Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2830 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 8382/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, Prof. NOME COGNOME e NOME COGNOME, e presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO (sc. IX – int. 12), elettivamente domiciliata in virtù di procura speciale
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’ Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, che la rappresenta e difende per legge
-resistente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, n. 1607/02/2014, Sez. n. 2, pronunciata il 5 marzo 2014 e depositata il 24 settembre 2014, non notificata .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo accogliersi il primo ed il secondo motivo e rigettarsi i restanti;
udito per parte r icorrente l’AVV_NOTAIO.
NOME COGNOME;
udito per l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato l’AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE che svolge l’attività di produzione e commercializzazione di autogrù fuoristrada e di di commercializzazione di autogrù usate, è (per quanto riguarda il periodo d’imposta 2005, che qui rileva):
posseduta al 100% dalla RAGIONE_SOCIALE (c.d. controllante diretta), con sede in Olanda, che esercita l’attività di direzione e coordinamento (in qualità di socio unico);
inserita in un Gruppo multinazionale che fa capo alla c.d. controllante indiretta statunitense RAGIONE_SOCIALE – USA, detentrice del marchio RAGIONE_SOCIALE;
titolare della partecipazione totalitaria (100%) in due società italiane e, cioè, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
aderente, per il periodo d’imposta 2005 , al consolidato fiscale nazionale (in qualità di consolidante), ai sensi degli artt. 117 e ss. del T.U.I.R..
In data 22 dicembre 2004, la capogruppo statunitense RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cedente del diritto di usufrutto del marchio) e la controllata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cessionaria del diritto di usufrutto del marchio) hanno stipulato un contratto, denominato di cessione del diritto di usufrutto del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con due distinti contratti stipulati lo stesso 22 dicembre 2004, la RAGIONE_SOCIALE ha quindi concesso in licenza d’uso il marchio RAGIONE_SOCIALE, acquisito in usufrutto dalla capogruppo americana, alle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, pur mantenendo il diritto di utilizzare essa stessa il medesimo marchio.
In conseguenza di tali operazioni, RAGIONE_SOCIALE ha:
pagato alla capogruppo statunitense un corrispettivo di € 8.738.697,00, quale costo di acquisizione del marchio, iscritto, tra le immobilizzazioni immateriali, nello stato
patrimoniale del bilancio chiuso al 31 dicembre ed ammortizzato nell’anno 2004 (quota pari a €. 43.071,00) e nei successivi anni per tutto il periodo di durata dell’usufrutto stesso (cinque anni). La quota di ammortamento dedotta nell’anno 2004 (qui in contestazione) è pari a € 1.747.739,00;
incassato – per i cinque anni di durata dell’usufrutto- le royalties dalle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo di € 10.104.619,00.
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE :
un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata – ai fini IRES – la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2005, recuperando a tassazione la quota di ammortamento spesata nell’esercizio ed accertando nei confronti della stessa società (quale consolidata) una maggiore IRES teorica;
un avviso di accertamento con il quale è stato rettificato – ai fini IRES – il reddito imponibile consolidato; è stata accertata – nei confronti della società contribuente (quale ‘consolidante’) – la maggiore IRES ed è stata irrogata la relativa sanzione pecuniaria; un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata – ai fini IRAP – la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2005, recuperando a tassazione maggior valore della produzione ai fini Irap, corrispondente alla quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio riferita all’anno d’imposta 2005, e pertanto accertando una maggiore IRAP ed irrogando la relativa sanzione pecuniaria;
Gli atti impositivi muovevano dal presupposto che l’Amministrazione riteneva fiscalmente non rilevante l’operazione di cessione del diritto di usufrutto del marchio in esame e recuperavano a tassazione gli ammortamenti dedotti sia ai fini IRES che IRAP, valutando che la stessa operazione fosse priva di un motivo che ne giustificasse economicamente la realizzazione (e quindi la certezza e l’inerenza dei costi imputati in contabilità e dedotti fiscalmente dalla RAGIONE_SOCIALE) , poiché i prodotti RAGIONE_SOCIALE erano commercializzati dalla stessa contribuente già prima dell’acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio; né era stata provata l’assenza di un risparmio fiscale indebito, determinato dal trasferimento all’estero di materia imponibile, all’interno del medesimo gruppo di interesse economico.
