Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25737 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25737 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 21/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7620/2022 R.G. proposto da : COGNOME RAGIONE_SOCIALE con l’avvocato COGNOME NOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COMUNE DI LABICO, con l’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sede in ROMA n. 4011/2021 depositata il 10/09/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Labico ha notificato alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento in rettifica per la TARSU 2012 -2013, per un importo complessivo di € 150.003,00, comprensivo di imposta, sanzioni, interessi e altri oneri. L’atto in rettifi ca è stato emesso in parziale accoglimento dell’istanza di autotutela della società, che inizialmente prevedeva imposte più elevate (€ 60.080,24 per il 2012 e € 72.118,70 per il 2013).
La società ha impugnato l’avviso di accertamento dinanzi alla CTP di Roma che, con sentenza n. 18028/43/2018, ha accolto parzialmente il ricorso della contribuente.
Il comune ha interposto appello e la CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, lo ha accolto ritenendo che fosse autonomamente impugnabile l’atto di rettifica parziale emesso dal Comune di Labico per la TARSU 2012 -2013, atteso che, pur essendo tassativo l’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, ogni att o con cui l’amministrazione manifesta una pretesa impositiva deve poter essere contestato per garantire il diritto di difesa e il buon andamento della pubblica amministrazione. Ha inoltre ricordato che tra le stesse parti era già intervenuta, per l’anno d’imposta 2014, la sentenza n. 5906/2/2019 della stessa CTR, passata in giudicato, che ha affermato la soggezione alla TARSU dell’area oggetto del presente giudizio, rimarcando che, quando due giudizi tra le stesse parti riguardano lo stesso rapporto giuridico e condividono elementi di fatto o di diritto fondamentali, si verifica il cosiddetto giudicato esterno, che impedisce di rimettere in discussione quanto già definitivamente accertato, anche se relativo a periodi d’imposta diversi, purché la fattispecie sia caratterizzata da elementi costitutivi stabili o ricorrenti nel tempo.
Infine, ha ritenuto che l’eccezione sollevata dalla contribuente, secondo cui la sentenza precedente avrebbe riguardato solo aspetti pregiudiziali e non il merito, non fosse condivisibile, anche in
considerazione del fatto che ai sensi dell’art. 2, comma 3, del D.Lgs. 546/1992 il giudice tributario può risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione sulla controversia.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui ha resistito con controricorso l’ amministrazione.
Successivamente la società ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c. . La CTR avrebbe erroneamente ritenuto applicabile l’efficacia espansiva del giudicato esterno formatosi con una sentenza relativa alla TARI 2014 -al diverso giudizio riguardante la TARSU per le annualità 2012 e 2013. Secondo parte ricorrente sebbene la giurisprudenza riconosca che, in caso di tributi periodici, il giudicato possa estendersi a più annualità se si ripropone la stessa questione giuridica tra le stesse parti, tale estensione è ammissibile solo se si tratta di elementi costitutivi comuni e stabili nel tempo. In caso contrario, e soprattutto quando si tratta di tributi diversi (come TARSU e TARI), relativi a periodi differenti e regolati da norme e regolamenti distinti, l’efficacia del giudicato non può espandersi automaticamente.
1.1. Nel caso in esame, il giudicato del 2014 riguardava la TARI (imposta diversa, introdotta da altra normativa e regolata da altro regolamento comunale), mentre l’attuale controversia riguarda la TARSU. Inoltre, le annualità e i fatti sottostanti sarebbero differenti. Perciò, secondo il ricorrente, la CTR ha violato l’art. 2909 del codice civile e la sentenza deve essere cassata nella parte in cui ha accolto l’appello del Comune di Labico, basandosi su un’inesistente efficacia preclusiva del giudicato esterno.
Il motivo non è fondato.
Questa Corte ha già chiarito, in materia di rapporto tra TARSU e TARI, che ‘le pertinenti disposizioni, – così come già oggetto di interpretazione da parte della Corte, – rendono esplicita, sulle questioni dirimenti, una sostanziale continuità regolativa nella disciplina della TARSU e della TARI’ ( v. Cass. n. 21490/2022, Cass n.12979.19, n. 1963.18; n. 22130.17). Né la ricorrente ha dedotto e specificato gli eventuali elementi di diversità e discontinuità (fattuali o normativi) che sarebbero in concreto ravvisabili nella fattispecie.
Ciò consente di ritenere applicabile il principio fatto proprio dalla CTR, in virtù del quale qualora due giudizi intervenuti tra le stesse parti si riferiscano allo stesso rapporto giuridico, l’accertamento effettuato in uno di essi mediante una sentenza passata in giudicato, in ordine a situazioni giuridiche ovvero a soluzioni di fatto o di diritto relative a un punto fondamentale comune ad entrambi, preclude l’esame dello stesso punto nell’altro giudizio: in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, deve essere riconosciuto nei casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata (Cass. 15/09/2017, n. 21395 (Rv. 645616 – 01) e molte altre).
Ne consegue che la doglianza è infondata.
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i requisiti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/09/2025 .
Il Presidente NOME COGNOME