Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7940 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7940 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31596/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso CBA -Studio Legale e Tributario unitamente a ll’ Avv. COGNOME NOMECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, per procura in atti, e che ha indicato indirizzo p.e.c.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persone del Direttore generale pro tempore, ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 3820/2018 depositata il 07/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/01/2025 dal Co: COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società contribuente, operante nel settore edile, veniva attinta da un avviso di accertamento emesso ai fini Ires, Irap e Iva per l’anno d’imposta 2008 ai sensi dell’art. 30 L. n. 724/94 in materia di società non operative.
Segnatamente l’Amministrazione finanziaria operava la ripresa a tassazione sul presupposto dell’infedeltà della dichiarazione e del fatto che la società ricorrente non aveva avanzato richiesta di interpello disapplicativo.
Insorgeva con ricorso la contribuente ivi svolgendo censure attinenti al merito della ripresa a tassazione, tra cui il fatto di computare voci di bilancio irrilevanti ai fini del computo dell’operatività e l’errato calcolo del credito erariale ai fini IVA, mancando il presupposto dei tre anni consecutivi ai fini del superamento del test di operatività. Infatti gli avvisi emessi per gli anni d’imposta 2006 e 2007 erano stati annullati con sentenza passata in giudicato.
Il ricorso veniva accolto dalla CTP ma la sentenza veniva impugnata dall’Ufficio.
Nelle more del giudizio di appello la CTP di Frosinone annullava, con sentenza n. 4662 depositata in data 19.07.2006, l’atto impositivo emesso per l’anno d’imposta 2007 mentre la stessa CTR, in altro giudizio, rigettava l’appello erariale relativamente all’avviso di accertamento emesso per l’anno d’imposta 2006 con sentenza n. 3918 depositata in data 11.06.2018.
Ad ogni buon conto l’appello dell’Ufficio veniva accolto giusta sentenza n. 3820 depositata in data 07.06.2018.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente che si affida a tre motivi, mentre l’Amministrazione finanziaria si è riservata difese in pubblica udienza.
In prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta la violazione e/o errata applicazione dell’art. 29 d.l. n. 78/2010 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
In sintesi, denunzia la giuridica inesistenza dell’atto impositivo poiché non notificato per il tramite di un ufficiale giudiziario e, trattandosi di un elemento costitutivo della validità dell’atto, il difetto di notifica non può essere sanato attraverso la proposizione del ricorso. Ricorda poi la differenza tra gli atti impositivi impoesattivi primari e secondari. Precisa che trattandosi di un vizio attinente alla giuridica inesis tenza dell’atto, esso può essere sollevato in ogni fase, stato e grado del giudizio.
Il motivo è inammissibile.
Esso è inammissibile in quanto, non esplicitando la procedura notificatoria seguita dall’Ufficio, non trascrive l’atto che ne attesta l’esito e non consente di accertare la ragione su cui fonda il vizio.
Esso è parimenti inammissibile perché integrante un motivo nuovo.
Invero, l’avviso di accertamento tributario costituisce atto amministrativo, esplicativo della potestà impositiva degli uffici finanziari, e non atto processuale e non è pertanto funzionale al processo ma solo alla presentazione del ricorso alla commissione tributaria. Pertanto, alla notificazione dell’avviso di accertamento non sono applicabili i principi processuali attinenti al rilievo d’ufficio delle nullità (cfr. Cass., V, n. 10477/2008). A ciò aggiungasi che la notificazione dell’atto impositivo non è un requisito di validità, ma solo una condizione integrativa dell’efficacia dello stesso, sicché
l’inesistenza della notifica non determina in via automatica anche quella dell’atto, se di questo il contribuente ha avuto piena conoscenza entro i termini decadenziali di legge (Cass. n. 28735/2018).
Non vertendosi in ipotesi di questioni rilevabili d’ufficio, la censura si manifesta inammissibile perché nuova. Ed invero «i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in cassazione questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito e non rilevabili d’ufficio (Cass. 26/03/2012, n. 4787). Il contribuente, per evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice del merito, ma anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 16/06/2017, n. 15029; 31/01/2006, n. 2140)» (cfr. Cass., V, n. 7803/2020).
Oneri cui il contribuente non ha dato seguito con conseguente inammissibilità della doglianza.
Il secondo motivo ha ad oggetto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
In sintesi, la società ricorrente critica la CTR per non essersi avveduta della formazione del giudicato sui distinti anni d’imposta 2006 e 2007 e sui relativi avvisi di accertamento, entrambi annullati in forza di sentenze ad essa favorevoli e non impugnate.
In particolare, rileva che l’avviso di accertamento per il 2007 era stato annullato dalla sentenza n. 4226 depositata in data 19.07.2006, passata in giudicato, così deducendo l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 30 della L. n. 724/9 4 per gli
anni d’imposta 2006 e 2007 e rinviando, per il resto, alle pagine 5 e 6 del ricorso ove riportava la sintesi dei motivi di primo grado.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
Con memoria depositata in prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha prodotto sentenza n. 4664/40/2016 resa dalla CTR per il Lazio, sez. stacc. di Latina, depositata il 19 luglio 2016, in copia conforme e munita dell’attestazione di passaggio in giudicato .
Tale sentenza accoglie l’appello di parte contribuente avverso il diniego di interpello disapplicativo per l’anno di imposta 2007. Viene , dunque, a cadere la presunzione di inoperatività per un anno del biennio 2006 e 2007 su cui si fonda l’atto impositivo , rendendo quindi illegittima la ripresa a tassazione su base presuntiva.
Trova dunque applicazione il costante orientamento sancito da questa Corte secondo cui «Il ricorrente che deduca la violazione di un giudicato esterno deve, a pena di inammissibilità del ricorso, riprodurre in quest’ultimo il testo della sentenza passata i n giudicato, non essendo a tal fine sufficiente il riassunto sintetico della stessa.» (cfr. Cass., II, n. 17576/2016).
La citata sentenza, passata in giudicato, esplica effetti riflessi anche nel presente giudizio, vedendosi accertate le circostanze del ritardo nel rilascio dei titoli edilizi necessari per intraprendere la costruzione che hanno costretto la società contribuente a dover attendere per poter iniziare i lavori e la messa in opera del centro commerciale, cui stava attendendo a far data dal 2003.
Con il terzo motivo la società contribuente prospetta la violazione e/o errata applicazione dell’art. 30 L. n. 7 24/1994 in parametro all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.
Richiama i fatti occorsi, tra cui il tardivo rilascio di un permesso di costruire solo in data 30.11.2006 e la circostanza che la variante al titolo rilasciato era stata successivamente richiesta in ragione di mutate esigenze commerciali e scelte discrezionali della stessa contribuente, come tali non censurabili dall’Amministrazione
finanziaria. Soggiunge che, essendo incontestata la titolarità del solo immobile realizzato in forza del titolo edilizio citato, allora l’immobile stesso (in allora non edificato) non avrebbe potuto essere considerato come voce di reddito con l’effetto di risultare provata l’inattività come dovuta a impedimenti oggettivamente non imputabili alla stessa società contribuente. Si tratta di verificare la titolarità del solo immobile realizzato e di valutare il carattere oggettivo dell’impedimento a realizzarlo nell’anno.
Il terzo motivo è inammissibile.
Ed infatti «La ricorrente punta in realtà a sollecitare un riesame della quaestio facti e ad ottenere un diverso apprezzamento delle emergenze istruttorie, che hanno già costituito oggetto di valutazione ad opera dei giudici di entrambi i gradi di merito (Sez. 5, Ordinanza n. 12240 del 06/05/2024). Sotto le mentite spoglie della violazione e/o falsa applicazione di legge, infatti, si censura la valutazione delle prove non legali che – secondo un consolidato orientamento di legittimità – è un tipico accertamento di fatto rimesso alla valutazione del giudice di merito e sottratto allo scrutinio di legittimità, eccetto che sotto il profilo del difetto di motivazione (Sez. 2, Ordinanza n. 13792 del 17/05/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 13444 del 15/05/2024), nella specie neppure dedotto e, in ogni caso, qui non ravvisabile» (Cfr. Cass., V, n. 19343/2024).
Il ricorso è quindi fondato per le ragioni attinte dal secondo motivo, dev’essere accolto con rinvio al giudice di merito perché si attenga ai sopra enucleati principi.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinti gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per il Lazio, in diversa composizione, cui demanda altresì la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 22/01/2025 e, in seconda convocazione, il