Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29689 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29689 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/11/2025
COGNOME RAGIONE_SOCIALE -detassazione – principio di non contestazione -giudicato esterno
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11593/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dal l’Avvocatura generale dello Stato ,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, n. 4765/2018, depositata il 06/11/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME: lette le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore Generale, NOME
NOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE -dopo aver emesso comunicazione di irregolarità nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in relazione alla dichiarazione integrativa a favore presentata da quest’ultima con riferimento al periodo di imposta 2013 -notificava cartella di pagamento ex artt. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54bis d.P.R. n. 633 del 1972 con la quale intimava il pagamento di quanto dovuto in ragione del disconoscimento del credito di imposta ivi esposto, oltre interessi e sanzioni.
La società, con la dichiarazione integrativa, aveva usufruito dei benefici della c.d. COGNOME RAGIONE_SOCIALE (art. 6 legge n. 388 del 2000), in relazione ad un investimento per un impianto fotovoltaico realizzato in INDIRIZZO, nell’anno 2010; dei detti benefici, infatti, non si era avvalsa in precedenza, stante i dubbi interpretativi in ordine alla cumulabilità dei benefico con quelli derivanti dai c.d. conti energia, poi risolti in senso favorevole dal legislatore con l’art. 19 d.m. 5 luglio 2012 (c.d. V conto energia).
La contribuente impugnava la cartella innanzi alla C.t.p. di Milano che accoglieva il ricorso con sentenza confermata in appello.
Avverso la sentenza della C.t.r. l ‘RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione nei confronti della società che si difende a mezzo controricorso.
La contribuente ha depositato memoria con la quale ha chiesto di rilevare il giudicato esterno favorevole formatosi con riferimento alla medesima questione per gli anni di imposta 2014, 2015, 2016; più precisamente, per gli anni 2014 e 2015 ha richiamato i decreti di
estinzione di questa Corte nn. 29403 e 29404 de 2023 che, a seguito di c.d. proposta di inammissibilità ex art. 380bis cod. proc. civ. hanno dichiarato estinti i giudizi avverso le sentenze della C.t.r. Lombardia n. 2087 e 2088 del 2021; per l’anno 2016 ha richiamato sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia n. 3427 del 2023 passata in giudicato per mancata impugnazione, come da attestazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’RAGIONE_SOCIALE propone quattro motivi di ricorso.
1.1. Con il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 2, 18 dicembre 1997, n. 472, dell’art. 10 legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’art. 8 d.lgs, 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 6, commi da 13 a 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388.
Con una prima critica, censura la sentenza impugnata nella parte in cui, rigettando il secondo motivo di appello, ha ritenuto sussistenti le condizioni di obiettiva incertezza nell’applicazione della legge . Assume che detta valutazione è stata compiuta dalla C.t.r., non ai fini della mera disapplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, mai richiesta dalla contribuente, ma per avallare la procedura illegittimamente adottata dalla società per il recupero dell’agevolazione de qua. Osserva che i dubbi in ordine alla cumulabilità dei benefici non costituiscono il presupposto in base al quale invocare la condizione obiettiva di non punibilità per la disapplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Con una seconda critica censura, «in ogni caso», la sentenza nella parte in cui, rigettando il primo motivo di appello, ha ritenuto legittima la procedura seguita dalla contribuente sul presupposto che ricorresse un «errore contabile». Evidenzia che, al fine di recuperare i benefici della COGNOME RAGIONE_SOCIALE non goduti per tempo, stante l’incertezza normativa, la contribuente avrebbe potuto presentate una
dichiarazione integrativa a favore, ai sensi d ell’art. 2 comma 8bis d.P.R. n. 322 del 1988, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi per il periodo di imposta successivo a quello in cui la deduzione avrebbe dovuto essere operata; che, invece, scaduto detto termine, il rimedio era quello di presentare un’istanza di rimborso entro il termine di quarantotto mesi decorrenti dal termine per il pagamento del saldo RAGIONE_SOCIALE imposte, così come chiarito con la risoluzione n. 132/E/2010. Aggiunge che la circolare n. 31/E/2013, invocata dalla contribuente, poteva riferirsi ai soli errori contabili e non era mutuabile alla fattispecie in esame in cui si era in presenza della sola omissione in dichiarazione dei benefici della RAGIONE_SOCIALE a seguito di una scelta prudenziale.
1.2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la sussistenza del credito di imposta non fosse controversa e che l’oggetto del contendere fosse relativo alle sole modalità di recupero. Osserva che, al contrario, con l’atto di appello ave va rilevato, in subordine, che la documentazione presentata dalla parte non era idonea a corroborare il diritto ad usufruire dei benefici della RAGIONE_SOCIALE. Osserva che, diversamente da quanto sostenuto dalla C.t.r., il rilievo mosso in primo grado, in ordine al fatto che la società avrebbe dovuto produrre la documentazione idonea a provare il credito, equivaleva a contestazione.
