Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11671 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 11671 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17079/2016 R.G. proposto da:
COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n. 5090/2016 depositata il 30/05/2016.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto disporsi rinvio a nuovo ruolo ovvero, in subordine, dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso.
Uditi per il ricorrente l’Avv. M assimo NOME COGNOME e per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato delle Stato NOME COGNOME che hanno richiamato le conclusioni già formulate.
FATTI DI CAUSA
In data 10 maggio 2010 la Guardia di Finanza – Nucleo Polizia tributaria di Sondrio procedeva a verifica fiscale nei confronti della società di capitali olandese denominata RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro delle imprese in data 30 giugno 2008.
1.1. Tale verifica, inizialmente circoscritta alle annualità 2000-2005 e poi estesa anche agli anni 2006-2011, si concludeva con il P.V.C. del 21 giugno 2011, nel quale i verificatori affermavano che la RAGIONE_SOCIALE risultava essere una società di fatto, i cui soci erano NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché che la società era esterovestita, avendo in Milano la sua sede effettiva di direzione.
Condividendo tali assunti, l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale I di Milano notificava ai presunti soci di fatto distinti avvisi di accertamento relativi alla posizione fiscale della RAGIONE_SOCIALE, in materia di IVA ed IRAP, per gli anni d’imposta dal 2001 al 2007.
2.1. Per quanto qui rileva, con l’avviso di accertamento impugnato, veniva imputato per trasparenza a NOME COGNOME il presunto reddito da partecipazione relativo all’anno 2007, quantificato nella misura del 20%.
Ricorreva il contribuente, ma le sue ragioni non trovavano conforto nei gradi di merito.
Avverso la sentenza della CTR della Lombardia indicata in epigrafe ricorre quindi NOME COGNOME con quattro motivi, e resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Il Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato in data 26/01/2025 requisitoria scritta, chiedendo di acquisire il fascicolo processuale d’ufficio per verificare la presenza del l’attestazione formale del passaggio in giudicato della sentenza penale di assoluzione indicata in ricorso, con conseguente accoglimento del ricorso stesso.
Successivamente, in data 02/03/2025, nel rispetto del termine di quindici giorni prima dell’udienza prescritto dall’art. 21 -bis del d.lgs.
n. 74/2000, il ricorrente ha depositato la s entenza n. 3689, resa l’11 maggio 2015 dalla Corte d’Appello di Milano, Sezione Seconda Penale, e depositata in cancelleria il 10 luglio 2015, munita di attestazione di passaggio in giudicato nei confronti dei sig.ri COGNOME e COGNOME e la sentenza n. 11270/2018, resa il 10 ottobre 2018 dal Tribunale Penale di Milano in composizione monocratica, Sezione Prima Penale, e depositata in cancelleria il 29 novembre 2018, munita di attestazione di passaggio in giudicato nei confronti dei sig.ri COGNOME e Barletta.
7. Ha inoltre depositato, in data 06/03/2025, memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c., nella quale ha affermato che, in relazione ai medesimi fatti di cui è causa hanno avuto luogo diversi processi in sede penale, che si sono tutti conclusi con pronunce irrevocabili di assoluzione rese nei confronti dei presunti soci di fatto perché il fatto non sussiste e/o perché gli imputati non l’hanno commesso.
In maggior dettaglio, come rilevato anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria, con riferimento alla vicenda della società RAGIONE_SOCIALE i sig.ri COGNOME COGNOME, COGNOME e COGNOME sono stati rinviati a giudizio e il processo penale che ne è scaturito si è concluso in secondo grado con sentenza n. 3689 della Corte d’Appello di Milano, Sezione Seconda Penale, depositata in cancelleria il 10 luglio 2015 che ha assolto i sig.ri COGNOME e COGNOME perché il fatto non sussiste. I sig.ri COGNOME, COGNOME, Barletta e RAGIONE_SOCIALE sono stati rinviati a giudizio anche rispetto alla posizione delle altre società estere, (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, ritenute società di fatto esterovestite al pari della RAGIONE_SOCIALE, e sono stati assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste con sentenza n. 11270/2018 del Tribunale Penale di Milano in Composizione Monocratica, Sezione Prima Penale, depositata in cancelleria il 29 novembre 2018.
8. In data 7/03/2025, il ricorrente ha quindi depositato ‘Istanza di rinvio’, dando atto che , con ordinanza interlocutoria n. 5714,
pubblicata il 4 marzo 2025, questa Corte di cassazione ha rimesso alla Prima Presidente gli atti della causa per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione della questione rappresentata dall’ambito di efficacia dell’art. 21 -bis del D.Lgs. n. 74/2000, sia in relazione al profilo della estensione anche al rapporto impositivo (e non solamente sanzionatorio) degli effetti della sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa ad esito del dibattimento con la formula ‘perché il fatto non sussiste’ ovvero ‘perché l’imputato non l’ha commesso’ , sia in ordine alla applicabilità della nuova disciplina alla ipotesi di assoluzione con la formula prevista dal secondo comma dell’art. 530 c.p.p.
