Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 10320 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 10320 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
–
Oggetto:
Irpef 2005/2007
Revocazione ex art. 395, n. 5,
c.p.c. – Presupposti.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14613/2022 R.G. proposto da AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso i cui uffici è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO -ricorrente –
contro
NOMECOGNOMENOME , elettivamente domiciliata in Campobasso, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende, in virtù di procura speciale in calce al controricorso.
– controricorrente – avverso la sentenza della C.T.R. del Molise, n. 99/2022, depositata il 28.3.2022 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con separati ricorsi proposti alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso, COGNOME NOME , impugnava gli avvisi di accertamento , con cui l’Agenzia delle entrate aveva ricostruito ricavi e redditi alla stessa riferibili e le aveva contestato
la mancata presentazione di denunce fiscali ed il mancato pagamento delle relative imposte, per lo svolgimento dell’attività mai dichiarata di commercio elettronico di beni sulla piattaforma eBay , nel periodo dal 2004 al 2007, configurabile quale attività d’impresa. A fondamento dei ricorsi, la contribuente sosteneva che, sebbene l’indirizzo di posta elettronica fosse a lei intestato, lo stesso era stato utilizzato solo dal marito che, appassionato collezionista di orologi, aveva effettuato tutte le transazioni contestate.
In primo grado, la C.t.p., riuniti i ricorsi, accoglieva integralmente le impugnazioni della contribuente, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della stessa, con decisione poi confermata in appello.
La sentenza di secondo grado, impugnata dall’Agenzia delle entrate, veniva cassata con rinvio dalla Suprema Corte, evidenziando il valore meramente indiziario delle dichiarazioni rese da terzi nel processo tributario e la mancata valutazione, da parte del giudice d’appello, dei contrapposti elementi indiziari richiamati dalle parti nei rispettivi scritti difensivi.
All’esito del giudizio di rinvio, l’appello dell’Agenzia delle entrate veniva nuovamente rigettato, poiché l’unico elemento addotto dall’Ufficio a dimostrazione del coinvolgimento della contribuente , e cioè la titolarità dell’indirizzo di posta elettronica utilizzato , non era sufficiente a sovvertire l’evidenza degli altri elementi in senso contrario. In particolare, si evidenziava che, nei messaggi di posta elettronica, compariva, come interlocutore degli acquirenti, soltanto il coniuge COGNOME NOME l’indirizzo indicato per i pagamenti era quello del predetto ed al suo profilo Paypal afferiva il sistema di pagamento adottato per ricevere i corrispettivi per la vendita degli orologi.
Avverso la sentenza emessa in sede di rinvio, proponeva ricorso per revocazione ex art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c. l’Agenzia delle entrate, invocando il giudicato esterno formatosi a seguito del passaggio in giudicato della sentenza n. 752/2018, depositata in
data 4.12.2018, con cui la C.t.r. del Molise aveva deciso in senso favorevole all’Ufficio il giudizio promosso da COGNOME NOME ed il coniuge COGNOME NOME avverso avvisi di accertamento analoghi a quelli impugnati nella presente sede, ma relativi agli anni di imposta 2008 e 2009.
La C.t.r., con la sentenza impugnata nella presente sede, rigettava il ricorso per revocazione dell’Agenzia delle entrate, osservando che la decisione invocata quale giudicato esterno non era caratterizzata da identità di petitum e di causa petendi , anche per la diversità soggettiva, essendo parte di quel giudizio anche COGNOME NOME, e per la diversità degli anni di imposta presi in considerazione.
Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate , sulla base di due motivi, ai quale resisteva la contribuente, depositando controricorso e una memoria.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel ritenere la non estensibilità del giudicato esterno, poiché esso conterrebbe l’accertamento del medesimo presupposto fattuale impositivo , relativo al coinvolgimento della contribuente COGNOME NOME nell’attività di commercio elettronico di orologi usati, e tenuto conto che la predetta, in ordine a tale pronuncia, avrebbe proposto istanza di definizione agevolata ex art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, così sostanzialmente rinunciando all’impugnazione.
Con il secondo motivo di doglianza, l’Agenzia delle entrate deduce la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 395, comma 1, n. 5, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., avendo errato la C.t.r. nel ritenere che la questione avesse già formato oggetto di discussione, poiché, ai fini dell’ammissibilità del rimedio della revocazione, sarebbe irrilevante l’intervenuta discussione sugli elementi fattuali della vicenda.