3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 132 cod. proc. civ.
Censura il medesimo capo della sentenza oggetto del secondo motivo per vizio della motivazione, stante le argomentazioni inidonee a palesare il ragionamento seguito. Osserva che la C.t.r. si è limitata a rilevare «genericamente e solamente» che la contribuente aveva prodotto tutta la documentazione atta a dimostrare la spettanza dell’agevolazione.
4. Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 2909 e 2967 cod. civ, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Censura la sentenza per aver ritenuto sussistente tutta la documentazione necessaria a suffragare la pretesa e provati i presupposti della agevolazione e per aver erroneamente invocato, «in sostanza», l’efficacia di giudicato esterno con riferimento alla sentenza che aveva deciso l’annualità pregressa , sebbene impugnata anc h’essa in cassazione.
In via preliminare va disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’intero ricorso sollevata dalla controricorrente, la quale assume che i motivi sarebbero stati erroneamente qualificati rispetto ai paradigmi di cui all’art. 360, primo comma , cod. proc. civ.
Ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, non costituisce condizione necessaria la corretta menzione dell’ipotesi appropriata, tra quelle in cui è consentito adire il giudice di legittimità, purché si faccia valere un vizio della decisione astrattamente idoneo a inficiare la pronuncia.
La seconda censura di cui al primo motivo è logicamente preliminare in quanto attiene alla legittimità e tempestività della procedura seguita dalla contribuente per godere dei benefici della RAGIONE_SOCIALE. La stessa -se pure, diversamente da quanto sostenuto in controricorso è ammissibile, prospettando una violazione di legge -è infondata.
Questa Corte di legittimità, in fattispecie del tutto sovrapponibili a quella in esame, ha già avuto modo di scrutinare le questioni controverse ed ha dettato principi condivisibili ai quali si intende assicurare continuità (tra le ultime Cass. 05/04/2025, n. 9007, Cass. 28/03/2025, n. 8205).
3.1. L’art. 2, comma 8, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 consente di integrare le dichiarazioni annuali, al fine di correggere errori ed omissioni, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.
Il successivo comma 8bis consentiva, inoltre, nella versione vigente prima della modifica di cui all’art. 5 d.l. 193 del 2016 , di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori o omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito di imposta o di un minor credito mediante dichiarazione da presentare non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.
3.2. In merito alla portata applicativa della norma, questa Corte ha chiarito come il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale ed obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi degli artt. 1427 ss. cod. civ. (cfr. Cass. Sez. U., 30/06/2016, n. 13378, Cass. 30/09/2015, n. 19410).
In questa prospettiva è stato affermato che le denunce dei redditi costituiscono, di norma, dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli dovuti.
Si è evidenziato, ancora, che la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto dai quali possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento a tributi più gravosi di quelli previsti per legge, è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, comma 8bis , d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. 9 luglio 1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (cfr., tra le altre, Cass. 13/01/2016, n. 373). Deve, pertanto, riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal Fisco allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione ed incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui all’art. 2 citato (Cass. 28/11/2018, n. 30796).
3.3. Con specifico riferimento alla fattispecie legata alla detassazione degli investimenti ambientali, si è affermato che la mancata immediata fruizione del beneficio fiscale nel relativo anno di imposta non può dirsi imputabile ad una scelta discrezionale del contribuente, bensì all’incertezza interpretativa relativa alla cumulabilità RAGIONE_SOCIALE agevolazioni tributarie di cui già usufruiva, con la detassazione prevista dalla c.d. COGNOME RAGIONE_SOCIALE (art. 6, commi da 13 a 19, legge 23 dicembre 2000 n. 388). Detta incertezza interpretativa è stata risolta solo a seguito dell’art. 19 d.m. 5 luglio 2012, il quale ha posto fine ad ogni dubbio circa la possibilità di cumulare più benefici fiscali, permettendo da quella data ai contribuenti di accedere a tale agevolazione.
3.4. Si è evidenziato, infine, come anche la risoluzione resa dall’RAGIONE_SOCIALE il 20 luglio 2016 n. 58/E si è espressa in senso favorevole alla possibilità di beneficiare, ora per allora
dell’agevolazione tale mediante dichiarazione dei redditi integrativa ex art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322 del 1998.
3 .5. La RAGIONE_SOCIALE, nell’affermare la correttezza dell’operato della società che aveva goduto del beneficio presentando dichiarazione integrativa, si è attenuta a questi principi.
Il secondo, il terzo, il quarto motivo, che vertono tutti sulla spettanza nel merito dell’ agevolazione, vanno disattesi, in ragione del giudicato formatosi sul punto controverso, restando così assorbita la prima censura di cui al primo motivo.
4.1. Come rilevato dalla contribuente nella memoria, questa Corte è stata già chiamata ad occuparsi della medesima questione, se pure con riferimento al credito maturato nei successivi anni di imposta 2014 e 2015.
