Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4675 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4675  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
Società operative- esterno
non giudicato
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6319/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore pro  tempore, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  liquidazione,  in  persona  del  liquidatore  p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura in calce al controricorso, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma alla INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  regionale  della Calabria n. 3233/17 depositata in data 24/11/2017;
udita la relazione della causa  svolta nella camera  di  consiglio del l’ 11/01/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
L ‘RAGIONE_SOCIALE, Direzione provinciale RAGIONE_SOCIALE Catanzaro, accertava ,  per  l’anno di imposta 2008, maggior reddito a fini Ires e Irap  nei  confronti  della  società  RAGIONE_SOCIALE,  in  base  alla  disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operative di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994.
La  CTP  di  Catanzaro  dichiarava  inammissibile  perché  tardivo  il ricorso della società.
La  CTR  della  Calabria accoglieva  l’appello,  ritenendo il  ricorso tempestivo  e  fondato  nel  merito,  in  base  ad  un  giudicato  esterno costituito  dalla  sentenza  della  CTP  di  Catanzaro  n.  134/01/2013 depositata in data 6/05/2013.
Contro tale sentenza propone ricorso l ‘RAGIONE_SOCIALE in base a un motivo, illustrato da successiva memoria.
La società resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del l’11 /01/2024.
Considerato che:
1. La ricorrente propone un motivo di ricorso con cui deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., in relazione all’art. 3 60, primo comma, n. 3) cod. proc. civ. , lamentando l’errore della CTR ove ha dato rilevanza alla decisione della CTP di Catanzaro n. 134/01/2013, depositata in data 6/05/2013 e passata in cosa giudicata, in quanto tale sentenza era stata resa su impugnazione di una cartella emessa ai sensi dell’art. 36 -bis d.P.R. n. 600 del 1973; in particolare la CTP aveva affermato l’illegittimità del ricorso a tale procedura per contestare lo stato di società non operativa, per cui doveva ritenersi che le doglianze di merito della società fossero state esaminate solo incidentalmente, con affermazioni inidonee a costituire giudicato esterno; inoltre il giudizio definito dalla CTP con sentenza
passata  in  cosa  giudicata  aveva  ad  oggetto  la  mera  liquidazione dell’imposta sui redditi tramite  procedure  automatizzate  mentre l’avviso  di  accertamento  discendeva  da  una  specifica  attività  di controllo  analiticamente  motivata,  basata  su  presupposti  diversi  da quelli fondanti la liquidazione automatica e peraltro con esiti numerici diversi, oltre che volto ad accertare anche l’Irap.
1.1. Occorre premettere che il controricorso della società è stato tardivamente notificato in data 14/06/2018 laddove la stessa società afferma che il ricorso le è stato notificato in data 20/02/2018 e quindi oltre il termine di giorni quaranta da quest’ultima data , come del resto espressamente premesso dalla stessa.
Di  conseguenza  le  eccezioni  proposte  dalla  controricorrente  non possono essere esaminate , se non nell’ambito di quelli che costituiscono poteri officiosi della Corte.
1.2. Si evidenzia peraltro che nel processo tributario il giudice di legittimità può direttamente accertare l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione piena che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito, fermo restando che la forza degli effetti stabiliti dall’art. 2909 cod. civ. opera soltanto rispetto alle questioni – dedotte o deducibili – su cui il provvedimento giurisdizionale si sia soffermato e non rispetto a statuizioni meramente apodittiche (Cass. 07/12/2021, n. 38767).
Il ricorso erariale non è fondato.
2.1.  Dalla  lettura  della  sentenza  della  CTP,  ritenuta  fondante  il giudicato applicato dalla CTR nella decisione impugnata, emerge che essa  ha  ad  oggetto  la  cartella  di  pagamento  emessa ex art.  36bis
d.P.R. n. 600 del 1973 con cui viene richiesto il pagamento per l’anno 2008.
La CTP afferma in particolare che  in via preliminare ritiene questo Collegio che l’ente impositore per contestare lo stato di società non operativa avrebbe dovuto procedere ad accertamento ex art. 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973 e non procedere, come nel caso di specie, col controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973, poiché la previsione non rientra tra i casi espressamente previsti dalla normativa vigente  e poi prosegue affermando che  anche le eccezioni di merito sono fondate, per cui il ricorso, anche sotto tale aspetto, deve trovare accoglimento. Con la documentazione in atti parte ricorrente ha dimostrato che al caso che occupa non può essere applicato l’art. 30 della legge n. 724 del 1994. Invero la RAGIONE_SOCIALE rappresenta un caso eclatante di impresa costituita per l’esercizio di attività industriale per la produzione di maglieria e biancheria intima che tuttavia non ha raggiunto gli obiettivi previsti a causa della congiuntura sfavorevole che ha investito l’intero settore  .
2.2. La questione decisa dalla CTP nella sentenza applicata come produttiva di un giudicato esterno per il medesimo anno di imposta si inserisce  nel  solco  di  una  questione  esaminata  dalla  Corte,  quella relativa alla possibilità di emettere cartella ex art. 36bis d.P.R. n. 600 del 1973 nei confronti della società che abbia dichiarato reddito zero discostandosi dal reddito minimo previsto per le società non operative.
