Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2763 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2763 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10855/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore AVV_NOTAIO pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’ Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato, che la rappresenta e difende per legge
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME, Prof. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, e presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO (sc. IX – int. 12), elettivamente domiciliata in virtù di procura speciale -controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna, n. 2996/9/17 del 25.09.2017, depositata il 30.10.2017 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per l’Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato l’AVV_NOTAIO;
udito per parte contror icorrente l’AVV_NOTAIO.
NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE che svolge l’attività di produzione e commercializzazione di autogrù fuoristrada e di di commercializzazione di autogrù usate, è (per quanto riguarda il periodo d’imposta 2008, che qui rileva):
posseduta al 100% dalla RAGIONE_SOCIALE (c.d. controllante diretta), con sede in Olanda, che esercita l’attività di direzione e coordinamento (in qualità di socio unico);
inserita in un Gruppo multinazionale che fa capo alla c.d. controllante indiretta statunitense RAGIONE_SOCIALE – USA, detentrice del marchio RAGIONE_SOCIALE;
titolare della partecipazione totalitaria (100%) in due società italiane e, cioè, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
aderente, per il periodo d’imposta 2008, al consolidato fiscale nazionale (in qualità di consolidante), ai sensi degli artt. 117 e ss. del T.U.I.R..
In data 22 dicembre 2004, la capogruppo statunitense RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cedente del diritto di usufrutto del marchio) e la controllata RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in qualità di cessionaria del diritto di usufrutto del marchio) hanno stipulato un contratto, denominato di cessione del diritto di usufrutto del marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
Con due distinti contratti stipulati lo stesso 22 dicembre 2004, la RAGIONE_SOCIALE ha quindi concesso in licenza d’uso il marchio RAGIONE_SOCIALE, acquisito in usufrutto dalla capogruppo americana, alle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, pur mantenendo il diritto di utilizzare essa stessa il medesimo marchio.
In conseguenza di tali operazioni, RAGIONE_SOCIALE ha:
pagato alla capogruppo statunitense un corrispettivo di € 8.738.697,00, quale costo di acquisizione del marchio, iscritto, tra le immobilizzazioni immateriali, nello stato patrimoniale del bilancio chiuso al 31 dicembre ed ammortizzato nell’anno 2004 (quota
pari a €. 43.071,00) e nei successivi anni per tutto il periodo di durata dell’usufrutto stesso (cinque anni). La quota di ammortamento dedotta nell’anno 2007 (qui in contestazione) è pari a € 1.747.740,00;
incassato – per i cinque anni di durata dell’usufrutto- le royalties dalle proprie controllate italiane RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per un importo complessivo di € 10.104.619,00.
L’RAGIONE_SOCIALE ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE – in virtù della sua duplice veste di consolidante e consolidata- un avviso di accertamento con il quale è stata rettificata – ai fini IRAP – la dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2008, recuperando a tassazione un maggior valore della produzione ai fini Irap, corrispondente alla quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio riferita all’anno d’imposta 2008, e pertanto accertando una maggiore IRAP ed irrogando la “sanzione amministrativa unica pari a Euro 117.803,75”, ma precisando che ‘tenuto conto RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate con gli atti relativi alle annualità precedenti, per un totale di Euro 139.273, 13, la sanzione relativa all’anno 20087è pari a Euro 0,00″ .
L’atto impositivo ha argomentato che già con gli avvisi di accertamento IRES-IRAP relativi agli anni d’imposta 2004, 2005, 2006 e 2007 l’RAGIONE_SOCIALE aveva ritenuto fiscalmente non rilevante l’operazione di cessione del diritto di usufrutto del marchio in esame- e recuperato a tassazione gli ammortamenti dedotti sia ai fini IRES che IRAPvalutando che la stessa operazione fosse priva di un motivo che ne giustificasse economicamente la realizzazione (e quindi la certezza e l’inerenza dei costi imputati in contabilità e dedotti fiscalmente dalla RAGIONE_SOCIALE) , poiché i prodotti RAGIONE_SOCIALE erano commercializzati dalla stessa contribuente già prima dell’acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio; né era stata provata l’assenza di un risparmio fiscale indebito, determinato dal trasferimento all’estero di materia imponibile, all’interno del medesimo gruppo di interesse economico.
Pertanto, l’Ufficio, come già avvenuto per gli anni 2004-2005-2006, ha ritenuto di recuperare a tassazione, anche per l’anno 2007, la quota di ammortamento del diritto di usufrutto del marchio, quale componente negativo di reddito, dedotto in assenza del requisito di inerenza, in violazione dell’art. 109, commi 1 e 5, del T.U.I.R..
Proposto dalla contribuente ricorso avverso l’avviso in questione, la Commissione tributaria provinciale di Bologna lo ha accolto, annullando l’atto impositivo.
L’appello dell’RAGIONE_SOCIALE è stato rigettato dalla sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna di cui all’epigrafe.
La sentenza d’appello ha ritenuto legittima la deduzione della quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2008.
3. Per la cassazione della decisione della CTR propone ricorso, affidato a tre motivi, l’RAGIONE_SOCIALE.
La contribuente si difende con controricorso, supportato da memoria.
Il P .M., nella persona del AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, chiede rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria lamenta « Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 D.lgs. 446/1997, dell’art. 109 DPR 917/1986 nonché dell’art. 39 DPR 600/1973 e degli artt. 2697 e 2729 in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.». Secondo la ricorrente, la CTR avrebbe erroneamente:
-ritenuto che l’inerenza e l’economicità dell’operazione andasse misurata sulla base del volume di affari, ovvero dell’incremento del fatturato conseguito dalla contribuente, nel periodo compreso dal 2004 al 2009, a seguito dell’utilizzo del marchio acquisito in usufrutto;
-trascurato, al fine di valutare l’economicità e l’inerenza del componente negativo controverso, la rilevanza del fenomeno economico, ovvero la circostanza, pacifica, che la contribuente già utilizzava da anni il marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘, per cui, secondo la ricorrente, non vi sarebbero ragioni per ritenere che l’aumento del fatturato sia stato occasionato dall’acquisizione dell’ usufrutto costituito su di un marchio in precedenza già usato senza oneri dalla stessa usufruttuaria;
-rilevato l’esistenza di ragioni generiche (“problemi in materia di transfer pricing secondo i canoni impartiti dall’OCSE nelle proprie direttive a cui aderì l’RAGIONE_SOCIALE con la circolare 22/09/1980 n. 32.9.2267, essendo la concedente del marchio residente negli U.S.A.») che avrebbero impedito alla contribuente di continuare ad utilizzare gratuitamente lo stesso marchio, invece di acquisirne l’usufrutto a titolo oneroso, sopportando il costo ora disconosciuto dall’RAGIONE_SOCIALE, nel presente giudizio relativamente alla quota oggetto di ammortamento nell’anno d’imposta controverso;
-affermato che «non esiste la presunzione dell’ufficio che il contratto serviva a spostare materia imponibile dall’RAGIONE_SOCIALE agli USA, essendo vigente la Convenzione tra RAGIONE_SOCIALE e Stati Uniti d’America del 17/04/1984 che all’art.24 prevede la non discriminazione della deduzione dei costi sostenuti tra imprese dei due Stati, con la conseguenza che il costo
subito dall’impresa in RAGIONE_SOCIALE corrisponde ad un utile ottenuto da un’impresa negli USA». Infatti, secondo la ricorrente, la deducibilità del costo di acquisizione dell’usufrutto sopportato dalla contribuente prescinde dalla tassazione del corrispondente ricavo in capo alla concedente consociata statunitense;
-ridimensionato la “mancata sottoposizione all’Assemblea’ della società contribuente RAGIONE_SOCIALE ragioni che avrebbero hanno indotto la contribuente a concludere il contratto per cui è causa, giustificata invece, secondo la ricorrente, dalla circostanza che l’operazione si sarebbe sostanziata in una semplice partita di giro, trattandosi di operazioni infragruppo.
2. Con il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE lamenta «Violazione e falsa applicazione degli artt. 1, secondo comma e 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 132, secondo comma, n, 4, cod. proc. civ., e 118 disp. att., in relazione all’art.360, primo comma, n. 4 c.p.c.».
