Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13784 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13784 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 23/05/2025
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza n. 2251/52/2017, depositata il 13 marzo 2017, della Commissione tributaria regionale della Campania;
Tarsu Tia Tares Riscossione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25438/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
Comune di Ischia (P_IVA), in persona del Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dall’ avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente –
e
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
-con sentenza n. 2251/52/2017, depositata il 13 marzo 2017, la Commissione tributaria regionale della Campania ha accolto l’appello del Comune di Ischia, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime cure che aveva accolto l’impugnazione di una ingiunzione di pagamento emessa per la riscossione della TARSU dovuta dal contribuente in relazione agli anni dal 2006 al 2007;
1.1 -il giudice del gravame ha escluso che – così come ritenuto dal giudice del primo grado – il giudicato evocato dal contribuente giudicato recante annullamento degli avvisi di accertamento costituenti atti presupposti dell’impugnata ingiunzione di pagamento – fosse opponibile al Comune di Ischia, in quanto:
«Il precedente giudizio sul quale risulta formato il giudicato aveva ad oggetto degli avvisi di accertamento in merito al tributo TARSU che erano stati emessi e notificati ad istanza esclusiva del Comune di Ischia ente impositore, senza la partecipazione alcuna del concessionario al procedimento né di formazione né di notifica degli atti»; tanto che «Nelle stesse note informative in calce ai provvedimenti è infatti specificato che l’eventuale ricorso andava proposto nei confronti dell’ente emittente.»;
in quel giudizio il concessionario risultava, pertanto, privo di legitimatio ad causam «in assenza di atti ad esso imputabili»;
– COGNOME NOME ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi;
il Comune di Ischia resiste con controricorso mentre RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Considerato che:
-col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 83, 156, 161 e 182 cod. proc. civ., al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 18 e 50, deducendo che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello proposto da controparte a ministero del difensore nominato in procura, e atteso che, in effetti, non sussisteva una valida procura in quanto quella apposta in calce al ricorso di appello era stata rilasciata:
-dal «Sindaco p.t. Ing. NOME COGNOME» (laddove nell’intestazione dell’atto il Sindaco era stato identificato per «Ing. NOME NOME COGNOME»);
in relazione al «procedimento RGR 1135/16, promosso da COGNOME Salvatore contro il Comune di Ischia, pendente innanzi alla CTP Napoli sez. 17» laddove veniva (diversamente) in rilievo il procedimento n. 926/2015 di R.G., promosso da esso esponente nei confronti del Comune di Ischia e definito con sentenza n. 2941/12/16 del 18 febbraio 2016;
1.1 – il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 102 e 324 cod. proc. civ., ed al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, artt. 53, comma 2, 20, commi 1 e 2, 22, commi 1, 2 e 3, assumendo, in sintesi, il ricorrente che:
la sentenza (n. 1336, del 20 gennaio 2014), passata in giudicato – che aveva escluso in esso esponente la qualità di soggetto passivo del tributo – doveva ritenersi opponibile al Comune di Ischia – e, ad ogni modo, alla RAGIONE_SOCIALE gravando sull’age nte della riscossione -quale litisconsorte necessario dell’Ente impositore -l’onere di chiamare in giudizio quest’ultimo;
la pronuncia di prime cure era stata emessa (anche) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE così che, per un verso, il Comune di Ischia avrebbe dovuto impugnarla nei confronti di detta parte, e, per il restante, il giudice del gravame avrebbe dovuto integrare il contraddittorio;
-il primo motivo di ricorso è inammissibile;
