Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8608 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8608 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9144 -2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso da ll’AVV_NOTAIO giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 532/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 18/1/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/3/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 3968/2019 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Caserta, in rigetto del ricorso proposto avverso cartella esattoriale per mancato pagamento TARI 2018 in favore del Comune di Marcianise.
Il Comune resiste con controricorso.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., violazione di legge dell’art. 12, comma 3, dell’art. 25 DPR 602/1973 e dell’ art. 7 L. 212/2000 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente respinto la doglianza circa il difetto di motivazione della cartella impugnata (quale primo atto impositivo) sebbene nella stessa non fossero stati indicati «gli estremi dell’immobile interessato» e la «tariffa applicata».
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte che il contribuente sia stato messo in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, in condizione di esercitare il diritto di difesa, con cognizione dei fatti (cfr. Cass. n. 6836/2014; Cass. n. 22003/2014), ed in particolare in tema di tassa sui rifiuti (TARI, nella
specie) questa Corte ha affermato che è sufficiente l’indicazione nell’atto della maggiore superficie accertata o della diversa tariffa o categoria ritenute applicabili, in quanto tali elementi, integrati con gli atti generali (quali i regolamenti o altre delibere comunali) – che non è necessario allegare, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, perché si rivolgono ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post , di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili (cfr. Cass. n. 7437 del 2019, Cass. n. 16165 del 2018, Cass. n. 7044 del 2014, Cass. n. 22804 del 2006) – sono idonei a rendere comprensibili i presupposti della pretesa tributaria, posta anche la semplicità del procedimento logico che in questi casi caratterizza la determinazione del tributo in esame, il cui ammontare viene determinato moltiplicando la tariffa, individuata sulla base della categoria, per la superficie tassata (cfr. Cass. n. 20620/2019 in motiv.).
1.4. Nel caso in esame, dunque, la Commissione tributaria regionale ha fatto corretta applicazione di tali principi accertando che nell’atto impugnato « sono riportati i dati essenziali ossia gli estremi dell’immobile interessato, la superficie presa a riferimento, la tariffa applicata e l’annualità di imposizione fiscale senza contare l’approfondita motivazione in diritto».
1.5. I motivi di censura, così come formulati, non prospettano dunque un vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, bensì un errore di fatto, che doveva essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque entro gli stretti limiti consentiti dall’attuale art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 D.L. n. 83/2012, convertito con modificazioni in L. n. 134/2012, e che nel caso in esame risultava peraltro in ogni caso inammissibile, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., rispetto alla quale la ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del
rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014).
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 1, commi 641, 642 e 649 prima parte, L. 147/2013 , dell’ art. 184, comma 3, lett. c, dell’ art. 198, comma 2 lett. g D.Lgs 152/2006 e dell’ art. 2909 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente rigettato la richiesta «applicazione del giudicato esterno, di cui all’ordinanza n. 23434/2019 della Cassazione» ritenendo legittimo l’operato del Comune di Marcianise, che aveva assimilato gli scarti industriali prodotti dalla contribuente ai rifiuti urbani e li aveva assoggettati alla TARI.
2.2. Con il quarto motivo, da esaminare congiuntamente al secondo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. violazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’ordinanza n. 23434/2019 della Corte di Cassazione, a conferma della sentenza n. 7457/2017 della Commissione tributaria regionale Campania, nonché violazione dell’ art. 184, comma 3 lett. c. D. Lgs 152/2006 e dell’ art. 1 comma 649 prima parte L. 147/2013 per avere la Commissione tributaria regionale disatteso il giudicato derivante dalle suddette pronunce affermando erroneamente «la natura di rifiuti ordinari assimilabili a quelli urbani, degli scarti industriali prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, con conseguente assoggettabilità alla TARI».