Con il ricorso di cui al giudizio iscritto al n. RG 417 del 2022 l’RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della C.t.r. della Lombardia n. 2087 del 2021 che aveva ad oggetto il credito di imposta fatto valere dalla contribuente per l’anno di imposta 2 015, con riferimento al medesimo impianto. In quel caso la C.t.r. aveva ugualmente affermato che le modalità seguite dalla contribuente per recuperare il beneficio non goduto erano corrette e che nel merito le eccezioni sollevate dall’Ufficio, in ordine alla carenza documentale, dovevano essere respinte perché gli era precluso sollevare contestazioni diverse da quelle contenute nell’originario atto impositivo.
In quel giudizio l’RAGIONE_SOCIALE censurava la sen tenza di secondo grado per aver omesso di pronunziare sul motivo di appello con il quale aveva evidenziato che gli assunti della contribuente in ordine alla sussistenza dei presupposti per godere dell’ agevolazione non erano stati supportati da adeguata prova.
Il ricorso è stato dichiarato estinto da questa Corte con decreto n. 29404 del 2023 a seguito di proposta di inammissibilità ex art. 380-bis cod. proc. civ. alla quale non ha fatto seguito l’istanza di decisione.
È analoga la vicenda processuale relativa al l’anno di imposta 2014. Con il ricorso di cui al giudizio iscritto presso questa Corte al n. RG 531 del 2022 l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della C.t.r. della Lombardia n. 2088 del 2021 di identico tenore e relativa al medesimo impianto. Il giudizio è stato dichiarato estinto con decreto n. 29403 del 2023.
4.2. Con riferimento al credito di imposta maturato dalla società nel 2016 infine, la contribuente, con la memoria, ha versato in atti la sentenza della C.t.r. n. 3427 depositata il 20 novembre 2023, munita di attestazione di mancata impugnazione in data 26 marzo 2025, che ha, anch’essa, accertato la spettanza nel merito dell’agevolazione , non essendo stato contestato dall’Ufficio il costo sostenuto per il nuovo impianto, ed anzi, essendo stato dimostrato l’esatto contrario dalla parte privata a mezzo del contratto e della relazione tecnica.
4.3. Con ben tre sentenze, tutte passate in giudicato, e relative al medesimo impianto per il quale il contribuente vanta, nel merito, il diritto all’agevolazione, è stata, pertanto, accertata la sussistenza dei presupposti per goderne che l’Ufficio nega in questo giudizio .
4.4. In merito all’ammissibilità dell’eccezione, va ribadito che n el giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile, anche d’ufficio, nell’ipotesi in cui si sia formato dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado di appello (Cass. 02/09/2022, n. 25863).
4.5. In merito agli effetti del giudicato esterno così formatosi, va rilevato che, per giurisprudenza consolidata di questa Corte, se uno dei giudizi tra le stesse parti e riguardanti il medesimo rapporto è definito con sentenza passata in giudicato, poiché l’accertamento compiuto in
ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, forma la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della decisione, di detto accertamento è precluso il riesame; tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si sono verificati al di fuori dello stesso non opera rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente (Cass. 29/03/2025, n. 8291).
A tal proposito deve rilevarsi che la sentenza con la quale si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente (Cass. Sez. U 16/06/2006, Cass. 07/12/2021, n. 38950). In particolare, le Sezioni Unite hanno rilevato che, se è vero che l’autonomia dei periodi d’imposta comporta l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori del periodo considerato, è altrettanto vero che una siffatta indifferenza trova ragionevole giustificazione solo in relazione a quei fatti che non abbiano caratteristica di durata e che comunque siano variabili da periodo a periodo; diversamente accade per gli elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente, in quanto entrano a comporre la fattispecie medesima per una pluralità di periodi di imposta. Rispetto a
tali elementi, il giudicato formatosi in un giudizio relativo ad un periodo di imposta può (e deve) avere efficacia preclusiva nel giudizio relativo al medesimo tributo per altro periodo d’imposta. Altrimenti si verrebbe a porre in discussione lo stesso principio di effettività della tutela, alla cui asseverazione risponde la c.d. efficacia regolamentare del giudicato (e del giudicato tributario, in particolare) e, quindi, all’efficacia regolamentare del giudicato che su di essi si sia formato (Cass. Sez. U. n. 13916 del 2006 cit.).
4.6. A fronte dell’unicità dell’investimento realizzato nel 2010 , la sussistenza dei presupposti per la spettanza del beneficio fiscale costituisce elemento comune e permanente con riferimento a tutte le annualità in cui il beneficio è stato fruito o la relativa perdita riportata. Non si tratta, viceversa, di un elemento variabile di anno in anno. Di qui la rilevanza del giudicato esterno.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
In ragione della sopravvenienza del giudicato esterno, le spese del giudizio di legittimità restano compensate.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R., 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2025 e, a seguito di riconvocazione, il 3 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME