Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4718 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4718 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
Società non operative; giudicato esterno per altri anni di imposta
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12196/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura in calce al ricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 3137/18 depositata in data 8/10/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11/01/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
L ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate di Catanzaro accertava , per l’anno di imposta 2011, maggior reddito a fini Ires e Irap nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, in base alla disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operative di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994.
La CTP di Catanzaro rigettava il ricorso della società.
La CTR della Calabria rigettava l’appello .
Contro tale sentenza propone ricorso la società, in base a sei motivi, illustrati da successiva memoria
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del l’11 /01/2024.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., la società deduce il giudicato esterno costituito dalle sentenze rese inter partes dalla CTP di Catanzaro n. 308/04/12 per l’anno 2007 e n. 134/01/2013 per l’anno 2008, che hanno escluso che la società potesse essere qualificata come non operativa, ai sensi degli artt. 2909 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., accertando un punto fondamentale comune costituente presupposto logico giuridico degli avvisi di accertamento.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 30 della l. n. 724 del 1994, e del giudicato formale e sostanziale ex art. 2909 cod. civ., censurando la decisione laddove ha ritenuto la natura non operativa della società sulla base di fatti relativi ad annualità anteriori, dal 1998 al 2007, riflettenti circostanze coperte dal giudicato intervenuto sul medesimo tributo negli anni 2007 e 2008.
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., la società deduce il giudicato esterno costituito dalle sentenze rese inter partes dalla CTP di Catanzaro n. 308/04/12 per l’anno 2007 e n. 134/01/2013 per l’anno 2008, che hanno dato rilevanza alla congiuntura sfavorevole quale giustificazione idonea per la mancata applicazione del parametro dell’art. 30 della l. n. 724 del 1994, ai sensi degli artt. 2909 cod. civ. e 112 cod. proc. civ.
Con il quarto motivo deduce violazione degli artt. 115, 116 e 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., o in subordine travisamento della prova documentale costituita dal verbale di esecuzione del sequestro del capannone della RAGIONE_SOCIALE effettuato in data 20/06/2007, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 cod. proc. civ., 2697 cod. civ. e 30 della l. n. 724 del 1994, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ, in quanto i giudici avrebbero travisato del tutto il contenuto del verbale di esecuzione del sequestro stesso che precludeva la facoltà utilizzo, ritenuta invece incontestata dalla CTR.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 cod. proc. civ., 53-62 d.lgs. n. 546 del 1992, per erronea interpretazione del motivo di appello, omissione di pronuncia, violazione e falsa applicazione del provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate n. 23681 del 14 febbraio 2008 , che dà rilievo al sequestro penale o all’accoglimento di istanza di disapplicazione per altri anni di imposta quale causa di non assoggettamento della società all’art. 30, laddove la CTR, totalmente fraintendendo il senso della eccezione, si è pronunciata sulla diversa ipotesi dalle società in liquidazione.
Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., la società deduce omesso esame di un fatto
decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; premesso che le ragioni della inammissibilità pronunciata in primo grado e del rigetto del secondo grado non sono identiche e quindi non ostano all’ ammissibilità del motivo, deducono l’omes so esame: a) del giudicato esterno escludente la natura di società di comodo per gli anni di imposta 2007 e 2008; b) della sentenza del GIP-GUP del Tribunale di Lamezia Terme che ha disposto la restituzione del capannone alla RAGIONE_SOCIALE ; c) del la iscrizione di ipoteca da parte dell’Agente della Riscossione sul capannone, che ha protratto la fase liquidatoria, che avrebbe provato la natura non di comodo della contribuente sin dagli anni 2007 e 2008; d) la insussistenza di qualsivoglia ipotesi di rilevanza penale tributaria nell’attività gestori a della RAGIONE_SOCIALE e la documentata ricorrenza di giustificati motivi al protrarsi della fase della liquidazione.
I primi tre motivi devono essere trattati congiuntamente.
2.1. La prima questione è legata alla modalità di deduzione dell’eccezione di giudicato, avendone l’RAGIONE_SOCIALE eccepito l’inammissibilità, trattandosi di giudicato formatosi prima del giudizio di merito ed in esso mai esplicitamente dedotto.
L’eccezione erariale è fondata, con conseguenziale inammissibilità dei motivi di ricorso.
Cass., Sez. U. 25/01/2001, n. 226 ha affermato (in motivazione) che l’eccezione di giudicato non è soggetta a preclusioni per quanto riguarda la sua allegazione in sede di merito, mentre non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità (in senso conforme Cass. 4/07/2001, n. 9050; Cass. 9/08/2001, n. 10977; Cass. 10/04/2003, n. 5689; Cass., Sez. U., 27/01/2004, n. 1416). Principio che è stato riaffermato da Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916, che proprio in ordine alla deducibilità in sede di legittimità del giudicato
esterno formatosi successivamente alla conclusione del giudizio di merito, ha osservato (v. punto 2.5 della citata sentenza) che rimane ferma l’affermazione fatta nella già richiamata sentenza n. 226 del 2001 RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite, circa il fatto che l’eccezione di giudicato non possa essere dedotta per la prima volta in cassazione, attesa la non deducibilità di questioni nuove in sede di giudizio di legittimità. In tema il principio è ribadito da Cass. 19/10/2016, n. 21170 e, in motivazione, da Cass. 2/09/2022, n. 25863.
