Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9996 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9996 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27377/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persone del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente- contro
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ed al l’avv. prof. NOME COGNOME
-controricorrente-
Ud.22/01/2025 CC
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENETO n. 83/2019 depositata il 13/02/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle entrate ricorre avverso la sentenza n. 83/04/19 con cui la C.T.R. del Veneto , previo rigetto dell’appello promosso dall’Ufficio, confermava la decisione di primo grado resa in favore del contribuente.
Segnatamente, la CTR aderiva al decisum di prime cure con cui era stato disposto l’annullamento di un atto impositivo avente ad oggetto la pretesa plusvalenza scaturita dalla compravendita di un terreno agricolo, non essendo quest’ultimo dotato di capacità edificatoria.
La CTR non dava invero rilevanza al fatto che sull’area compravenduta la società acquirente avesse ottenuto il permesso a edificare, trattandosi di un titolo edilizio, e conseguente volume, ‘atterrato’ sull’area compravenduta , ma ‘proveniente’ da un altro fondo di proprietà e soggetto a rischio idrogeologico. Riteneva invece dirimenti i soli requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla disciplina regionale per poter ottenere il rilascio di un titolo edilizio, tra cui spiccava la circostanza che il proprietario fosse un imprenditore agricolo (qualifica mai rivestita dal contribuente) e il fatto che sull’area, per motivi attinenti alle distanze con le abitazioni circostanti, non sarebbe stato possibile realizzare nemmeno una stalla. Soggiungeva che le previsioni urbanistiche contenute nel PRG e nelle norme tecniche di attuazione non potevano essere valutate in termini astratti, cioè senza la verifica del caso concreto. Evidenziava infine che le complessive valutazioni di tipo urbanistico condotte sull’area i n parola avevano trovato conforto nel prezzo della compravendita, che non sarebbe stato congruo se ritenuto attribuibile a terreno edificabile.
Invoca la cassazione della sentenza il patrono erariale affidandosi ad un unico motivo, cui replica il contribuente con tempestivo controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Con ordinanza interlocutoria n. 1626/2021, la sezione sesta tributaria ha esaminato e respinto le preliminari eccezioni di improcedibilità e inammissibilità del ricorso erariale svolte dal contribuente, disponendo la trasmissione del fascicolo alla quinta sezione della Corte per l’esame del merito della vertenza, alla luce delle tematiche sottese.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni, affermando l’esistenza di un giudicato esterno per la definitività di una sentenza di CTR su altra annualità del medesimo rapporto tributario, all’esito di ordinanza di questa Corte n. 17659/2022.
CONSIDERATO
Viene proposto unico motivo di ricorso.
1.1. Con l’unico motivo di censura l’Avvocatura generale dello Stato denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 67, co. 1, lett. b) del d.P.R. n. 917/1986 in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. e l’errata valutazione della potenzialità edifica toria di diritto.
In sintesi, critica la sentenza per aver la CTR fatto malgoverno dell’art. 67 citato laddove ha affermato l’inedificabilità del terreno in funzione del soggetto proprietario ovverossia, nel caso di specie, per non essere il contribuente un imprenditore agricolo. Sostiene infatti che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto necessario verificare i limiti del caso concreto in esame e, quindi, subordinare la valutazione circa l’edificabilità o meno del terreno venduto dal contribuente all’esistenza di limitazioni all’edificabilità di tipo soggettivo in capo al contribuente e tali da impedirgli di ottenere un titolo abilitativo. Al contrario la CTR avrebbe dovuto circoscrivere la verifica a quanto emerge dallo strumento urbanistico. Afferma
pertanto che, nella specie, la CTR avrebbe dovuto riconoscere l’edificabilità del terreno e la conseguente legittimità della pretesa erariale, tenuto conto che la lettura combinata del certificato di destinazione urbanistica e delle Norme tecniche di attuazione del PRG conduceva all’edificabilità del terreno, ancorché condizionata a determinati presupposti.