Censurando in particolare il passaggio della sentenza impugnata in cui la CTR ha affermato che non esiste la presunzione dell’ufficio che il contratto serviva a spostare materia imponibile dall’RAGIONE_SOCIALE agli USA, la ricorrente assume che esso «suscita il dubbio del fraintendimento, da parte della Commissione Regionale, della ratio su cui si fonda l’azione accertativa», che non è quella di un’elusione, identificandosi piuttosto con l’antieconomicità e la conseguente mancanza di inerenza del costo disconosciuto.
Esprime quindi la ricorrente il dubbio che la motivazione resa dalla CTR, essendo fondata su tale eventuale fraintendimento, sia meramente apparente e perciò da considerarsi radicalmente carente.
3. Con il terzo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE lamenta « Violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del D.Lgs. 446/1997, dell’art. 39 DPR 600/1973 e degli artt. 2697 e 2729 in relazione all’art. 360 co.1 n. 3 c.p.c.».
Secondo la ricorrente, la CTR avrebbe violato i principi relativi al riparto dell’onere probatorio in materia, attribuendo all’Ufficio l’onere di provare che l’operazione fonte del costo disconosciuto fosse priva di reale contenuto economico, piuttosto che al contribuente l’onere di provarne l’economicità e l’inerenza, e comunque ritenendo necessaria una prova ‘piena’, trascurando pertanto la rilevanza presuntiva di alcuni dei fatti posti dall’Ufficio alla base del disconoscimento dei costi in esame.
Preliminarmente, deve esaminarsi l’eccezione della controricorrente, la quale segnala che il presente contenzioso (avente ad oggetto la deducibilità ai fini IRAP nell’anno 2008 – della quinta quota di ammortamento del costo di acquisizione del diritto
di usufrutto del marchio RAGIONE_SOCIALE) è strettamente connesso al contenzioso IRAP per il precedente anno 2007 (ove è stato impugnato l’analogo avviso di accertamento avente ad oggetto la ripresa a tassazione della quarta quota di ammortamento dello stesso costo), pendente tra le stesse parti e deciso, in senso favorevole alla RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, a sua volta impugnata con ricorso erariale per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, anch’esso fissato all’udienza odierna.
Evidenzia infatti la contribuente – richiamando, riproducendo e confrontando stralci della motivazione dei rispettivi avvisi di accertamento e RAGIONE_SOCIALE corrispondenti sentenze d’appello- che il contenzioso IRAP 2008 ha ad oggetto gli stessi ed identici fatti oggetto anche del contenzioso IRAP 2007, ed in particolare lo stesso contratto (stipulato il 22.12.2004) tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la medesima iscrizione (tra le immobilizzazioni immateriali) nello Stato Patrimoniale del Bilancio d’esercizio della contribuente chiuso al 31.12.2004, da cui originano le quote d’ammortamento per gli anni 2004-2009, contestate per le medesime ragioni, discendenti dal disconoscimento del componente unitario passivo, rappresentata dal costo successivamente ammortato periodicamente.
Tanto premesso, la controricorrente rileva altresì che la sentenza della CTR dell’EmiliaRomagna n. 2511/9/17, relativa al contenzioso IRAP 2007, ha accertato l’inerenza e la correlazione del costo (sostenuto per l’usufrutto del marchio) all’attività d’impresa (con conseguente inerenza RAGIONE_SOCIALE singole quote di ammortamento dedotte di anno in anno); la legittimità (almeno per quanto rileva ai fini fiscali) del contratto di usufrutto; l’ esistenza di valide ragioni economiche, per la contribuente, alla base della stipula del contratto di usufrutto del marchio, vista l’utilità, per la contribuente, dell’operazione in termini sia di sub-concessione dell’utilizzo del marchio alle controllate, sia di incremento del fatturato della stessa RAGIONE_SOCIALE
Aggiunge la controricorrente di aver eccepito, nel giudizio per cassazione avente n.r.g. 10863/2018, proposto dall’RAGIONE_SOCIALE ed anch’esso fissato all’udienza odierna, eccezione di inammissibilità, per tardività dell’impugnazione della sentenza della CTR dell’EmiliaRomagna n. 2511/9/17. L’accoglimento di tale eccezione e la conseguente irrevocabilità della ridetta sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17 verrebbero pertanto a costituire un giudicato esterno, avente ad oggetto la legittimità fiscale dell’intero componente negativo corrispondente al costo di acquisizione del diritto di usufrutto sul
marchio, i cui effetti si estenderebbero anche agli altri periodi d’imposta nei quali lo stesso costo è stato frazionato ed imputato a titolo di ammortamento.