La rilevabilità di ufficio del giudicato – interno o esterno – anche in sede di legittimità, postula infatti che risulti chiaramente dagli atti del giudizio di merito, essendo ammissibile nel giudizio di legittimità ma solo nel caso in cui si formi successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata (Cass. 18/12/2013, n. 28247; Cass. 29/07/2011, n. 16675; Cass., Sez. U., 23/12/2010, n. 26041).
Emerge, in fatto, che le sentenze della CTP, certamente formatesi prima del ricorso di primo grado, fossero state allegate e prodotte nel corso del giudizio di merito solo come precedente (depongono in tale senso la sintesi dei motivi di ricorso, contenuta a pagina 3 e 4, dove peraltro non si fa cenno alla produzione dell’attestazione di passaggio in giudicato nel corso del giudizio di merito; la sintesi dell’appello contenuta a pagina 7 e 8; le osservazioni sulla deducibilità del giudicato esterno in cassazione per la prima volta, contenuta a pagina 15 e 16; la mancata deduzione del vizio in termini di omessa pronuncia).
Da ciò deriva che il motivo è inammissibile in questa sede.
2.2. Comunque, occorre anche osservare che, sul tema dell’esistenza di un giudicato per altri anni di imposta in materia di società non operative, questa Corte (Cass. 17/07/2018, n. 18912; Cass. 01/10/2015, n. 19621) ha negato l’efficacia estensiva del giudicato esterno sull’«operatività» della società contribuente, con riferimento ad altro periodo di imposta. Difatti, in caso di tributi
periodici (come le imposte sui redditi), una sentenza riguardante un determinato periodo d’imposta fa stato, nei confronti del contribuente, anche per le annualità successive, sono in relazione agli elementi che abbiano un valore «condizionante» inderogabile rispetto alla disciplina della fattispecie esaminata. Se invece la pronuncia risolve una situazione fattuale riferita ad una specifica annualità, in virtù del principio di autonomia dei periodi d’imposta, essa non può estendere i suoi effetti automaticamente ad un’altra annualità. S’intende con ciò dare continuità al consolidato orientamento della Corte che, muovendosi nel solco tracciato dalle Sezioni unite (Cass., Sez. U., 16/06/2006, n. 13916), ha affermato che l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche (quali le imposte sui redditi, IVA, vari tributi locali, etc.), è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti aventi, per legge, efficacia permanente o pluriennale; fatti, cioè, che, pur essendo unici, producono, per previsione legislativa, effetti per un arco di tempo che comprende più periodi d’imposta, ed in cui la pluriennalità costituisce un elemento caratterizzante della fattispecie normativa, che unifica più annualità d’imposta in una sorta di «maxiperiodo» (esempi tipici sono le esenzioni o agevolazioni pluriennali, la «spalmatura» in più anni dell’ammortamento di un bene o, in generale, della deducibilità di una spesa). Al di fuori di dette ipotesi, va esclusa l’efficacia estensiva del giudicato; ciò anche per quelle fattispecie che le Sezioni unite definiscono «tendenzialmente» permanenti (come le «qualificazioni giuridiche»), ma che, proprio per essere tali, ben possono variare di anno in anno e RAGIONE_SOCIALE quali, quindi, per ciascun anno va accertata la persistenza; per esempio: la natura di un ente può essere «commerciale» un anno e non l’altro, un soggetto può essere «residente» un anno e poi perdere tale requisito (Cass. 11/03/2015, n. 4832).
In relazione al caso in esame, non v’è efficacia estensiva del giudicato (esterno) in quanto l’operatività della società contribuente (quale fattore ostativo all’applicazione del regime fiscale RAGIONE_SOCIALE società di comodo) costituisce un elemento variabile da periodo a periodo, sicché il suo riconoscimento, in relazione ad un’annualità, non si estende ad altri periodi d’imposta.
Il quarto motivo, con cui la società deduce un travisamento della informazione probatoria e la violazione RAGIONE_SOCIALE regole in tema di contestazione, è infondato.
Nel giudizio di cassazione, la facoltà della parte di denunciare, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4) cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere il giudice di merito deciso la causa sulla base di prove inesistenti, perché riferite a fonti mai dedotte in giudizio oppure a informazioni probatorie prive di alcuna possibile o immaginabile connessione con le fonti appartenenti al processo, è esercitabile ove venga prospettata non solo l’assoluta impossibilità logica di ricavare, dagli elementi probatori, i contenuti informativi tratti dal giudice, ma anche il carattere sicuramente decisivo di tale errore, nel senso che, in assenza di esso, la decisione sarebbe stata diversa, in termini non di mera probabilità ma di assoluta certezza (Cass. 03/05/2022, n. 13918).