-va difatti rilevato che, con specifico riferimento alla rappresentanza processuale delle persone giuridiche, la Corte ha rimarcato che laddove il potere rappresentativo abbia origine da un atto della persona giuridica non soggetto a pubblicità legale -come nel caso che ne occupa di rilascio di procura – incombe a chi agisce l’onere di riscontrare l’esistenza di tale potere a condizione, però, che la contestazione della relativa qualità ad opera della controparte sia tempestiva, non essendo il giudice tenuto a svolgere di sua iniziativa accertamenti in ordine all’effettiva esistenza della qualità spesa dal rappresentante, dovendo egli solo verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire in nome e per conto della persona giuridica abbia anche asserito di farlo in una veste astrattamente idonea ad abilitarlo alla rappresentanza processuale della persona giuridica stessa (così Cass. Sez. U., 1 ottobre 2007, n. 20596 cui adde , ex plurimis , Cass., 22 marzo 2019, n. 8120; Cass., 30 settembre 2014, n. 20563);
in relazione al principio di diritto appena esposto, si è, pertanto, rilevato che con l’impugnazione, in sede di legittimità, della sentenza d’appello non può essere messa in discussione l’ammissibilità della costituzione nel procedimento di secondo grado, sotto il profilo del difetto di ritualità e validità della procura conferita dalla parte, ove la questione non sia stata tempestivamente sollevata nello stesso secondo grado di giudizio, nel quale il giudice non abbia ritenuto d’ufficio di dovere richiedere alla parte la dimostrazione dell’effettività e della legittimità dei relativi poteri rappresentativi (Cass., 19 novembre 2024, n. 29779; Cass., 18 maggio 2017, n. 12461; Cass., 5
novembre 2009, n. 23467; Cass., 4 aprile 2008, n. 8806; Cass., 24 ottobre 2007, n. 22330);
e va rimarcato che, a detti fini, per l’appunto rilevava il disposto di cui all’art. 182, c omma 1, cod. proc. civ. – la cui applicazione, nel processo tributario, consegue (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2) dal principio di integrazione delle relative disposizioni processuali ad opera di quelle, con esse compatibili, del codice di rito civile (Cass., 11 marzo 2020, n. 6799; Cass., 4 luglio 2019, n. 17986; Cass., 2 marzo 2017, n. 5372; Cass., 17 febbraio 2016, n. 3084) – posto che detta disposizione, -in quanto norma di natura non eccezionale e suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva ed applicazione analogica (Cass., 6 marzo 2018, n. 5259; Cass., 17 giugno 2014, n. 13711) – deve ritenersi applicabile sinanche alla questione relativa alla prova della dedotta legitimatio ad causam (Cass., 16 novembre 2020, n. 25869; Cass., 21 giugno 2017, n. 15414; Cass., 17 giugno 2014, n. 13711);
-nemmeno il secondo motivo di ricorso – che pur prospetta profili di inammissibilità – può trovare accoglimento;
4.1 -come si desume dalla pronunce rese dai giudici di merito, il ricorso introduttivo del giudizio era stato proposto – nei confronti dell’Ente impositore e dell’agente della riscossione – facendo valere il giudicato che (in tesi) si era formato relativamente agli atti presupposti (avvisi di accertamento) che, per l’appunto, erano stati annullati (sentenza n. 1336, depositata il 20 gennaio 2014, della Commissione tributaria provinciale di Napoli);
come la Corte ha avuto modo di rilevare, nel processo tributario, ai sensi del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 10, sussiste la legittimazione passiva dell’agente della riscossione quando oggetto della controversia è l’impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili e, cioè, solo nel caso di vizi propri della cartella di pagamento e
dell’avviso di mora; in tale ipotesi l’atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio dell’atto e, non è configurabile un litisconsorzio necessario con l’ente impositore (Cass., 9 novembre 2016, n. 22729; Cass., 11 marzo 2011, n. 5832; Cass., 6 maggio 2002, n. 6450; Cass., 17 settembre 2001, n. 11667);
la Corte ha, altresì, statuito che la disposizione di cui al d.lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, – alla cui stregua «Il ricorso in appello è proposto … nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado» – non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili (Cass., 5 novembre 2021, n. 31922; Cass., 27 ottobre 2017, n. 25588; Cass., 18 settembre 2015, n. 18361; Cass., 12 novembre 2014, n. 24083; Cass., 3 gennaio 2014, n. 45), categoria, la seconda, cui deve ascriversi il litisconsorzio facoltativo tra agente della riscossione ed Ente impositore;
conclusione, questa, che di recente è stata condivisa dalle Sezioni Unite della Corte che, per l’appunto, hanno statuito che il disposto dell’art. 53, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, scindibili e dipendenti, delineata dalle regole processualcivilistiche, cosicché, in base agli artt. 331 e 332 c.p.c., nelle cause scindibili non vi è obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti di quelle parti del giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione all’appello sia venuto meno (Cass. Sez. U., 30 aprile 2024, n. 11676);
nella fattispecie, pertanto, difettavano i presupposti dell’ordine di integrazione del contraddittorio in appello in quanto – risultando controversa, tra le parti, la questione relativa alla insussistenza della pretesa impositiva, in ragione del giudicato favorevole conseguito dalla parte – il giudizio di appello era delimitato dai motivi di impugnazione
che non involgevano un vizio proprio dell’atto emesso dall’agente della riscossione;
4.2 -quanto, ora, al profilo di censura che involge la formazione del giudicato esterno, rileva, innanzitutto, la Corte che parte ricorrente non svolge alcuna specifica censura in ordine all’interpretazione degli atti qual operata dal giudice del gravame che, come anticipato, ha rilevato che nell’evocato giudizio, definito con sentenza passata in giudicato, la parte convenuta risultava priva di legitimatio ad causam , «in assenza di atti ad esso imputabili», ed atteso che in quel giudizio venivano in rilievo « … avvisi di accertamento in merito al tributo TARSU che erano stati emessi e notificati ad istanza esclusiva del Comune di Ischia ente impositore, senza la partecipazione alcuna del concessionario al procedimento né di formazione né di notifica degli atti»;
4.2.1 -quanto rilevato dal giudice del gravame è, innanzitutto, conforme al principio di diritto espresso dalla Corte, secondo il quale (solo) se il Comune – in applicazione del d.lgs. n. 446 del 1997, art. 52, che regola la potestà regolamentare generale delle Province e dei Comuni in materia di entrate, anche tributarie, – affidi il servizio di accertamento e riscossione dei tributi, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nella suddetta disposizione – concessione che, in quanto tale, reca una delega, ed attribuzione, di funzioni pubbliche (v. Cass., 22 febbraio 2016, n. 3449; Cass., 19 luglio 1999, n. 7662) il potere di accertamento del tributo spetta non già al Comune, ma al soggetto concessionario, al quale è pertanto attribuita anche la legittimazione processuale per le relative controversie (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 10, c. 1; v., ex plurimis , Cass., 23 marzo 2023, n. 8420; Cass., 11 febbraio 2021, n. 3437; Cass., 30 settembre 2019, n. 24276; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25305; Cass., 8 ottobre 2010, n. 20852;
Cass., 19 marzo 2010, n. 6772; Cass., 21 gennaio 2008, n. 1138; Cass., 5 agosto 2004, n. 15079);
4.2.2 -per di più, la Corte ha rimarcato che la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 cod. civ. opera soltanto rispetto alle questioni su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato e non rispetto a statuizioni meramente apodittiche (v. Cass., 7 dicembre 2021, n. 38767; Cass. Sez. U., 2 dicembre 2016, n. 24646; v., altresì, Cass., 20 marzo 2014, n. 6543; Cass., 25 novembre 2010, n. 23918; Cass., 6 agosto 2009, n. 18041);
e, nella fattispecie, lo stesso diretto esame della pronuncia in questione (che è intervenuta tra la parte, odierna ricorrente, e la RAGIONE_SOCIALE) dà, in effetti, conto della completa anomia di riferimenti ad una concessione del servizio di accertamento, detta pronuncia dando (solo) atto della impugnazione di «6 intimazioni di pagamento notificate il 16.9.11 emesse dalla società RAGIONE_SOCIALE per il Comune di Ischia»;
-le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1 quater).
P.Q.M.
La Corte
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 1.400,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.