Infine, in sede di discussione si è rilevato che la Commissione di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, con ordinanza in data 11/02/2025, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 -bis cit. per violazione degli artt. 3 e 24 Cost.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, с.p.c. , l’« Inesistenza o nullità della sentenza per inidoneità al raggiungimento dello scopo, dovuta al difetto dei requisiti essenziali di forma-contenuto (in particolare, per essere la motivazione contraddittoria e meramente apparente), per violazione degli artt. 156, comma 2, c.p.c., 132, comma 1, nn. 4 e 5 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 36, comma 2, nn. 4 e 5, D.Lgs. 546/1992;
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. , l’« Omesso esame in ordine alla ascrivibilità al dott. COGNOME della qualifica di socio di fatto della società RAGIONE_SOCIALE», in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, с.p.c. , la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in ordine alla configurabilità nel caso di specie di una società di fatto», e, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., l’« Omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine
all’inesistenza della società di fatto RAGIONE_SOCIALE ed alla presunta partecipazione alla stessa del dott. COGNOME».
Con il terzo strumento di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, с.p.c. , l ‘ «Omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 del c.p.c., in ordine ai molteplici vizi di illegittimità dell’Avviso di accertamento personale dedotti nel ricorso introduttivo e devoluti dal contribuente all’esame della Commissione regionale».
Con il quarto motivo di ricorso denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, с.p.c. , la «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dell’art. 40 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per avere la sentenza confermato l’imputazione al ricorrente del reddito di partecipazione in RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società e relativo al dott. COGNOME fosse stato annullato».
Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’assenza della motivazione, la sua mera apparenza, o ancora la sua intrinseca illogicità, implicano una violazione di legge costituzionalmente rilevante e, pertanto, danno luogo ad un error in procedendo, la cui denuncia è ammissibile dinanzi al giudice di legittimità ai sensi del n. 4 dell’art. 360, ponendosi come violazione delle norme poste a presidio dell’obbligo motivazion ale (Cass. S.U. sentenze 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054). In sostanza, il vizio di motivazione che solo può dar luogo alla cassazione della sentenza è quello che attinge il nucleo fondamentale della sentenza, il cosiddetto minimo costituzionale di esplicitazione delle ragioni poste a base della sentenza.
Va ancora rammentato che «La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di
legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass. Sez. 1, 03/03/2022 n. 7090).
Nessuna di tali fattispecie ricorre nel caso in esame, in quanto dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata, e di cui si è ampiamente dato conto nell’esaminare i superiori motivi di ricorso, emerge con chiarezza ed esaustività l’iter logico s eguito dalla CTR per argomentare i propri convincimenti.
Il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, da esaminarsi congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati, in forza del giudicato esterno, invocato dal ricorrente, di cui all ‘ ordinanza di questa Corte di Cassazione, Sez. T., n. 22640 del 26/07/2023.
6.1. Sussistono, infatti, nella specie i presupposti per l’estensione del giudicato alla presente controversia.
6.2. Va infatti osservato che le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U. 16/06/2006, n. 13916) hanno affermato il principio secondo cui: «Qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il
riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente» (conf. Cass. 8 aprile 2015, n. 6953; di recente Cass. Sez. 5, 06/06/2023, n. 15753).
6.3. Il principio è perfettamente applicabile alla presente fattispecie, rilevandosi che: i) questa Corte, nella sentenza invocata, in relazione al medesimo anno di imposta 2007, ha dichiarato inammissibile, per quanto qui rileva, il motivo di ricorso incidentale con il quale l’Agenzia delle entrate lamentava che la CTR avesse erroneamente ritenuto non provata la partecipazione alla società di fatto ipotizzata dell’Amministrazione, di NOME COGNOME oltre che degli altri asseriti soci di NOME COGNOME ed NOME COGNOME, affermando che « dominus assoluto delle operazioni commerciali in questione era il COGNOME e che «la decisione impugnata ha, infatti, motivatamente escluso che i predetti soggetti possano considerarsi soci di fatto della società, non essendovi prova certa di una loro partecipazione agli utili (e, dunque, di uno dei principali elementi sintomatici dell’esistenza di un rapporto
societario di fatto – arg. da Cass., Sez. 1, 13.2.2023, n. 4385, Rv. 667115-01, in motivazione, sub § 3.2.2 -caratterizzato dalla condivisione dell’alea dei guadagni e delle perdite Cass., Sez. 6-5, 15.9.2020, n. 19234, Rv. 658876-01), nonostante essi abbiano ‘collaborato in maniera considerevole all’attività societaria’ (collaborazione che, peraltro, si pone, di per sé, in chiave neutra rispetto alla prova -affatto diversa -dell’esercizio congiunto di un’attività economica) » (ordinanza, p. 8); ii) l ‘ordinanza è stata pronunciata (anche) fra le stesse parti del presente giudizio e ha ad oggetto il medesimo rapporto giuridico, rappresentato dalla imputazione per trasparenza a NOME COGNOME del presunto reddito da partecipazione, relativo all’anno 2007 , nella ipotizzata ‘società di fatto RAGIONE_SOCIALE.
6.4. Da ciò consegue che deve ritenersi definitivamente accertato fra le parti il fatto che NOME COGNOME non fosse socio di tale ipotizzata RAGIONE_SOCIALE e che dunque alcun reddito di partecipazione nella stessa potesse essergli imputato.
Non incide, pertanto, sul presente giudizio la questione della applicabilità della disciplina di cui all’invocato art. 21 -bis del D.L. n. 74/2000, che dispone che «La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi», dovendo pertanto escludersi la necessità di un rinvio a nuovo ruolo della causa.
8. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con l’accoglimento dell’originari o ricorso della contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità delle questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese che liquida in euro 12.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 % dell’onorario, anticipazioni per € 200,00, accessori per IVA e CPA, se dovuti.
Così deciso in Roma, il 20/03/2025.