Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24710 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24710 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10071-2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’ avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, presso il cui studio legale sito in Agrigento, alla INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura
Oggetto : comunicazione preventiva iscrizione ipotecaria -intimazione di pagamento -notifica atti prodromici -cartelle di pagamento -giudizi riuniti
speciale in calce al controricorso, dall’ avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL, ed elettivamente domiciliata in Roma, al INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4007/08/2018 della Commissione tributaria regionale della SICILIA, depositata in data 25/09/2018;
nonché
sul ricorso iscritto al n. 6260-2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’ avv. NOME COGNOME presso il quale è elettivamente domiciliata, con domicilio digitale pec: );
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (pec: EMAILavvocaturastatoEMAIL), presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7101/03/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della SICILIA, depositata in data 29/08/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10 luglio 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato alla RAGIONE_SOCIALE in data 07/01/2016, impugnò la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria n. NUMERO_DOCUMENTO notificatale in data
10/11/2015, limitatamente ai crediti di natura erariale, deducendo l’irregolare notifica delle prodromiche tre cartelle di pagamento n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA
1.1. La CTP di Agrigento accolse il ricorso con sentenza n. 1796/02/2017, che la CTR della Sicilia, adita dall’Agenzia delle entrate, con sentenza n. 4007/08/2018 depositata in data 25/09/2018, riformò integralmente sostenendo che dalla documentazione prodotta agli atti del giudizio risultava che le tre cartelle di pagamento erano state regolarmente notificate ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, presso la sede della società contribuente con consegna effettuata rispettivamente in data 07/08/2014, 11/08/2015 e 23/02/2015 nelle mani degli addetti alla ricezione degli atti, con successivo invio delle raccomandate informative aventi rispettivamente n. NUMERO_DOCUMENTO, n. 15159607738-6 e n. 151596054890. Sosteneva, quindi, che alla stregua di tale accertamento era preclusa alla società contribuente la contestazione di vizi attinenti alla pretesa impositiva ormai resasi definitiva per omessa tempestiva impugnazione delle cartelle di pagamento con conseguente assorbimento di ogni altra doglianza.
1.2. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, iscritto al n. 10071/2019 R.G. replica con controricorso l’intimata che in data 29/05/2025 deposita memoria illustrativa ed istanza di riunione del giudizio a quello iscritto al n. 6260/2024 R.G.
La società contribuente impugnò anche l’intimazione di pagamento notificatole dalla Riscossione Sicilia s.p.a. limitatamente ai crediti di natura tributaria con riferimento alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA che sosteneva non esserle mai stata regolarmente notificata.
2.1. La CTP di Agrigento accolse il ricorso con sentenza che la CTR della Sicilia, adita dall’ente riscossore, con sentenza n. 122/8/2019 depositata in data 09/01/2019, riformò integralmente «rilevando che, come accertato con sentenza nr 4007/8/18, emessa in data 19/2018 dalla CTR della Sicilia nel giudizio avente ad oggetto il ricorso averso la cartella di pagamento, l’atto
prodromico all’intimazione di pagamento era stato correttamente notificato in data 23/2/2015 a mani dell’impiegato della società addetto alla ricezione degli atti ai sensi dell’art 60 1° comma, lett. b) bis dPR 600/73 e dell’ad 139 cpc ed era stata data comunicazione di tale notifica a mezzo di raccomandata semplice» (così in Cass. n. 9294/2021, di cui si dirà a breve).
2.2. Avverso tale statuizione la società contribuente propose ricorso per cassazione che questa Corte decise con l’ordinanza appena sopra richiamata, con cui dichiarò inammissibili i primi due motivi di ricorso, incentrati sulla questione della notifica della cartella di pagamento impugnata, ed accolse il terzo affermando che la CTR aveva omesso di pronunciarsi «sugli altri motivi del ricorso in primo grado, riproposti nelle controdeduzioni dell’appello aventi ad oggetto l’omessa motivazione e la mancata sottoscrizione dell’atto di intimazione la decadenza dal potere di riscuotere le somme richieste con la cartella di pagamento e la mancata indicazione del procedimento di calcolo degli interessi». Conseguentemente, cassò la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinviò la causa alla CTR.
2.3. Riassunto il giudizio dinanzi al giudice del rinvio, quest’ultimo con sentenza n. 7101/03/2023, depositata in data 29/08/2023, accolse l’originario appello dell’Ufficio.
Hanno sostenuto i giudici di appello che:
-) «Il motivo riferito alla ‘decadenza dal potere di riscuotere le somme di cui alla cartella di pagamento’, è infondato. Diversamente da quanto sostenuto dalla Società, l’Agente della Riscossione ha dato prova della notifica della cartella di pagamento (cfr. documentazione in atti) presupposta all’intimazione opposta. Ne consegue che sono dovuti i tributi portati dalla cartella in questione con relativa legittimità dell ‘ intimazione in parola»;
-) « Il motivo riferito alla ‘Illegittimità dell’intimazione di pagamento per omessa motivazione e per mancata chiarezza in violazione dell’art. 7 L. 212/2000’ è infondato. La decisione in esame ha sinteticamente statuito che la società RAGIONE_SOCIALEha inoltre contestato l’eccezione di difetto di motivazione
dell’intimazione, affermando che la motivazione è stata assolta per relationem, rinviando all’atto presupposto (cartella) di cui il contribuente ha avuto conoscenza, essendogli stata notificata (Cass. Sez. Unite 14/5/2010 n. 11722). La sentenza in parola, quindi, ha affrontato la questione e l’ha decisa secondo la legge. Va rilevato che gli atti della riscossione devono contenere esclusivamente dei dati sintetici al fine di motivare le somme già richieste in precedenza. Nel caso di specie, si tratta di un atto della riscossione notificato alla società contribuente, la quale aveva in precedenza ricevuto la notifica della cartella. L’intimazione originariamente opposta conteneva già tutte le indicazioni necessarie per informare la società contribuente sulle ragioni in fatto e in diritto, che giustificano la richiesta di pagamento e sono stati riportati i dettagli dell’intero debito, facendo riferimento alla cartella notificata, da cui si evincono tutte le somme dovute distinte per tipologia del debito, interessi, sanzioni, con descrizione anno di riferimento, debito residuo scaduto, interessi di mora, aggio, compensi di riscossione, come si può evincere dall’atto in originale notificato, depositato nel giudizio di primo grado dalla ricorrente»;
-) « Il motivo riferito ‘mancata indicazione del procedimento di calcolo degli interessi’ è infondato. Sul tema in esame si osserva che la cartella tardivamente opposta è stata notificata: pertanto deve ritenersi legittima la decorrenza degli interessi di mora e di aggio».
-) «Con riguardo al calcolo degli interessi di mora, nell’intimazione opposta è riscontrabile il dettaglio degli addebiti con la descrizione delle somme iscritte a ruolo e degli importi dovuti sia per imposta, sanzioni, interessi, recupero spese di notifica (cfr documentazione in atti)».
2.4. Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione, iscritto al n. 6260/2024 R.G., affidato a tre motivi, cui replica l’Agenzia delle entrate Riscossione, subentrata a Riscossione Sicilia s.p.a., che ha preliminarmente chiesto la riunione del giudizio a quello iscritto al n. 10071/2019 R.G.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente disposta la riunione del giudizio iscritto al n. 6260/2024 R.G. a quello di più antica iscrizione, n. 10071/2019 R.G., in quanto il primo avente ad oggetto la medesima cartella di pagamento impugnata, unitamente ad altre due, nel ricorso da ultimo indicato e vertenti entrambi i giudizi tra le medesime parti, essendo l’Agenzia delle entrate Riscossione controricorrente nel sopra indicato primo giudizio in quanto subentrata ex lege a Riscossione Sicilia s.p.a., controricorrente nel giu dizio cd. ‘portante’.
Ciò premesso, va dato atto dei motivi di ricorso proposti dalla società ricorrente nel giudizio iscritto al n. 10071/2019.
Con il primo motivo deduce la « violazione dell’art. 360 n. 3 e 5 per violazione e falsa applicazione dell’art. 25, comma 1, d.P.R 602/1973, violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 60 comma 1 lett. b. bis d.P.R. n. 600/73», censurando la sentenza impugnata per non avere i giudici di appello rilevato l’irregolarità delle notifiche delle cartelle di pagamento emergente dal contenuto della relata di notifica prodotta in giudizio dal concessionario per la riscossione.
3.1. Sostiene al riguardo che:
-l’atto riportava un indirizzo insufficiente, ‘Aragona c.INDIRIZZO INDIRIZZO , quindi privo del l’indicazione esatta e completa del luogo in cui la notifica sarebbe dovuta avvenire, e precisamente: ARAGONA INDIRIZZO, INDIRIZZO, Capannone B7;
la notifica era stata effettuata mediante consegna di due cartelle di pagamento (la prima e la terza di quelle sopra elencate) a tale COGNOME Elisa, soggetto non abilitato, né tantomeno incaricato al ritiro degli atti e, pertanto completamente diverso dal destinatario, Sig. COGNOME Giuseppe, legale rappresentante pro tempore della società, a tutt’oggi, residente in INDIRIZZO come si evinceva dal certificato storico di residenza prodotto in atti nel giudizio di primo grado;
la seconda delle sopra elencate cartelle di pagamento era stata invece notificata a tale COGNOME NOME impiegato, soggetto non abilitato alla ricezione degli atti, né, tantomeno incaricato al ritiro degli stessi;
la notifica non era stata accompagnata dall’avviso previsto dall’art. 60 , comma 1, lett. b-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973, a nulla rilevando l’avviso di avvenuta notifica prodotto in atti dalla resistente, in quanto privo della copia della busta e della ricevuta di ritorno, completa dell’indicazione del soggetto che ne aveva curato il ritiro.
Con il secondo motivo di ricorso deduce la « violazione dell’art. 360 n. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione degli art. 2697 comma 1° c.c. e dell’art. 145 c.p.c. circa il mancato assolvimento dell’onere probatorio posto a carico di RAGIONE_SOCIALE circa l’ulteriore – illegittimità della procedura di riscossione delle cartelle di pagamento n. 29120150009901479, n. NUMERO_CARTA, n. NUMERO_CARTA: violazione dell’art. 145 del c.p.c. ».
4.1. Sostiene la ricorrente che aveva errato al CTR a ritenere regolari le notifiche delle cartelle impugnate benché effettuate a mani di soggetti non abilitati né tantomeno incaricati al ritiro.
Con il terzo motivo deduce la « violazione dell’art. 360 n. 3) e 5) per l’errore in giudicando commesso dai giudici regionali per non essersi pronunciati con adeguata motivazione anche sui motivi di ricorso, posti a sostegno nel primo grado di giudizio e davanti alla stessa riproposti, oltre che sui motivi difensivi spiegati con la memoria di costituzione nel giudizio di appello».
5.1. Lamenta la ricorrente che i giudici di appello avevano omesso di pronunciare sugli altri motivi del ricorso in primo grado, riproposti nelle controdeduzioni dell’appello, aventi ad oggetto:
la «decadenza dal potere di riscuotere le somme richieste con la cartella di pagamento», stante l’irregolare notifica delle stesse;
la «illegittima decorrenza degli interessi di mora ed aggio e mancata indicazione del procedimento di calcolo degli interessi»;
la «illegittimità della comunicazione preventiva di ipoteca per omessa motivazione e per mancata chiarezza in violazione dell’art. 7 L. 212/2000».
5.2. Sostiene, inoltre, che i giudici di appello non avevano considerato le argomentazioni svolte con le controdeduzioni in relazione alle questioni poste dalla Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.a. con riferimento alle spese processuali di primo grado, avendo questa eccepito in appello la «violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992», nonché dell’art. 96 cod. proc. civ.
Va preliminarmente rilevato che sulla questione della notifica della cartella di pagamento n. 29120140020990740, che la ricorrente sostiene essere stata irregolarmente effettuata, si è formato il giudicato esterno, rappresentato dalla sentenza della CTR della Sicilia n. 122/8/2019, depositata in data 09/01/2019, che, accogliendo l’appello dell’Ufficio avverso la sfavorevole sentenza di primo grado di Agrigento, aveva affermato che «l’atto prodromico all’intimazione di pagamento» (ovvero la predetta cartella di pagamento) era stato correttamente notificato in data 23/2/2015 a mani dell’impiegato della società addetto alla ricezione degli atti ai sensi dell’art. 60 1° comma, lett b) bis dPR 600/73 e dell’art 139 cpc ed era stata data comunicazione di tale notifica a mezzo di raccomandata semplice». Sentenza, questa della CTR, divenuta definitiva a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 9294/2021, che aveva rigettato i due motivi di ricorso proposti dalla società contribuente con riferimento alla sopra indicata statuizione d’appello.
6.1. In materia di giudicato, viene primariamente in rilievo la pronuncia delle Sezioni unite di questa Corte che nella sentenza n. 13916 del 16/06/2006 ha fissato due fondamentali principi.
