Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3204 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3204  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Cart. Pag. Credito d’imposta 2006
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15189/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente  domiciliata  in  Roma  presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO sito in INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore , con  sede  in  INDIRIZZO,  INDIRIZZO rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio legale in Roma,  INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso  la  sentenza  della  COMM.TRIB.REG.  SICILIA -SEZIONE STACCATA  CATANIA -n.  5033/17/2015,  depositata  in  data  04 dicembre 2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 10 giugno 2010 la contribuente riceveva notifica della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, mediante cui si richiedeva il pagamento della somma complessiva di € 7.012,34, comprensiva di interessi, sanzioni e compensi di riscossione a titolo di recupero credito d’imposta anno 2006. La rettifica originava da un controllo automatizzato effettuato ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e/o dell’art. 54 -bis d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, al cui termine si riscontrava un indebito utilizzo dell’ulteriore credito d’imposta occupazionale art. 63, comma primo, lett. b), l. 27 dicembre 2002, n. 289, nella dichiarazione presentata per il periodo d’imposta 2006.
 Avverso  la  cartella  di  pagamento,  la  contribuente  proponeva ricorso  dinanzi  alla  C.t.p.  di  Catania;  si  costituiva l’RAGIONE_SOCIALE, deducendo la piena legittimità del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 388/03/2011, rigettava il ricorso della contribuente, confermando l’atto impugnato.
Contro la sentenza proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. della Sicilia; si costituiva l’ufficio, controdeducendo l’inammissibilità del gravame e, nel merito, la piena legittimità del proprio operato.
Tale Commissione, con sentenza n. 5033/17/2015, depositata in data  4  dicembre  2015,  rigettava  l’appello,  confermando  l’operato del giudice di prime cure.
Avverso  la  sentenza  della  C.t.r.  della  Sicilia, la  ricorrente proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso.
Questa Corte, con ordinanza interlocutoria n. 6091 del 2023, resa in esito alla camera di consiglio del 21 febbraio 2023 (per la quale la  contribuente  depositava  memoria),  rinviava  la  causa  a  nuovo ruolo  affinché venissero  acquisiti  i  fascicoli  d’ufficio  di  entrambi  i gradi di merito.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 15 dicembre 2023 per la quale è stata depositata memoria dalla contribuente.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di legge: art. 2909 cod. civ. e art. 2697 cod. civ. (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.)» la ricorrente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha rigettato l’appello proposto dalla contribuente, ritenendo non applicabile al caso di specie la sentenza della C.t.p. di Catania n. 16/04/2010 depositata in data 13 gennaio 2010, e non definibile la presente controversia sulla base RAGIONE_SOCIALE ricostruzioni esposte dalla parte contribuente con correzioni a penna riportate sulle copie dei Modelli di dichiarazione depositati in atti.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.)» la ricorrente lamenta che la C.t.r. ha omesso di valutare la rilevanza processuale, in sede d’appello, della sentenza passata in giudicato della C.t.p. di Catania n. 16/04/2010 depositata in data 13 gennaio 2010, che ha confermato la spettanza del credito d’imposta dal 2002 al 2005 in favore della società contribuente ed ha ritenuto pienamente assolto l’onere probatorio in capo al contribuente attraverso la documentazione versata in atti, non contestata dall’ufficio.
I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione in quanto afferenti entrambi all’operatività del preteso giudicato  della  sentenza  della  C.t.p.  di  Catania  n.  16/04/2010, depositata in data 13 gennaio 2010, sono infondati.
Non  risulta ex  actis depositata  la  sentenza  in  argomento  munita della  certificazione  di  cancelleria,  ex  art.  124  RAGIONE_SOCIALE  disposizioni  di
attuazione del cod. proc. civ., che avverso lo stesso provvedimento non è stata interposta impugnazione.
Infatti tale sentenza, che sia munita della predetta necessaria certificazione, pur invocata ripetutamente come passata in giudicato, non risulta allegata né al ricorso, né alle due memorie depositate -e con le quali si è invocato ripetutamente l’operatività di tale giudicato -né all’atto di appello innanzi alla C.t.r. della Sicilia, né al ricorso innanzi alla C.t.p. di Catania, per come questo Collegio ha potuto constatare dopo aver richiesto, con l’ordinanza interlocutoria n. 6091/2023, e consultato i fascicoli di entrambi i gradi di giudizio. Né, per quanto comunque più rileva, essa è stata prodotta in questa sede.
Va ricordato allora che la parte che eccepisce il giudicato esterno ha l’onere di fornirne la prova, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. c.p.c., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza (Cass. 02/03/2022, n. 6868 , ex plurimis ). Deve escludersi pertanto che possa ritenersi fondata l’eccezione posta a base del ricorso.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 3.700,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai  sensi  dell’art.  13,  comma 1 -quater ,  d.P.R.  30  maggio  2002, n. 115,  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo  unificato,  nella  misura  pari  a  quello  previsto  per  il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 15 dicembre 2023.