In tali casi la Corte ha reiteratamente ritenuto che «In materia di società di comodo, l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella ex art. 36bis del d.P.R. n. 600 del 1973, ammissibile solo se fondata su un controllo meramente cartolare, per l’importo indicato dal contribuente  quale  risultato  del  test  di  operatività,  atteso  che  i parametri di cui all’art. 30 della l. n. 724 del 1994 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, conv.,
con  modif.,  dalla  l.  n.  248  del  2006)  non  rappresentano  il  reddito effettivamente percepito, ma dati presuntivi, il cui mancato raggiungimento  costituisce,  salva  la  prova  contraria,  un  elemento sintomatico della natura non operativa della società» (Cass. 12/12/2016, n. 25472; conformi Cass. 29/12/2020, n. 29734; Cass. 28/04/2021, n. 11153; Cass. 29/12/2021, n. 41840; Cass. 16/02/2022, n. 5016).
Si è segnalato che tale orientamento trova conforto anche nella prassi operativa della stessa Amministrazione, atteso che in vari giudizi l’RAGIONE_SOCIALE aveva posto in rilievo che «con la Direttiva n. 8 del 12 febbraio 2013 ha sollecitato “l’abbandono RAGIONE_SOCIALE controversie instaurate avverso cartelle di pagamento emesse dagli uffici a seguito di controllo automatizzato RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni per recuperare le imposte dovute sul reddito minimo RAGIONE_SOCIALE società non operative”, affermando che “la contestazione relativa all’omesso adeguamento al reddito minimo deve trovare la sua naturale sede nella fase di accertamento e non in quella di liquidazione della dichiarazione”» (Cass. 29/12/2020, n. 29734, cit., in motivazione).
Si è anche avuto cura di distinguere dal caso in cui la società dichiari reddito zero il caso in cui l’ Amministrazione non aveva calcolato l’imposta autonomamente (utilizzando e qualificando come effettivo il reddito risultato dal test di operatività e determinato secondo i parametri presuntivi previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo applicabile ratione temporis ), ma si era limitata a procedere alla liquidazione nella misura dichiarata come dovuta dalla stessa società contribuente (adeguatasi nella dichiarazione al reddito minimo derivante dalla disciplina sulle società di comodo), poi non versata (cfr. Cass. 06/02/2019, n. 3394; Cass. 15/09/2021, n. 24811).
2.3. Alla luce di tali preliminari considerazioni deve essere decisa la questione della portata del giudicato.
Questa Corte ha affermato che nel processo tributario, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo rapporto giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto decisivo comune ad entrambe le cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto già accertato e risolto, anche laddove il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle costituenti lo scopo ed il petitum del primo (Cass. 16/05/2019, n. 13152); nonché che nel processo tributario, il principio ritraibile dall’art. 2909 cod. civ. – secondo cui il giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa, entro i limiti oggettivi dati dai suoi elementi costitutivi, ovvero della causa petendi , intesa come titolo dell’azione proposta, e del bene della vita che ne forma l’oggetto ( petitum mediato), a prescindere dal tipo di sentenza adottata ( petitum immediato) – è applicabile anche nel caso in cui gli atti tributari impugnati in due giudizi siano diversi (nella specie, un diniego di condono ed un avviso di accertamento relativo ad una RAGIONE_SOCIALE annualità oggetto della richiesta di condono), purché sia identico l’oggetto del giudizio medesimo, riferito al rapporto tributario sottostante (Cass. 30/10/2017, n. 25798).
2.4. Chiarito quanto sopra e cioè che nel caso di specie era stata emessa cartella per contestare lo stato di società non operativa, la pronuncia resa dalla CTP ha deciso non solo sulla illegittimità del ricorso alla procedura automatizzata ma anche sulla insussistenza dei presupposti per l’applicazione della disciplina RAGIONE_SOCIALE società non operative, sostanzialmente ritenendo la coesistenza di un vizio di forma dell’atto e di un vizio di merito , accertando, in base ai documenti offerti dalla società, che essa non aveva raggiunto gli obiettivi previsti a causa
della congiuntura sfavorevole che aveva investito l’intero settore ; tale pronuncia, che non le era preclusa, non ha natura apodittica né appare resa in via meramente ipotetica (non potendosi ritenere tale argomentata affermazione una mera osservazione ad abundantiam) .
Pertanto,  deve  ritenersi  che  la  CTR  correttamente  ha  ritenuto sussistente il giudicato per il medesimo anno di imposta.
4. Il ricorso va quindi respinto.
Non  vi  è  a  provvedere  sulle  spese  alla  luce  della  tardività  del controricorso.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa  dall’Avvocatura  Generale dello Stato,  non  si  applica  l’art.  13, comma 1quater , del d.P.R. 30/05/2002, n. 115.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, in data 11 gennaio 2024.