2.3. Con il quinto motivo, parimenti da esaminare congiuntamente ai precedenti motivi, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’art. 1, comma 649, terzo periodo L. 147/2013, dell’ art. 21 del Regolamento Comunale approvato con delibera n. 38 del 5/9/2014 e successive modifiche e dell’art. 2909 c.c. con riguardo all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 23434/2019, a conferma della sentenza n.7457/2017 della CTR Campania per avere la Commissione tributaria regionale, in violazione del giudicato, rigettato l’eccezione della contribuente relativa all ‘ esenzione della TARI, non solo per le aree di esercizio dell’attività di produzione, ma anche per i magazzini di materie
prime, di semilavorati e di prodotti finiti, in quanto funzionalmente connessi al processo industriale.
2.3. Le censure vanno parimenti disattese.
2.4. Il giudicato d erivante dall’ordinanza di questa Corte n. 23434/2019, pur vertendo tra le stesse parti e sui medesimi locali anche qui dedotti, ha tuttavia avuto ad oggetto annualità impositiva (2014) diversa da quella del presente giudizio (2018).
2.5. Ricorre in proposito il consolidato orientamento di legittimità -originatosi da Cass. SSUU n. 13916/06 e poi innumerevoli volte richiamato, anche nella specifica materia della tassa rifiuti -secondo cui l’efficacia espansiva del giudicato formatosi tra le stesse parti può in effetti investire anche annualità diverse da quelle in esso contemplate, ma a condizione che si verta di accertamenti fattuali o qualificazioni giuridiche del rapporto segnate sia da stabilità normativa, sia da durevolezza e tendenziale invarianza nel tempo, essendo stato affermato che nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente, mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo (cfr. ex plurimis Cass. n. 25516/2019; Cass. n. 38950/2021; Cass. n. 16684/2022; Cass. n. 2305/2024).
2.6. Nel caso di specie è la stessa ricorrente a porre in evidenza come il portato sostanziale del giudicato esterno in questione dovrebbe attestare -con forza preclusiva di intangibilità, ex art. 2909 c.c. -la tipologia dei rifiuti specificamente prodotti dalla contribuente e la destinazione dei locali collegati all’attività produttiva della stessa, con la necessità, dunque, di individuare un elemento fattuale della vicenda impositiva per sua natura suscettibile di mutare negli anni e quindi -richiamando la giurisprudenza -privo di quel «carattere stabile o tendenzialmente permanente» che si è visto giustificare l’espansione nel tempo del giudicato tributario esterno.
2.7. L’accertamento in questione andava pertanto svolto dal giudice di merito con riguardo alla specifica annualità 2018, non potendosi a priori escludere che la natura dei rifiuti prodotti in questa annualità potesse essere diversa -in tutto o in parte -da quella dell ‘ annualità colà considerata, non importa se per scelta aziendale, contingenza di mercato o qualsiasi altro fattore produttivo.
2.8. Questa conclusione tanto più si avvalora considerando poi che il nucleo del giudicato esterno invocato dalla ricorrente poggiava specificamente sul fatto che la società avesse in quel giudizio «provato» di produrre rifiuti speciali non assimilabili, con ciò introducendo un ulteriore elemento di mutevolezza in ordine non solo al variare dell’oggetto della prova (tipologia dei rifiuti prodotti anno per anno), ma anche dell’esito dell’attività dimostrativa posta a carico della società contribuente, che ben avrebbe potuto -per l’anno qui in esame invece non soddisfare il relativo onere probatorio, quand’anche assolto nelle annualità precedenti.
2.9. Corretta è dunque la decisione della Commissione Tributaria Regionale sul punto, avendo l’ordinanza di questa Corte, citata, investito -nell’oggetto di asserita rilevanza preclusiva ex art. 2909 c.c. -elementi della fattispecie impositiva o esonerativa in realtà non vincolanti, perché per loro natura non durevoli e necessariamente stabili, bensì suscettibili in fatto di mutare nel tempo a seconda delle annualità considerate.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti circa il conferimento dei rifiuti da parte della ricorrente ad imprese specializzate per lo smaltimento dei rifiuti speciali.