6.1.1. Con il primo (Rv. 589695 – 01), per la parte qui di interesse, muovendo dal presupposto che «Nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile d’ufficio, non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche nell’ipotesi in cui il giudicato si sia formato successivamente alla
pronuncia della sentenza impugnata», questa Corte ha affermato che il giudicato esterno costituisce «elemento che non può essere incluso nel fatto, in quanto, pur non identificandosi con gli elementi normativi astratti, è ad essi assimilabile, essendo destinato a fissare la regola del caso concreto, e partecipando quindi della natura dei comandi giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero fatto. Il suo accertamento, pertanto, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio del “ne bis in idem”, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione».
6.1.2. Con il secondo (Rv. 589696 – 01), ha affermato che «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche
preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente. In riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta».
6.3. Dal principio di diritto enunciato discende che il momento condizionante dell’effetto espansivo del giudicato è da individuarsi nella “invarianza nel tempo” di un elemento della fattispecie comune ad entrambi i giudizi come nel caso di specie, in cui oggetto di esame nella presente causa ed in quella definita con statuizione d’appello irrevocabile a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 9294/2021, laddove l’elemento invariante del medesimo rapporto va rinvenuto nella notificazione della cartella di pagamento oggetto di entrambi i giudizi riuniti.
6.4. In buona sostanza, una volta che, con statuizione di cui alla sentenza della CTR n. 122/08/2019, resasi definitiva a seguito dell’ordinanza di questa Corte sopra citata, è stata affermata la regolarità della notifica della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA la questione non può essere più dibattuta.
6.5. L’effetto preclusivo del giudicato esterno formatosi sulla sentenza della CTR della Sicilia n. 122/08/2019 si produce per espansione dell ‘ efficacia
oggettiva di detto giudicato nella diversa causa, avente ad oggetto la stessa cartella di pagamento, in considerazione della identità dell’accertamento, in entrambe le cause, attinente alla regolarità della notifica dell’atto.
6.6. La conclusione cui si è pervenuti è avallata dalla giurisprudenza di questa Corte che in un caso analogo ha rigettato il ricorso con cui si contestava la legittimità di una cartella esattoriale sul presupposto che il precedente avviso di accertamento era stato irregolarmente notificato, lì dove era stato accertato, di ufficio dalla Corte, che l’avviso di accertamento era stato regolarmente impugnato e nel relativo procedimento era stato eccepito il vizio della notifica ma l’eccezione era stata respinta, con sentenza passata in giudicato, a seguito di pronuncia della Cassazione (così in Cass. n. 8614/2011).
Con riferimento alle altre due cartelle di pagamento, n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA, il primo e secondo motivo sono inammissibili, come peraltro correttamente eccepito dalla controricorrente.
7.1. Innanzitutto, per difetto di specificità non avendo la ricorrente riprodotto nel ricorso, né allegato allo stesso e nemmeno localizzato negli atti del giudizio di merito, la documentazione relativa alla notificazione di dette cartelle.
7.1.1. Invero, la verifica della fondatezza della dedotta irregolarità della loro notificazione presuppone la riproduzione nel corpo del ricorso quanto meno del contenuto della relata di notifica, o almeno la sua allegazione al ricorso o l’ esatta localizzazione negli atti del giudizio di merito, che sono attività nella specie non effettuate.
7.1.2. Richiamando quanto recentemente affermato da Cass., Sez. U, n. 22986/2024 (in motivazione , par. 3), l’orientamento espresso dalla più recente giurisprudenza di questa Corte sulla cosiddetta autosufficienza o autonomia del ricorso per cassazione (Cass. S.U. 18 marzo 2022 n. 8950; Cass. S.U. 30 novembre 2022 n. 35305; Cass. 26 giugno 2024 n. 17670; Cass. 25 giugno
2024 n. 17445; Cass. 21 giugno 2024 n. 17183; Cass. 16 maggio 2024 n. 13565; Cass. 10 maggio 2024 n. 12906; Cass. 29 aprile 2024 n. 11362) è nel senso che ««la «specifica indicazione» degli atti processuali e dei documenti, già richiesta dal testo previgen te dell’art. 366, comma 1, n. 6 cod. proc. civ., va letta alla luce dei principi stabiliti nella sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (Succi e altri c. Italia), che ha ritenuto il requisito formale compatibile con il principio di cui all’art. 6, par. 1, della CEDU, a condizione che, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa. È stato, di conseguenza, affermato che se, da un lato, la «specifica indicazione» non si può «tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso» (così Cass. S.U. n. 8950/2022), dall’altro sono comunque necessarie l’individuazione chiara del contenuto dell’atto nonché la prod uzione o l’indicazione della esatta collocazione dello stesso nel fascicolo processuale. Ciò perché il requisito di ammissibilità del ricorso è finalizzato a consentire al giudice di legittimità l’esatta comprensione del contenuto della doglianza nonché la valutazione sulla fondatezza della stessa e, pertanto, come evidenziato dalla Corte EDU nella citata pronuncia del 28 settembre 2021, serve a semplificare l’attività dell’organo giurisdizionale nazionale, assicurando nello stesso tempo la certezza del diritto, la corretta amministrazione della giustizia, l’utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili ( punti 75, 78, 104 e 105 della motivazione)».
Ma i motivi in esame sono inammissibili anche sotto altro profilo.
8.1. Invero, nel caso di specie i giudici di appello hanno accertato che le tre cartelle di pagamento erano state regolarmente notificate ai sensi dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, presso la sede della società contribuente con consegna effettuata rispettivamente in data 07/08/2014, 11/08/2015 e 23/02/2015 nelle mani degli addetti alla ricezione degli atti con successivo invio delle raccomandate informative aventi rispettivamente n. 20002290086-2, n. 15159607738-6 e n. 151596054890.
8.2. Pertanto, è ben evidente che con i motivi in esame la ricorrente, sotto lo schermo del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in realtà pone in discussione il predetto accertamento, sicché la censura trasmoda nella revisione della quaestio facti , richiedendo inammissibilmente a questo Giudice di legittimità l’esercizio di poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito (cfr. in tale prospettiva, tra le altre, Cass. n. 18715/2016, Cass. n. 3965/2017, Cass. n. 6035/2018).
8.3. D’altro canto è noto che il vizio di violazione di legge «consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativ o della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità» (cfr., ex multis , Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549 -02; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 – 01), e ciò in quanto il vizio di sussunzione «postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito» (Cass., Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01; Cass., Sez. 3, ord. n. 19651 del 16/07/2024, Rv. 671812 01).
Il secondo motivo di ricorso è anche manifestamente infondato alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «In tema di procedimento di notifica della cartella esattoriale, ai sensi dell’art. 139, comma 2, c.p.c. la qualità di persona di famiglia o di addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda di chi ha ricevuto l’atto si presume iuris tantum dalle dichiarazioni recepite dall’ufficiale giudiziario nella relata di notifica, incombendo al destinatario, che
contesti la validità della notificazione, l’onere di fornire la prova contraria ed, in particolare, l’inesistenza di alcun rapporto con il consegnatario comportante una delle qualità suindicate» (Cass. n. 5372024; n. 11228/2021; n. 9240/2019; n. 27587/2018). Prova che nella specie non risulta essere stata mai fornita.
Il terzo motivo è fondato nei limiti di cui appresso si dirà ed in ogni caso non può condurre all’accoglimento dei motivi di appello che la CTR ha – alcuni a torto, altri a ragione – ritenuto assorbiti.
10.1. Invero, nel caso di specie i giudici di appello dopo aver dichiarato la regolarità della notifica delle cartelle di pagamento, prodromiche all’avviso di iscrizione ipotecaria, pure impugnato, ha ritenuto «assorbito l’esame di ogni altra doglianza», tra cui quella diretta a censurare il difetto di motivazione di tale avviso.
10.2. Orbene, con riferimento a tale domanda è evidente che la stessa non si trovava in rapporto di subordinazione né logica né giuridica con la domanda formulata con riferimento alle prodromiche cartelle di pagamento, in quanto questa (incentrata sull’irregolarità della notifica delle cartelle di pagamento) era diretta ad ottenere l’invalidazione delle cartelle mentre la prima (incentrata sul difetto di motivazione dell’avviso di iscrizione ipotecaria) era diretta ad ottenere l’invalidazione di tale atto, e quindi sono domande aventi ad oggetto atti tra loro del tutto diversi che potevano condurre ad esiti definitori potenzialmente non sovrapponibili, con la conseguenza che l’illegittimo assorbimento in tal modo disposto comporta il vizio di omessa pronuncia (arg. da Cass. n. 693/2024). Ed infatti, solo la statuizione di accoglimento della domanda formulata con riferimento alle cartelle di pagamento poteva privare di utilità l’esame e la conseguente statuizione sulla domanda formulata con riferimento all’avviso di iscrizione ipotecaria, ma non viceversa .
10.3. Peraltro, l’omessa specifica indicazione da parte del giudice, dei presupposti in fatto e in diritto che legittimano la declaratoria di assorbimento
si risolve in una omissione di pronuncia, comportante la nullità della decisione sul punto (Cass. n. 26507/2023; n. 12193/2020).
10.4. Ciò posto, deve ancora osservarsi che il vizio di omessa pronuncia su domanda ritualmente introdotta in giudizio non comporta la necessità di cassare con rinvio la sentenza affinché il giudice di merito si pronunci sulla questione posta con il motivo d’appello non esaminato quando però non vi sia necessità di ulteriori accertamenti di fatto vertendosi su questione di puro diritto, giacché in tale ipotesi la Corte può statuire sulla medesima, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., in ossequio al principio giurisprudenziale secondo cui «Alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo, come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ., ispirata a tali principi, una volta dichiarata la nullità – con conseguente cassazione – della sentenza impugnata (nella specie, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo), la Corte di cassazione, qualora sia posta, con altro motivo di ricorso, una questione di mero diritto e su di essa si sia svolto il contraddittorio e non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto, può direttamente decidere la causa nel merito, attuando il previsto rimedio impugnatorio di carattere sostitutivo» (Cass. n. 24914 del 2011).
10.5. Ciò precisato, osserva il Collegio che la società contribuente aveva dedotto come motivo del ricorso originario, riproposto in grado di appello, la «illegittimità della comunicazione preventiva di ipoteca per omessa motivazione e per mancata chiarezza in violazione dell’art. 7 L. 212/2000», specificando nel motivo che «Nel caso che ci occupa la comunicazione preventiva di ipoteca si limita ad indicare solamente il numero delle cartelle di pagamento e non anche del ruolo ad essa presupposto elementi questi indispensabili al fine della legittimità del provvedimento impositivo oggi impugnato».
10.6. Orbene, il motivo è manifestamente infondato atteso che è la stessa società ricorrente ad affermare che l’atto conteneva l’indicazione del numero delle cartelle di pagamento, elemento questo sufficiente ad integrare la motivazione di quell’atto, posto che, in conseguenza del rigetto della domanda di irregolarità della notifica di dette cartelle, le stesse erano da quella conosciute, mentre nessuna disposizione impone l’indicazione nel preavviso di iscrizione ipotecaria del ruolo presupposto a quelle cartelle, peraltro desumibile dal loro contenuto. Al riguardo, questa Corte, ancorché in materia previdenziale, ha affermato che «Il preavviso di iscrizione ipotecaria emesso sulla base di cartelle di pagamento relative a crediti per contributi previdenziali è correttamente motivato mediante il richiamo agli atti presupposti, che, in quanto già destinati alla stessa parte, sono da questa conosciuti o conoscibili e non necessitano perciò di allegazione all’atto impugnato».
10.7. Il motivo di appello va quindi rigettato.
Gli altri motivi che la ricorrente sostiene essere stati erroneamente assorbiti dalla sentenza impugnata riguardavano:
la «decadenza dal potere di riscuotere le somme richieste con la cartella di pagamento» stante l’irregolare notifica delle stesse;
la «illegittima decorrenza degli interessi di mora ed aggio e mancata indicazione del procedimento di calcolo degli interessi» nelle cartelle impugnate;
le argomentazioni svolte con le controdeduzioni in relazione alle questioni poste dalla RAGIONE_SOCIALE con riferimento alle spese processuali di primo grado, avendo questa eccepito in appello la «violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992», nonché dell’art. 96 cod. proc. civ.
11.1. Orbene, in relazione a tali questioni è di tutta evidenza come la statuizione di assorbimento pronunciata dai giudici di appello sia assolutamente corretta, in quanto la dichiarata regolarità della notifica delle cartelle di pagamento precludeva alla parte contribuente la proposizione di
questioni attinenti al merito della pretesa erariale incardinata in dette cartelle (nella specie, agli interessi di mora e al loro calcolo, nonché all’aggio), mentre comportava il rigetto implicito, più che l’assorbimento, dell’eccezione di decadenza in quanto in diretta correlazione alla mancata notifica delle cartelle. Lo stesso è a dirsi per le questioni relative alle spese processuali che i giudici di appello hanno regolato in ossequio al principio della soccombenza.
In estrema sintesi, il ricorso iscritto al n. 10071/2019 R.G. va integralmente rigettato.
Il ricorso iscritto al n. 6260/2024 R.G. è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo la società ricorrente deduce la «violazione dell’art. 360 n. 3 e 5 per non aver ritenuto meritevoli di accoglimento i motivi relativi alla nullità e/o illegittimità della comunicazione preventiva di ipoteca impugnata a seguito della decadenza dal potere di riscuotere le somme richieste», «stante l’inesistenza della notifica delle cartelle di pagamento n° NUMERO_CARTA n° NUMERO_CARTA e n° NUMERO_CARTA».
Con il secondo motivo deduce la « violazione dell’art. 360 n. 3 e 5, per violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l.212/2000, per illegittimità della comunicazione preventiva di ipoteca per omessa motivazione e per mancata chiarezza», sostenendo che la CTR aveva errato nel ritenere congruamente motivato l’atto benché « la comunicazione preventiva di ipoteca si limita ad indicare solamente il numero delle cartelle di pagamento e non anche del ruolo ad essa presupposto elementi questi indispensabili al fine della legittimità del provvedimento impositivo impugnato».
Con il terzo motivo deduce la « violazione dell’art. 360 n. 3) e 5) per non aver ritenuto meritevoli di accoglimento i motivi relativi alla illegittimità’ dell’atto impugnato, per illegittima decorrenza degli interessi di mora ed aggio e mancata indicazione del procedimento di calcolo degli interessi», sostenendo, al riguardo che «le somme pretese a titolo di interessi di mora quale conseguenza della mancata notifica delle cartelle di pagamento come anche l’aggio previsto per l’Agente incaricato per la riscossione, non sono dovute».
Va preliminarmente esaminata e rigettata, perché infondata, l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione della statuizione di inammissibilità del ricorso in riassunzione che, secondo la controricorrente, sarebbe contenuta nella sentenza impugnata.
17.1. Invero, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia ha pronunciato nel merito delle questioni poste dall’appellante in riassunzione, «in disparte i profili di inammissibilità» del ricorso in riassunzione fondati sul rilievo che la società ricorrente aveva più volte fatto riferimento nel ricorso ad una sentenza (quella n. 4007/08/2019 impugnata con il ricorso cd. ‘portante’) diversa da quella effettivamente cassata da questa Corte (n. 122/08/2019) e richiamato le argomentazioni svolte in quella sentenza piuttosto che in quest’ultima.
17.2. Deve, però, osservarsi che i giudici di appello non hanno comunque ritenuto che ciò potesse condurre ad una pronuncia di inammissibilità del ricorso in riassunzione, al riguardo essendo inequivocabile l’incipit motivazionale della sentenza impugnata, in cui si legge: «In disparte i profili di inammissibilità, di cui si dirà a breve, il ricorso per riassunzione è infondato e va rigettato».
17.3. Pertanto, tale affermazione non costituisce autonoma ratio decidendi , sicché non poteva costituire oggetto di impugnazione.
17.4. L’eccezione va, pertanto, rigettata.
A diversa soluzione deve pervenirsi con riguardo al ricorso in esame atteso che nello stesso la società contribuente fa sempre e solo espresso riferimento alla «comunicazione preventiva di ipoteca» che è atto del tutto diverso dall’intimazione di pagamento , oggetto del giudizio riassunto.
18.1. Invero è difficile ritenere che la ricorrente sia incorso in mero errore materiale nell’indicazione dell’atto originariamente impugnato, stante la ripetitività del riferimento, in tutti i motivi di ricorso, al preavviso di iscrizione ipotecaria, piuttosto che all’intimazione di pagamento. Ma anche a voler compiere un tale arduo sforzo, i motivi di ricorso non si sottraggono alla
dichiarazione di inammissibilità in quanto tutti fondati sulla premessa della irregolarità della notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, su cui, invece, era caduto il giudicato interno a seguito della pronuncia cassatoria di questa Corte.
Conclusivamente, anche questo ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in favore delle controricorrenti nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi riuniti.
Condanna la ricorrente al pagamento in favore di Riscossione RAGIONE_SOCIALE.p.a. dell’importo di euro 13.800,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge , nonché al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate Riscossione dell’importo di 13.800,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2025