In primo luogo, e premesso che la CTR non ha mai fatto riferimento ad una possibile facoltà di locazione a terzi del capannone, il contenuto del verbale di sequestro, per quanto riportato dalla stessa ricorrente, non lascia emergere affatto il travisamento della informazione probatoria in quanto l’obbligo di custodire quanto sequestrato con la dovuta diligenza di impedire che venga in qualsiasi modo manomesso e/ o alterato; di tenerlo a disposizione dell’Autorità giudiziaria procedente competente non depone affatto in modo univoco per un divieto assoluto di utilizzo.
In secondo luogo, il motivo censura una singola argomentazione della CTR, quella relativa alla possibilità di utilizzo di un capannone oggetto di sequestro in sede penale, che costituisce uno degli argomenti spesi dai giudici di appello per corroborare le ulteriori argomentazioni fondate sull’applicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operative, per cui difetta il requisito della decisività.
4. Il quinto motivo deduce l’errata interpretazione e l’omessa pronuncia su uno dei motivi di appello, costituito dalla sussistenza di una RAGIONE_SOCIALE situazioni oggettive, previste dal provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate disciplinato dal comm a 4ter dell’art. 30 della l. n. 724 del 1994, che consentono di non ritenere applicabile la presunzione di non operatività.
L’art. 30 della l. n. 724 del 1994, al comma 4 -bis , nella formulazione vigente ratione temporis , prevede infatti che In presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito determinati ai sensi del presente articolo, ovvero non hanno consentito di effettuare le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto di cui al comma 4, la società interessata può richiedere la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni antielusive ai sensi dell’articolo 37bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 mentre il comma 4ter dispone che Con provvedimento del direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate possono essere individuate determinate situazioni oggettive, in presenza RAGIONE_SOCIALE quali è consentito disapplicare le disposizioni del presente articolo .
Il Provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 14 febbraio 2008 prevede a sua volta che Ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni, possono disapplicare la disciplina sulle società di comodo
di cui al citato articolo 30, senza dover assolvere all’onere di presentare istanza di interpello le seguenti società: le società in liquidazione; le società sottoposte a sequestro penale o a confisca nelle fattispecie di cui agli articoli 2-sexies e 2-nonies della legge 31 maggio 1965 n. 575 o in altre fattispecie analoghe in cui il Tribunale in sede civile abbia disposto la nomina di un amministratore giudiziario; le società che hanno ottenuto l’accoglimento dell’istanza di disapplicazione in relazione ad un precedente periodo di imposta sulla base di circostanze oggettive puntualmente indicate nell’istanza che non hanno subito modificazioni nei 3 periodi di imposta successivi. La disapplicazione opera limitatamente alle predette circostanze oggettive .
Il motivo è inammissibile.
È evidente che le singole cause previste dal provvedimento del Direttore dell’RAGIONE_SOCIALE costituiscono motivi del tutto autonomi tra loro ciascuno dei quali postula peraltro accertamenti fattuali diversi e ciascuno di essi deve essere fatto valere esplicitamente fin dal primo atto del giudizio, come vizio dell’accertamento impugnato, non potendo il giudice esaminare profili diversi da quelli fatti valere.
Nel richiamare il contenuto del ricorso in appello, la società, a pagina 27, espressamente fa riferimento alla circostanza di aver dedotto in quella sede (solo) la causa della messa in liquidazione della società, assumendo poi che nello stesso provvedimento direttoriale si facesse riferimento alla diversa causa del sequestro penale (che peraltro deve avere ad oggetto la società e non, come nel caso di specie, un singolo bene della stessa); mentre, con riferimento alla ulteriore causa di disapplicazione cost ituita dall’accoglimento di una pregressa istanza di disapplicazione, essa assume che tale doglianza era implicita nell’aver allegato le sentenze relative agli accertamenti dei pregressi anni di imposta, il che evidentemente non è.
5. Il sesto motivo è inammissibile.
Mentre per la circostanza della presenza di due sentenze di primo grado favorevoli alla società contribuente e alla loro rilevanza in termini di giudicato si è già detto, occorre appena ribadire che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4/11/2013, n. 24679; Cass. 16/11/2011, n. 27197; Cass. 6/04/2011, n. 7921; Cass. 21/09/2006, n. 20455; Cass. 04/04/2006, n. 7846; Cass. 9/09/2004, n. 18134; Cass. 7/02/2004, n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. 7/01/2009, n. 42; Cass. 17/07/2001, n. 9662).
Riducendosi ad una sostanziale richiesta di rivalutazione del merito o del bilanciamento dell’apporto probatorio, il motivo si dimostra inammissibile.
Concludendo, il ricorso va rigettato.
Alla soccombenza segue condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna RAGIONE_SOCIALE in liquidazione al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, spese che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 gennaio 2024.