3.2. La Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: « … che si tratti di rifiuti speciali ordinari non può essere revocato in dubbio poiché, in assenza di una prova contraria, a tale conclusione conducono sia la ragione sociale che la concreta attività svolta nell’opificio sicché di altro non si trattava che di trucioli e di residui legnosi di lavorazione come del
resto indirettamente ammesso dal Comune allorquando ha sostenuto l’assimilabilità ai rifiuti speciali urbani. Senonché detta osservazione non giova per nulla all’appellante dal momento che l’esenzione dalla tassa risulta operativa esclusivamente allorquando il produttore provi di aver effettivamente provveduto allo smaltimento dei rifiuti in questione avvalendosi di ditte specializzate in modo che risulti scongiurata sia l’eventuale ipotesi di doppia imposizione, che si potrebbe verificare nel caso in cui l’interessato versi la tassa al Comune e nel contempo retribuisca la ditta incaricata della raccolta, che quella di doppia esenzione nel caso in cui non paghi l’onere al Comune e che lo smaltimento avvenga clandestinamente. Va senza dirsi che la prova grava direttamente sul contribuente giacché versiamo in una situazione di eccezione alla regola generale. Ebbene, per quanto riguarda detta prova la RAGIONE_SOCIALE non ha fornito alcunché per l’annualità 2018 sicché dobbiamo necessariamente inferirne che i rifiuti in questione non furono conferiti a ditte specializzate. Anzi, possediamo il carteggio intercorso con il Comune dal quale si evince che la Società aveva aperto un contenzioso con detto ente nei confronti del quale esponeva lamentele circa la mancata predisposizione dei cassonetti e circa l’asserito mancato regolare prelievo pubblico proprio dei prodotti rifiuti industriali assimilati. A detti argomenti di carattere sostanziale debbono aggiungersi poi anche quelli meramente formali. Difatti il Regolamento comunale prevede che gli interessati possono godere di una riduzione del dovuto sempreché dimostrino di aver avviato autonomamente al riciclo una percentuale dei rifiuti ma che l’agevolazione deve ottenere il vaglio del Comune il quale, ricevuta la richiesta nel termine decadenziale del 31 gennaio dell’anno successivo, con l’allegazione dei formulari e della prova documentale dell’avvio con le predette modalità, può accordare la riduzione dopo aver effettuato controlli e verifiche con esito positivo. Ebbene, tutto ciò non è stato adempiuto».
3.3. La Commissione tributaria regionale ha dato corretta applicazione, pertanto, al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, in tema
di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), ma gli stessi principi valgono anche per la TARI, spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (cfr. Cass. n. 2623 del 2023, 21250 del 2017).
3.4. Le prospettazioni della contribuente circa l’omesso esame della documentazione, prodotta nel corso del giudizio, a suo dire attestante l’intervenuto smaltimento dei rifiuti speciali tramite imprese specializzate non individuano, quindi, correttamente la doppia ratio decidendi , contenuta nella sentenza della Corte territoriale, circa la mancata prova della dichiarazione, per l’annualità in contestazione, circa la produzione dei rifiuti speciali nella denuncia originaria o di variazione da parte de ll’impresa contribuente.
3.5. In tal modo, la decisione è sorretta da una doppia ratio decidendi, sicché la ricorrente avrebbe dovuto dirigere la propria impugnazione anche contro tale statuizione.
3.6. Come è noto, infatti, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e
logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr. Cass. S.U. n. 7931 del 2013; Cass. nn. 4293 del 2016, 22753 del 2011).
3.7. Il motivo di ricorso risulta, pertanto, carente, in punto di ammissibilità, per la mancata censura della seconda ratio decidendi .
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio in favore del Comune controricorrente, liquidandole in euro 4.300,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, nonché spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge, se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 27.3.2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)