Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18613 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18613 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17799/2022 R.G. proposto da:
NOMECOGNOME rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
PEC:
PEC: EMAIL
Cartella di pagamento -IRPEF – giudicato
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore .
– intimata –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LIGURIA n. 13/2022, depositata in data 4 gennaio 2022.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA IRAP per l’anno di imposta 2014. In particolare, il ricorrente era socio della RAGIONE_SOCIALE di De RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, poi cessata; tale società, asserita inattiva, subiva l’imposizione della maggiore IRAP calcolata sul reddito presunto, ai sensi dell’art.
30 della legge n. 724/1994, sicché ai soci della stessa venivano attribuiti presunti redditi.
Avverso la cartella di pagamento, il contribuente socio NOME COGNOME proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Genova, la quale con sentenza n. 237/2019 rigettava il ricorso, rilevando che la dedotta circostanza della asserita non operatività della società, quale causa di esclusione della applicazione della legge n. 742/1999, non potesse trovare applicazione dovendo essere fatta valere in sede di impugnativa dell’avviso di accertamento notificato alla s.a.s.
Contro tale sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi alla C.t.r. della Liguria; l’Ufficio si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
La C.t.r. della Liguria, con sentenza n. 13/2022, depositata in data 4 gennaio 2022, rigettava l’appello, confermando la sentenza di prime cure.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Liguria, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 4 giugno 2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso proposto ai sensi de ll’art. 360 , co. 1, n. 3, cod. proc. civ., così rubricato: «Violazione o falsa applicazione in specie quanto all’art. 5 T.U.I.R. letto in combinazione con gli artt. 30 legge n. 724/1994 e 36 bis DPR 600/1973 nonché quanto all’esecutività della sentenza tributaria ex art. 67-bis d.lgs. n. 546/1992», il contribuente lamenta l ‘error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che la sentenza n° 4614/2018 emessa il 15 ottobre 2018 dalla C.t.r. Lombardia sez. 21 per IRAP 2013 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e passata in giudicato fosse
condivisibile e che le sue motivazioni fossero perfettamente applicabili anche al caso in esame riguardante l’IRAP per l’anno di imposta 2014 per il socio NOME COGNOME
2. Il ricorso è infondato.
Costituisce principio giurisprudenziale pacifico (cfr., ex multis , Cass. 06/06/2023, n. 15846) quello secondo cui il principio della rilevabilità in sede di legittimità del giudicato esterno, sempre che questo risulti dagli atti comunque prodotti nel giudizio di merito, deve essere coordinato con l’onere di completezza e autosufficienza del ricorso, per cui la parte ricorrente che deduca il suddetto giudicato deve indicare il momento e le circostanze processuali in cui i predetti atti siano stati prodotti, senza possibilità di depositare per la prima volta la sentenza in sede di legittimità, atteso che tale facoltà è consentita solo in caso di giudicato successivo alla sentenza impugnata.
Ancora si è ribadito che «affinché il giudicato esterno -per quanto rilevabile d’ufficio – possa far stato in accoglimento della relativa eccezione, la certezza della sua formazione deve essere provata attraverso la produzione della sentenza, completa della motivazione, posta a fondamento dell’eccezione, e recante il relativo attestato di cancelleria di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., non potendone risultare la portata dal solo dispositivo» (v., da ultimo, Cass. 16/12/2024, n. 32882).
Nel caso di specie il ricorrente, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., non ha adempiuto all’onere di depositare la sentenza della C.t.r. lombarda n. 3390/2021 depositata il 23 settembre 2021 munita di idonea certificazione (art. 124 att. cod. proc. civ.) dalla quale risulti che la pronuncia non è soggetta ad impugnazione e ciò perché la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di provare il passaggio in giudicato della sentenza resa in altro giudizio, non soltanto producendo la sentenza stessa (come avvenuto nel caso di specie), ma anche corredandola della citata
idonea certificazione (onere, invece, non assolto dal ricorrente), non potendosi ritenere né che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza. (v. Cass. 29/08/2013, n. 19883 e Cass. 18/04/2017, n. 9746).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese essendo rimasta intimata l’Agenzia delle Entrate. Infine, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, in un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, 4 giugno 2025