In via pregiudiziale di merito, occorre esaminare l’eccezione di giudicato esterno invocato da parte contribuente in memoria, laddove afferma che con sentenza, divenuta definitiva, la CTR del Veneto abbia annullato analoga ripresa a tassazione, scaturente dal medesimo atto di compravendita di terreno, ma relativa all’anno 2011 -successivo al 2010 di cui qui è causa- solo perché era stata pattuita dilazione nel pagamento del prezzo. Rimarca il medesimo rapporto genetico del fatto che ha generato la ripresa a tassazione, quindi osserva l’effetto riflesso del giudicato formatosi sull’anno di imposta 2011 anche per l’anno 2010, qui in esame.
2.1. Più precisamente, l’annualità 2011 era stata decisa in senso favorevole al contribuente con sentenza della CTR del Veneto n. 108/07/2021, avverso cui è stato proposto ricorso per cassazione, definito con ordinanza di questa Corte n. 17659/2022 che lo ha dichiarato inammissibile. Per l’effetto, la prefata sentenza della CTR del Veneto è passata in giudicato, come da attestazione che viene prodotta in questa sede, vertendosi di circostanza successiva all’introduzione del presente ricorso (cfr. doc. 2, produzioni di parte privata in allegato alla memoria del 3 gennaio 2025).
L’eccezione è fondata e dirimente.
Ed infatti, seppure la questione attiene alla qualificazione giuridica del terreno, non ad un accertamento in fatto, quindi su un profilo valutativo, insuscettibile di assurgere a giudicato con rilevanza esterna, non di meno tale principio è diversamente declinato in materia tributaria, caratterizzata da una giurisdizione mista oggettiva-soggettiva, fra provvedimento e rapporto.
3.1. Sul punto, è stato detto che qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone,
nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta (cfr. Cass. S.U. n. 13916/2006).
3.2. Peraltro, è rilevante il giudicato formatosi nel corso del presente giudizio, così come è legittima la produzione documentale con memoria depositata in prossimità dell’udienza.
Ed infatti, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata. Si tratta infatti di un elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione. Tale garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive, non trova ostacolo nel divieto posto dall’art. 372 cod. proc. civ., il quale, riferendosi esclusivamente ai documenti che avrebbero potuto essere prodotti nel giudizio di merito, non si estende a quelli
attestanti la successiva formazione del giudicato; questi ultimi, d’altronde, comprovando la sopravvenuta formazione di una “regula iuris” alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, attengono ad una circostanza che incide sullo stesso interesse delle parti alla decisione, e sono quindi riconducibili alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso. La produzione di tali documenti può aver luogo unitamente al ricorso per cassazione, se si tratta di giudicato formatosi in pendenza del termine per l’impugnazione, ovvero, nel caso di formazione successiva alla notifica del ricorso, fino all’udienza di discussione prima dell’inizio della relazione; qualora la produzione abbia luogo oltre il termine stabilito dall’art. 378 cod. proc. civ. per il deposito delle memorie, dovendo essere assicurata la garanzia del contraddittorio, la Corte, avvalendosi dei poteri riconosciutile dall’art. 384, terzo comma, cod. proc. civ., nel testo modificato dal d.lgs. 2006, n. 40, deve assegnare alle parti un opportuno termine per il deposito in cancelleria di eventuali osservazioni (cfr. ancora Cass. S.U. n. 13916/2006).
3.3. Altresì, la questione è stata scrutinata più di recente, con decisione che ha affinato il medesimo principio, ritenendo che nel processo tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto, anche laddove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo ed il “petitum” del primo (cfr. Cass. V, n. 13152/2019).
Pertanto, il ricorso non può essere accolto e dev’essere rigettato in ragione de ll’intervenuto giudicato con efficacia esterna. In ragione di un tanto, le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate fra le parti.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 22/01/2025.