5. L’eccezione è fondata.
Deve innanzitutto premettersi che, all’esito dell’udienza odierna, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso erariale, avente n.r.g. 10863/2018, avverso la sentenza della CTR dell’Emilia-Romagna n. 2511/9/17, che è quindi divenuta irrevocabile, passando in giudicato.
Quanto al contenuto di quest’ultima decisione (che la contribuente ha prodotto anche in questo giudizio, comparandone nel ricorso il contenuto a quella qui sub iudice , così come ha fatto con i rispettivi atti impositivi), deve confermarsi che esso attinge, nel merito, l’identico titolo unitario generatore del componente negativo frazionato nei vari ammortamenti periodici, riconoscendone, a monte, la legittimità e la deducibilità.
Ed invero, le deduzioni sul punto della contribuente trovano inequivoca conferma anche nello stesso ricorso erariale, il quale a sua volta (ad es. a pag. 2 ss.) premette e rivendica la matrice fattuale e giuridica comune degli avvisi relativi ai diversi anni d’imposta, identificandola nell’operazione di acquisizione del diritto di usufrutto sul marchio, da cui era scaturito il costo pluriennale contestato nei diversi periodi d’imposta.
5.1. Tanto premesso, le Sezioni Unite di questa Corte hanno già avuto modo di chiarire che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le
qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’RAGIONE_SOCIALE finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta.» (Cass., S.U., 16/06/2006, n. 13916. Conformi, ex multis , Cass. n. 6953 del 2015; Cass. n. 2433 del 2013; Cass. n. 16064 del 2017; Cass. 24/05/2022, n. 16684, in materia di rimborso).
La continuità di tale orientamento trova conferma, peraltro, nella successiva pronuncia RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite che, pur trattando la diversa questione della decadenza dell’RAGIONE_SOCIALE dalla potestà di accertamento relativamente a componenti pluriennali, ha rilevato, in motivazione (al punto 4.6) che « la questione è stata organicamente affrontata dalle Sezioni Unite nel 2006 (n.13916/06) e successivamente innumerevoli volte ripresa, anche e soprattutto nella specificazione e concretizzazione dei requisiti di ‘tendenziale permanenza’ e di ‘durevolezza’ degli elementi fattuali definitivamente acclarati che costituiscono il presupposto imprescindibile della estensione ad annualità̀ diverse del giudicato extra moenia (tra le molte, Cass. nn. 23723/13, 4832/15, 20257/15, 21824/18, 30033/18). Non è qui il caso di tornare sui risultati ai quali questa giurisprudenza, che interamente si richiama, è negli anni pervenuta (tra l’altro, anche includendo tra i fatti suscettibili di espansione nel tempo, perché́ certamente stabili, anche quelli ingeneranti le deduzioni pluriennali: Cass. 16064/17 ed altre)» (Cass., S.U., 25/03/2021, n. 8500), in motivazione, 4.6).
Nel contesto di tale consolidato orientamento, così come rilevato di recente da Cass. n. 29084 del 2022, « è stato chiarito che, in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, opera nei casi in cui vengano in esame fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti
per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, ed in cui l’elemento della pluriennalità, come affermato dalle Sezioni Unite nella citata sentenza, costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d’imposta in una sorta di maxi periodo: gli esempi tipici sono quelli RAGIONE_SOCIALE esenzioni o agevolazioni pluriennali, o della ‘spalmatura’ in più anni dell’ammortamento di un bene, o, in AVV_NOTAIO, della deducibilità di una spesa ovvero nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (cfr. Cass.13.12.2018 n.32254; Cass.7.09.2018 n.21824; Cass. 11.03.2015 n.4832). Tali principi risultano ulteriormente seguiti da questa Corte (cfr.Cass.7.12.2021 n.38743; Cass.4.03.2021 n.5939; Cass.28.11.2019 n.31084 tutte in materia di IVA) Di recente, sempre sulla scia dei principi citati, questa Corte (cfr. Cass.28.12.2018 n.33572; Cass.15.10.2021 n.28384) ha riconosciuto la sussistenza del giudicato esterno nel caso in cui l’Ufficio aveva ripetuto per più annualità la contestazione d’inerenza, statuendo che <<in tema di determinazione del reddito d'impresa ai fini dell'applicazione di imposte periodiche, il giudicato esterno formatosi in relazione a un determinato anno d'imposta sull'inerenza tra la spesa sostenuta e l'attività dell'impresa spiega efficacia vincolante nel giudizio relativo a un successivo anno d'imposta quando siano rimasti immutati gli elementi fattuali rilevanti ai fini della verifica dell'inerenza stessa» (Cass. n. 29084 del 2022, in motivazione).
Da ultimo, poi, in una fattispecie in materia di ammortamento, assimilabile quindi a quella qui in decisione, questa Corte ha rilevato che « Tali passaggi sono già̀ sufficienti a riconoscere che le valutazioni operate dal giudice regionale nella sentenza 4/06/2010 avessero ponderato l'esistenza dei requisiti della correttezza -sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE regole codicistiche e dei principi contabilidella iscrizione dell'avviamento al valore dell'operazione d'acquisto del ramo d'azienda (€ 4.500.000,00) e che tale accertamento, una volta passato in giudicato, non potesse che riflettersi sulla correttezza RAGIONE_SOCIALE quote d'ammortamento annuali dedotte anche negli anni d'imposta successivi, dipendenti sul piano logico e materiale dai fatti come accertati e qualificati con riguardo all'anno d'imposta in cui per la prima volta l'ammortamento era stato iscritto nel bilancio tra i beni immateriali, dando luogo alla legittimità̀ della deducibilità̀ RAGIONE_SOCIALE singole quote d'ammortamento ai sensi dell'art. 103, comma 3, del d.P.R. n. 917 del 1986 (1/18 annuo).» (Cass. n. 7437 del 2023).
Infine, sebbene il caso di specie riguardi due avvisi d'accertamento in materia della medesima imposta (IRAP), è utile ricordare che, secondo questa Corte, in tema di
contenzioso tributario, il giudicato esterno afferente la qualificazione giuridica di un negozio esplica effetto preclusivo anche nei giudizi tra le stesse parti relativi a diversi tributi, nei quali la medesima qualificazione giuridica rilevi ai fini della determinazione della base imponibile o di altro elemento della fattispecie impositiva (Cass. 05/10/2022, n. 28973).
5.2. Tirando quindi le conclusioni di quanto sinora argomentato, deve rilevarsi che sussistono i presupposti soggettivi ed oggettivi che giustificano l'estensione alla fattispecie qui controversa del giudicato esterno (maturato successivamente all'ultima udienza tenutasi, il 25 settembre 2017, innanzi la CTR, prima del deposito della sentenza qui impugnata, rilevato sulla base RAGIONE_SOCIALE indicazioni offerte dalla controricorrente e comunque rilevabile d'ufficio: cfr., ex plurimis , Cass. 21/04/2022, n. 12754) rappresentato dalla sentenza della CTR dell'Emilia-Romagna n. 2511/9/17, resa tra le stesse parti il 12 giugno 2017, depositata il 18 settembre 2017 e divenuta irrevocabile come accertato all'esito della declaratoria dell'inammissibilità, per tardività, del ricorso erariale per cassazione n.r.g. 10863/2018, trattato e deciso da questo Collegio nell'odierna udienza. Ne consegue, pertanto, il rigetto del ricorso erariale qui in decisione.
Le spese di legittimità seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura AVV_NOTAIO dello Stato , non si applica l'art. 13 comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2024.