Pertanto, l’Ufficio, come avvenuto anche per gli anni 2004-2006-2007 e 2008, ha ritenuto di recuperare a tassazione la quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio, quale componente negativo di reddito, dedotto in assenza del requisito di inerenza, in violazione dell’art. 109, commi 1 e 5, del T.U.I.R.
Proposti dalla contribuente distinti ricorsi avverso gli atti in questione, la Commissione tributaria provinciale di Bologna, dopo averli riuniti, li ha accolti, annullando tutti gli atti impositivi.
L’appello dell’RAGIONE_SOCIALE è stato accolto dalla sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna di cui all’epigrafe, che, in riforma della sentenza di primo grado, ha ritenuto illegittima la deduzione, operata dalla ricorrente, della quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE.
Per la cassazione della decisione della CTR propone ricorso, affidato a tre motivi e supportato da memoria, la contribuente; mentre l’RAGIONE_SOCIALE, senza proporre difese, deposita nota al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Il P .M., nella persona del AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, chiede accogliersi il primo e il secondo motivo di ricorso, con rigetto del terzo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.5 cod. proc. civ., la contribuente deduce l’ omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati stato oggetto di discussione tra le parti relativamente all’ economicità dell’operazione de qua .
La CTR avrebbe erroneamente omesso di considerare circostanze fattuali decisive in quanto idonee a giustificare – in termini di economicità ed inerenza- la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE – che pure utilizzava già gratuitamente il marchio RAGIONE_SOCIALE – abbia concluso il contratto di acquisizione dell’usufrutto, e sopportato il relativo costo.
Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.5 cod. proc. civ., la contribuente deduce l’ omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in tema di ‘certezza e/o di inerenza e/o di congruità del costo in contestazione’, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che nella fattispecie la società non avrebbe provato la certezza e l’inerenza del costo di cui si discute, pur risultante da alcuni fatti emergenti dalla prodotta documentazione.
Con il terzo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, comma, 1, n.3 e n. 4 cod. proc. civ., la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per omesso esame del motivo d’impugnazione (riproposto in sede di gravame) riguardante la domanda subordinata di ‘non applicabilità’ RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Appare opportuno trattare congiuntamente, per la loro connessione, i primi due motivi di ricorso.
Preliminarmente, deve darsi atto che (come peraltro dedotto dalla contribuente nella memoria, oltre che segnalato dalla stessa parte nel controricorso di cui al procedimento n.r.g. 8377/2015, vertente tra le stesse parti ed anch’esso chiamato all’odierna udienza) il presente contenzioso (avente ad oggetto anche la deducibilità ai fini IRES ed IRAP nell’anno 2004 – della prima quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE) è strettamente connesso al contenzioso IRAP per l’anno 2007 (ove è stato impugnato l’analogo avviso di accertamento avente ad oggetto la ripresa a tassazione della quarta quota di ammortamento del medesimo componente), pendente tra le stesse parti e deciso, in senso favorevole alla RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, a sua volta impugnata con ricorso erariale per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, anch’esso fissato all’udienza odierna.
Invero, come risulta dagli atti dei rispettivi procedimenti e, soprattutto, dalle corrispondenti sentenze d’appello- il contenzioso IRAP 2007 ha ad oggetto gli stessi ed identici fatti oggetto anche del contenzioso qui sub iudice, relativo all’anno d’imposta 2005, ed in particolare lo stesso contratto (stipulato il 22.12.2004) tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la medesima iscrizione (tra le immobilizzazioni immateriali) nello stato patrimoniale del bilancio d’esercizio della contribuente chiuso al 31.12.2004, da cui originano le quote d’ammortamento per gli anni 2004-2009, contestate per le medesime ragioni, discendenti dal disconoscimento del componente unitario passivo, rappresentata dal costo successivamente ammortato periodicamente.
Tanto premesso, la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, relativa al contenzioso IRAP 2007, ha accertato:
l’inerenza e la correlazione del costo (sostenuto per l’usufrutto del marchio) all’attività d’impresa (con conseguente inerenza RAGIONE_SOCIALE singole quote di ammortamento dedotte di anno in anno);
la legittimità (almeno per quanto rileva ai fini fiscali) del contratto di usufrutto; l’ esistenza di valide ragioni economiche, per la contribuente, alla base della stipula del contratto di usufrutto del marchio, vista l’utilità, per la contribuente, dell’operazione in termini sia di sub-concessione dell’utilizzo del marchio alle controllate, sia di incremento del fatturato della stessa RAGIONE_SOCIALE
Nel giudizio per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, introdotto dall’RAGIONE_SOCIALE ed anch’esso fissato all’udienza odierna, la contribuente controricorrente ha sollevato eccezione di inammissibilità, per tardività dell’impugnazione della sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17.
All’esito dell’udienza odierna, questa Corte ha rilevato la tardività e quindi l’inammissibilità del ricorso erariale , avente n.r.g. 10863/2018, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, che è quindi divenuta irrevocabile, passando in giudicato.
La sentenza di merito de qua , per le ragioni che a seguire si esporranno, viene pertanto a costituire un giudicato esterno, avente ad oggetto la legittimità fiscale dell’intero componente negativo corrispondente al costo di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, i cui effetti si estendono anche agli altri periodi d’imposta nei quali lo stesso costo è stato frazionato ed imputato a titolo di ammortamento, compreso quindi l’anno 2004, qui sub iudice .
4.1. Infatti, quanto al contenuto della sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, deve ribadirsi che esso attinge, nel merito, l’identico titolo unitario generatore del componente negativo frazionato nei vari ammortamenti periodici, riconoscendone, a monte, la legittimità e la deducibilità.
Ed invero, risulta palese, dalla lettura comparata della predetta decisione e di quella qui impugnata, la matrice fattuale e giuridica comune degli avvisi relativi ai diversi anni d’imposta, identificabile nell’operazione di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, da cui è scaturito il costo pluriennale contestato nei diversi periodi d’imposta.
4.2. Tanto premesso, le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di chiarire che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello
stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.» (Cass., S.U., 16/06/2006, n. 13916. Conformi, ex multis , Cass. n. 6953 del 2015; Cass. n. 2433 del 2013; Cass. n. 16064 del 2017; Cass. 24/05/2022, n. 16684, in materia di rimborso).
La continuità di tale orientamento trova conferma, peraltro, nella successiva pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite che, pur trattando la diversa questione della decadenza dell’Amministrazione dalla potestà di accertamento relativamente a componenti pluriennali, ha rilevato, in motivazione (al punto 4.6) che « la questione è stata organicamente affrontata dalle Sezioni Unite nel 2006 (n.13916/06) e successivamente innumerevoli volte ripresa, anche e soprattutto nella specificazione e concretizzazione dei requisiti di ‘tendenziale permanenza’ e di ‘durevolezza’ degli elementi fattuali definitivamente acclarati che costituiscono il presupposto imprescindibile della estensione ad annualità̀ diverse del giudicato extra moenia (tra le molte, Cass. nn. 23723/13, 4832/15, 20257/15, 21824/18, 30033/18). Non è qui il caso di tornare sui risultati ai quali questa giurisprudenza, che interamente si richiama, è negli anni pervenuta (tra l’altro, anche includendo tra i fatti suscettibili di espansione nel tempo, perché́ certamente stabili, anche quelli ingeneranti le deduzioni pluriennali: Cass. 16064/17 ed altre)» (Cass., S.U., 25/03/2021, n. 8500), in motivazione, 4.6).
Nel contesto di tale consolidato orientamento, così come rilevato di recente da Cass. n. 29084 del 2022, « è stato chiarito che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei casi in cui vengano in esame fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, ed in cui l’elemento della pluriennalità, come affermato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza, costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d’imposta in una sorta di maxi periodo: gli esempi tipici sono quelli RAGIONE_SOCIALE esenzioni o agevolazioni pluriennali, o della ‘spalmatura’ in più anni dell’ammortamento di un bene, o, in AVV_NOTAIO, della deducibilità di una spesa ovvero nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass.13.12.2018 n.32254; Cass.7.09.2018 n.21824; Cass. 11.03.2015 n.4832). Tali principi risultano ulteriormente seguiti da questa Corte (cfr.Cass.7.12.2021 n.38743; Cass.4.03.2021 n.5939; Cass.28.11.2019 n.31084 tutte in materia di IVA) Di recente, sempre sulla scia dei principi citati, questa Corte (cfr. Cass.28.12.2018 n.33572; Cass.15.10.2021 n.28384) ha riconosciuto la sussistenza del giudicato esterno nel caso in cui l’Ufficio aveva ripetuto per più annualità la contestazione d’inerenza, statuendo che <<in tema di determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'applicazione di imposte periodiche, il giudicato esterno formatosi in relazione a un determinato anno d'imposta sull'inerenza tra la spesa sostenuta e l'attività dell'impresa spiega efficacia vincolante nel giudizio relativo a un successivo anno d'imposta quando siano rimasti immutati gli elementi fattuali rilevanti ai fini della verifica dell'inerenza stessa» (Cass. n. 29084 del 2022, in motivazione).
Da ultimo, poi, in una fattispecie in materia di ammortamento, assimilabile quindi a quella qui in decisione, questa Corte ha rilevato che « Tali passaggi sono già̀ sufficienti a riconoscere che le valutazioni operate dal giudice regionale nella sentenza 4/06/2010 avessero ponderato l'esistenza dei requisiti della correttezza -sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE regole codicistiche e dei principi contabilidella iscrizione dell'avviamento al valore dell'operazione d'acquisto del ramo d'azienda (€ 4.500.000,00) e che tale accertamento, una volta passato in giudicato, non potesse che riflettersi sulla correttezza RAGIONE_SOCIALE quote d'ammortamento annuali dedotte anche negli anni d'imposta successivi, dipendenti sul piano logico e materiale dai fatti come accertati e qualificati con riguardo all'anno d'imposta in cui per la prima volta l'ammortamento era stato iscritto nel bilancio tra i beni immateriali, dando luogo alla legittimità̀ della deducibilità̀ RAGIONE_SOCIALE singole quote
d'ammortamento ai sensi dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 (1/18 annuo).» (Cass. n. 7437 del 2023).
Infine, è utile ricordare che, secondo questa Corte, in tema di contenzioso tributario, il giudicato esterno afferente la qualificazione giuridica di un negozio esplica effetto preclusivo anche nei giudizi tra le stesse parti relativi a diversi tributi, nei quali la medesima qualificazione giuridica rilevi ai fini della determinazione della base imponibile o di altro elemento della fattispecie impositiva (Cass. 05/10/2022, n. 28973).
4.3. Tirando quindi le conclusioni di quanto sinora argomentato, deve rilevarsi che sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi che giustificano l'estensione alla fattispecie qui controversa del giudicato esterno (maturato presso questa Corte successivamente alla proposizione del ricorso per cui si procede e comunque rilevabile anche d'ufficio: cfr., ex plurimis , Cass. 21/04/2022, n. 12754) rappresentato dalla sentenza della CTR dell'Emilia-Romagna n. 2511/9/17, resa tra le stesse parti il 12 giugno 2017, depositata il 18 settembre 2017 e divenuta irrevocabile come accertato all'esito della declaratoria dell'inammissibilità, per tardività, del ricorso erariale per cassazione n.r.g. 10863/2018, trattato e deciso da questo Collegio nell'odierna udienza. Ne consegue, pertanto, la cassazione della sentenza qui impugnata sia nella parte (attinta dai primi due motivi di ricorso della contribuente) relativa al disconoscimento, ai fini IRES ed IRAP, del componente negativo costituito dalla quota di ammortamento, pertinente l'anno d'imposta controverso, del costo di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio in questione; sia, per necessaria conseguenza, relativamente alle sanzioni imputate alla contribuente in ragione del medesimo rilievo.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, in parte qua vanno quindi accolti i ricorsi introduttivi (riuniti dalla CTP di Bologna) proposti dalla contribuente.
5. Il terzo motivo è assorbito nella parte in cui censura l'asserita omessa pronuncia della CTR in ordine alla domanda subordinata di non applicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni per l'ipotizzata sussistenza dell'esimente dell'oggettiva incertezza sulla norma fiscale violata, ai sensi dell'art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000.
Infatti, quanto alle sanzioni irrogate per la deduzione, da parte della contribuente, dall'imponibile Irpef ed Irap del corrispettivo dell'acquisto dell'usufrutto quinquennale sul marchio, l'assorbimento deriva dall'accoglimento, in parte qua , dei ricorsi introduttivi della contribuente, con il conseguente venir meno dell'illecito sanzionato, a prescindere dalla concorrenza o meno dell'esimente invocata.
6. Le spese di merito si compensano e quelle di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie i ricorsi introduttivi riuniti della contribuente, compensa le spese di merito e condanna la resistente al pagamento, in favore della ricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 9.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024.