver riguardo alla materiale effettuazione degli investimenti -avvenuta nella piena vigenza del beneficio -e non al successivo avvio del procedimento fiscale.
Con il terzo motivo, articolato in forma di denunzia di violazione dell’art. 2, comma 8 -bis, del d.P.R. n. 322/1988, la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto non più emendabile la dichiarazione da lei presentata nella vigenza della disciplina agevolatrice; assume, in proposito , che quest’ultima costituisce una dichiarazione di scienza ed è, pertanto, ritrattabile laddove, come nella specie, sia stata determinata da incertezza normativa protrattasi nel tempo circa la sussistenza di un elemento essenziale alla sua applicazione; richiama, in ogni caso, la giurisprudenza di questa Corte che ha affermato la possibilità, per il contribuente, di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione.
Infine, con il quarto mezzo, la ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione degli artt. 36bis e 42 del d.P.R. n. 600/1973, assumendo che la C.T.R. avrebbe errato nel ritenere legittimo il ricorso, da parte dell’Ufficio, a procedura di controllo automatizzato, anziché ad accertamento ordinario, in presenza di contestazioni di merito e non meramente formali.
Il primo motivo è fondato e va accolto.
5.1. In ordine all’applicabilità dell ‘ efficacia del giudicato esterno ai rapporti di durata in materia tributaria, e in particolare in tema di
accertamento relativo al medesimo tributo ma per diversi periodi di imposta, l’orientamento consolidato di questa Corte, formatosi a partire da Cass. sez. U, n. 13916/2006, può sintetizzarsi nel seguente principio di diritto: «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo».
Questa Corte ha altresì precisato che tale regola non è recessiva rispetto al principio di autonomia dei periodi d’imposta; infatti, «anche in caso di situazioni giuridiche di durata l’oggetto del giudicato è un unico rapporto, e non gli effetti verificatisi nel corso del suo svolgimento, e conseguentemente neppure il riferimento al principio dell’autonomia dei periodi d’imposta può consentire un’ulteriore disamina tra le medesime parti della qualificazione giuridica del rapporto stesso contenuta in una decisione della commissione tributaria passata in giudicato» (così da ultimo, in motivazione, Cass. n. 21124/2025).
5.2. Nel caso di specie, il giudice tributario ha accertato, in senso contrario alla tesi dell’Ufficio, il contenuto e l’entità degli obblighi della contribuente per tutti gli anni d’imposta interessati dalla complessiva pretesa impositiva (2011-2015), in particolare riconoscendo -nel giudizio relativo alla dichiarazione integrativa per l’anno 2011 il diritto di questa ad accedere ai benefici di cui all’art. 6 della l. n. 388/2000.
Tale accertamento, del quale la ricorrente ha dimostrato l’intervenuta definitività, fa stato con riferimento alla medesima imposta (Ires) dovuta per il successivo anno qui in esame, poiché gli elementi costitutivi della fattispecie sono idonei ad estendersi ad una pluralità di periodi di imposta e assumono, pertanto, carattere tendenzialmente permanente.
Ne deriva l’operatività, ai fini del presente giudizio, dell’effetto preclusivo del giudicato e, conseguentemente, l’accoglimento del presente ricorso.
6. In tale statuizione resta assorbito l’esame RAGIONE_SOCIALE restanti censure.
La sentenza impugnata è cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La formazione del giudicato in sede successiva al giudizio di primo grado e le oscillazioni interpretative sulla questione costituiscono giusta ragione di compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dei gradi di merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso della contribuente.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che liquida in € 2.300,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario ed oneri accessori. Compensa le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, il 21 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME