Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9908 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 3580/2020, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei procuratori speciali e legali rappresentanti p.t. NOME COGNOME e NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE FINECO s.p.a. RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentate e difese, per procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv. NOME
RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio del quale hanno eletto domicilio in ROMA, INDIRIZZO NOME INDIRIZZO
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2563/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 14 giugno 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso .
Rilevato che:
Unicredit s.p.a., consolidata, e Finecobank Banca Fineco s.p.a., consolidante, impugnarono innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano l’avviso di accertamento con il quale veniva rettificato il reddito della seconda ai fini Ires per l’anno 2007, previa contestazione dell’indebita deduzione di perdite su crediti, in violazione degli artt. 101, comma 5, e 109, comma 1, del TUIR, e di componenti negative relative a operazioni con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, in violazione dell’art. 110, commi 10 e 11, del TUIR.
I giudici adìti accolsero il ricorso.
Il successivo appello erariale fu accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con la sentenza n. 7357/2016.
La sentenza d’appello fu tuttavia impugnata per revocazione dalle società contribuenti, limitatamente alla parte dell’atto impositivo concernente le operazioni con soggetti residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, sul rilievo della contrarietà della decisione ad altra pronunciata dalle stesse parti ed avente autorità di cosa giudicata.
I giudici regionali, con la sentenza indicata in epigrafe, accolsero l’impugnazione , rilevando:
-che l’invocata sentenza definitiva aveva escluso l’applicabilità, a fini Irap, del divieto di deducibilità dei costi in questione;
che detta decisione riguardava «i medesimi fatti, medesimo periodo d’imposta e medesime disposizioni normative» della vicenda in esame, traeva origine dal medesimo processo verbale di constatazione e atteneva alla medesima annualità, seppur concernendo diversa imposta;
che, dunque, sussistevano i presupposti per attribuire a tale decisione l’effetto vincolante proprio del giudicato esterno.
Detta ultima sentenza è stata impugnata da ll’Agenzia delle entrate con ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Le società contribuenti hanno depositato controricorso, seguito da memoria illustrativa.
Il Procuratore Generale ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.
Considerato che:
1. L’unico motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 395, num. 4, cod. proc. civ. e degli artt. 66 ss. del d.lgs. n. 546/1992.
L’ Amministrazione osserva che, in materia tributaria, sussiste un contrasto di giudicati quando due decisioni riguardino il medesimo rapporto e che tale requisito difetta nella specie, poiché le sentenze concernevano due imposte diverse, connotate da autonomi presupposti impositivi, distinte basi imponibili di riferimento e con differenti aliquote applicabili.
Va preliminarmente rilevato che, con la memoria depositata in prossimità dell’udienza , la difesa delle controricorrenti ha chiesto disporsi il rinvio del presente giudizio con quello di cui al n.r.g. 16845/2017, originato dal ricorso per cassazione dalle stesse proposto avverso la sentenza d’appello poi oggetto di revocazione parziale.
La richiesta non merita accoglimento, sul rilievo del fatto che i due giudizi, originati da domande con presupposti affatto diversi, mantengono piena autonomia, ciò che non ne giustifica la trattazione congiunta sotto alcun aspetto; il rinvio della presente causa comporterebbe, pertanto, un’immotivata dilatazione della sua durata.
Ciò premesso, e venendo all’esame dell’unico motivo di ricorso, lo stesso è fondato e va accolto.
3.1. Questa Corte ha affermato in più occasioni che la sentenza pronunciata con riferimento a una determinata imposta, ancorché fondata sui medesimi fatti rilevanti ai fini dell’applicazione di un ‘ imposta diversa, non spiega efficacia preclusiva nel giudizio avente ad oggetto quest’ultima, essendosi formata mediante l’applicazione di norme giuridiche diverse da quelle sotto le quali deve aver luogo la sussunzione della fattispecie controversa (v. Cass. n. 24416/2024; Cass. n. 35596/2019; Cass. n. 14596/2018; Cass. n. 235/2014).
Poiché nel caso di specie vengono in rilievo l’Ires, nel presente giudizio, e l’Irap, nel giudizio definito, non ricorre la dedotta efficacia espansiva del giudicato esterno, perché le due imposte presentano presupposti strutturali diversi, ancorché la pretesa impositiva sia fondata sui medesimi elementi di fatto.
3.2. Al riguardo, è appena il caso di sottolineare che la struttura dell’ Irap non si fonda su un modello di deducibilità dei costi assimilabile a quello che, in base al principio di inerenza, si riscontra nella disciplina dell’Ires.
In quest’ultima imposta, infatti, l’elemento materiale del presupposto si identifica con il reddito netto -in ragione di quanto previsto dall’ art. 73, 75 e 83 del TUIR (rispettivamente concernenti i soggetti passivi d’imposta, la base imponibile e la determinazione del reddito complessivo) ; l’Irap , invece, è un’imposta di carattere reale
che ha ad oggetto un fatto economico diverso dal reddito e la sua base imponibile è data dal «valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione» (art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997).
La determinazione della base imponibile è, a sua volta, differenziata a seconda dei soggetti passivi e, nel caso delle società di capitali, quali le ricorrenti, si determina (art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997) principalmente in base alla «differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13)».
Inoltre, s econdo la logica propria dell’ Irap, dal valore della produzione vengono scorporati solo alcuni costi, con una radicale differenza rispetto a quanto avviene per la determinazione della base imponibile dell’I res, dove, operando il principio di inerenza, non è concepibile alcuna esclusione a priori.
Tale scelta evidenzia, pertanto, una profonda differenza tra il criterio di calcolo del valore della produzione netta e quello del reddito netto, dal momento che alcuni costi necessariamente inerenti e deducibili per quest’ultima grandezza non sono considerati scorporabili o deducibili per la prima.
Dal richiamato principio si è discostato il giudice a quo ; il ricorso, pertanto, va accolto e, conseguentemente, la sentenza impugnata è cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto della domanda di revocazione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di revocazione della sentenza n. 2563/2019 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 14 giugno 2019.
Condanna le controricorrenti, in solido fra loro, al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025.