Nel controricorso, la contribuente eccepisce l’insussistenza dei presupposti per l’operatività del giudicato esterno nella presente vicenda e l’irrilevanza dell’istanza di definizione agevolata da parte della contribuente, non avendo quest’ultima alcun valore confessorio.
Va, innanzitutto, premesso che nel ricorso si dà atto che, nelle more del giudizio di revocazione, l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza oggetto di revocazione nella presente sede, attualmente iscritto al n. r.g. 11757/2021. Tuttavia, non è possibile far luogo alla riunione dei procedimenti, risultando quest’ultimo definito con decreto di estinzione.
5. Il primo motivo di doglianza è infondato.
Giova premettere che, come costantemente affermato dalla Suprema Corte, in materia tributaria, il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è idoneo a far stato in periodi successivi o antecedenti, se non limitatamente a situazioni relative a “qualificazioni giuridiche” o ad altri eventuali “elementi preliminari” rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi detto vincolo a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione, ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti. Ne consegue che il giudicato formatosi su situazioni di fatto, quali nella specie l’accertamento dei presupposti dell’imposta di consumo dell’energia elettrica e delle condizioni per l’esenzione contemplata dall’art. 52 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, effettuato in relazione ad un determinato periodo di imposta, non è suscettibile di estendere i suoi effetti automaticamente ad un altro periodo di imposta, essendo fondato su indagini di fatto e rilievi riferiti a quel periodo, che non sono estendibili oltre il rapporto tributario preso in esame (Cass. n. 13897/2008, Rv. 60397101) . E’ stato, altresì, affermato che la sentenza del giudice tributario, con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per
un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente, mentre non può avere alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto relativi a tributi differenti ed a diverse annualità (Cass. n. 38950/2021, Rv. 66341801).
Nel caso in esame, il giudicato invocato attiene all’accertamento degli elementi fattuali, sulla base dei quali l’Agenzia delle entrate ritiene di dimostrare il coinvolgimento della contribuente nell’attività di commercio elettronico di orologi usati. Trattandosi di valutazione di elementi probatori, relativi ad annualità di imposta diverse da quelle oggetto del presente giudizio, l’accertamento contenuto nella sentenza in questione non può ritenersi vincolante, non attenendo agli elementi costitutivi della fattispecie che assumono carattere permanente.
Sotto questo profilo è, pertanto, corretta la decisione della C.t.r., che ha ritenuto non estensibile il giudicato esterno invocato dalla parte ricorrente.
Parimenti infondato è il secondo motivo di doglianza.
Ed invero, la ricorrente deduce la nullità della sentenza, nella parte in cui afferma ‘che avendo, quindi, la questione formato oggetto di discussione, la decisione non può essere modificata con il rimedio della revocatoria’.
Tale affermazione segue la parte in cui la C.t.r. argomenta i motivi in base ai quali ritiene corretta la valutazione di merito effettuata dal giudice di primo grado, aggiungendo che la critica di tale valutazione è, altresì, improponibile con il rimedio revocatorio, atteso che, proprio su tali aspetti, è intervenuta la discussione delle parti e la pronuncia del giudice.
Non erra, dunque, la C.t.r. nell’affermare ciò, considerato che , come recentemente chiarito dalle Sezioni Unite, il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre, se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. Sez. U. n. 5792/2024, Rv. 67039101). Successivamente, la Suprema Corte ha precisato anche che l’inammissibilità della revocazione delle decisioni, anche della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., per errore di fatto, qualora lo stesso abbia costituito un punto controverso oggetto della decisione, ricorre solo ove su detto fatto siano emerse posizioni contrapposte tra le parti che abbiano dato luogo ad una discussione in corso di causa, in ragione della quale la pronuncia del giudice non si configura come mera svista percettiva, ma assume necessariamente natura valutativa, sottraendosi come tale al rimedio revocatorio (Cass. n. 27897/2024, Rv. 67282601; conf. n. 27622/2018).
Pertanto, sulla base di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese relative al presente giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che la parte soccombente è ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere Amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
condanna l ‘Agenzia delle entrate al pagamento in favore d i COGNOME NOME delle spese del giudizio, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre 15% per le spese generali, euro 200,00 per esborsi ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione