Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18726 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18726 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/07/2025
Oggetto: Intimazione di pagamento – Notifica delle cartelle presupposte – Giudicato esterno
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28224/2022 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME da cui è difeso e rappresentato, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale rilasciata su foglio separato e allegato al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 1819/13/2022, depositata in data 20 aprile 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 del Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma il contribuente chiedeva l’annullamento dell’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA relativo a 17 cartelle esattoriali, per difetto di motivazione, anche con riferimento al
calcolo degli interessi, omessa notifica delle cartelle e la prescrizione e la decadenza dall’Ufficio .
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione , producendo in giudizio documentazione attestante la ritualità delle notifiche delle cartelle.
La CTP di Roma accoglieva il ricorso limitatamente alla cartella n. NUMERO_CARTA annullando, per l’effetto, parzialmente l’intimazione di pagamento .
Il contribuente proponeva appello innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, eccependo il giudicato, per effetto della sentenza n. 6770/2019 della CTP di Roma, che aveva annullato la comunicazione di iscrizione ipotecaria, fondata su 12 cartelle (sottese anche all’intimazione di pagamento).
La CTR accoglieva parzialmente l’appello, evidenziando che:
-in relazione a 3 cartelle (d’import o inferiore ai 1.000,00 Euro) era intervenuto l’annullamento ex lege ex art. 4 d.l. 119/2018;
-la cartella n. NUMERO_CARTA risultava regolarmente notificata, così come dieci, delle tredici cartelle residue, mentre per tre cartelle (nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA) difettava la CAN, per cui dovevano ritenersi non validamente notificate.
Circa l’eccezione di giudicato derivante dalla sentenza n. 6770/2019 della CTP di Roma, la CTR riteneva lo stesso non estensibile al presente giudizio, in difetto di un accertamento (nel detto giudizio) del fatto (costituito dalla notifica delle cartelle sottese sia all’iscrizione ipotecaria sia all’intimazione di pagamento), accertamento possibile nel giudizio de quo alla luce della documentazione depositata dall’agente della riscossione.
Avverso la decisione della CTR ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, affidandosi ad un unico motivo.
Il ricorso è stato, quindi, fissato per l’adunanza camerale del 20/06/2025
Considerato che:
Con il primo (ed unico) strumento di impugnazione il ricorrente deduce la « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n.3, c.p.c. . ». Censura l’impugnata sentenza nella parte in cui non ha dato atto del giudicato esterno formatosi tra le parti, in virtù della decisione resa dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, n. 6770/2019, resa sull’impugnativa della comunicazione di iscrizione ipotecaria, cui erano sottese le medesime cartelle di pagamento sottese all’intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio.
Precisamente, nella detta sentenza si dava atto che le dette cartelle non erano state notificate, così come accertato in precedente sentenza della CTP capitolina (n. 18922/17/2017).
Il ricorrente richiama, a sostegno del proprio assunto, la giurisprudenza di questa Corte formatasi in materia di giudicato esterno (a partire dalla decisione a Sezioni Unite n. 13916/2006).
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. La questione dei limiti del giudicato ‘esterno’ in materia tributaria è stata oggetto di un lungo dibattito dottrinario e giurisprudenziale.
1.2.1. Le Sezioni Unite di questa Corte, investite della questione per la prima volta nel 2006, affermarono i seguenti principi (sent. 16/06/2006, n. 13916):
-qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo ;
-tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente ;
-in riferimento a tali elementi, il riconoscimento della capacità espansiva del giudicato appare d’altronde coerente non solo con l’oggetto del giudizio tributario, che attraverso l’impugnazione dell’atto mira all’accertamento nel merito della pretesa tributaria, entro i limiti posti dalle domande di parte, e quindi ad una pronuncia sostitutiva dell’accertamento dell’Amministrazione finanziaria (salvo che il giudizio non si risolva nell’annullamento dell’atto per vizi formali o per vizio di motivazione), ma anche con la considerazione unitaria del tributo dettata dalla sua stessa ciclicità, la quale impone, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di effettività della tutela giurisdizionale, di valorizzare l’efficacia regolamentare del giudicato tributario, quale “norma agendi” cui devono conformarsi tanto l’Amministrazione finanziaria quanto il contribuente nell’individuazione dei presupposti impositivi relativi ai successivi periodi d’imposta .
1.2.2. La giurisprudenza successiva, intervenuta soprattutto nelle ipotesi di rapporti di lunga durata (cfr. da ultimo Cass. 29/03/2025, n. 8291, riguardo alla possibile estensione del giudicato formatosi in relazione ad un determinato anno di imposta ad un altro
anno, rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta, assumono carattere tendenzialmente permanente ), ha confermato e delineato i confini dei principi espressi dalle Sezioni Unite.
Si è, così, affermato che il giudicato sostanziale riguardante un tributo non può avere effetto in relazione ad un altro tributo (ad es. Cass. 05/02/2007, n. 2438 ha distinto tra ‘operazioni imponibili’ ai fini IVA e ‘ricavi’ ai fini delle imposte sui redditi, escludendo che il giudicato sulle une possa estendersi agli altri e viceversa).
La nozione di ‘medesimo rapporto’ è stata delimitata e si è correttamente asserito che sussiste l’identità del ‘rapporto’ quando, pur essendo gli atti tributari – impugnati nei due giudizi – distinti (ad es. avviso di accertamento e cartella di pagamento, Cass. 22/09/2011 n. 19310, o diniego di condono ed avviso di accertamento, Cass. 30/10/2017 n. 25798), sia «identico l’oggetto del giudizio medesimo, riferito al rapporto tributario sottostante».
Così come si è affermato che, qualora due distinti atti siano fondati sulla medesima attività istruttoria, la sentenza che accerti l’illegittimità ‘derivata’ di un atto impositivo, conseguente all’illegittimità dell’attività investigativa della Guardia di Finanza, spiega effetti nel giudizio avente ad oggetto il diverso atto impositivo che si basi sulla medesima attività istruttoria (Cass. 05/11/2014, n. 23532).
Si è, infine, precisato che in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno opera nel caso di giudizi identici per soggetti, causa petendi e petitum -ma nei soli limiti dell’accertamento delle questioni di fatto e non anche in relazione alle conseguenze giuridiche (Cass. 11/03/2025, n. 6405).
1.3. Calando i suddetti principi nella presente controversia, deve rilevarsi che la CTR ha erroneamente ritenuto insussistente il giudicato esterno costituito dalla sentenza della CTP di Roma n. 6770/2019 resa tra le stesse parti sull’impugnativa della comunicazione di iscrizione ipotecaria, cui erano sottese le
medesime cartelle di pagamento sottese all’intimazione di pagamento oggetto del presente giudizio. Nella detta sentenza, tra l’altro, si dava atto che le cartelle non erano state notificate, così come accertato in (altra) precedente sentenza della CTP capitolina (n. 18922/17/2017).
La mancata notifica delle cartelle di pagamento sottese all’atto impugnato nel presente giudizio è stata, in definitiva, già affermata dalla CTP di Roma in ben due giudizi, da ultimo nella sentenza n. 6770/2019, di cui il ricorrente invoca l’efficacia di g iudicato.
Ora, pacifica l’identità del rapporto tributario tra le parti, incontestata la diversità degli atti impugnati nei due giudizi (la comunicazione di iscrizione ipotecaria, nel giudizio già definito, l’intimazione di pagamento, nel presente giudizio), sussist e, altresì, l’identità della questione di fatto, costituente l’antecedente logico -giuridico delle decisioni (ovvero la notifica delle cartelle sottostanti), per cui la sentenza n. 6770/2019 della CTP non può non spiegare effetti nel presente giudizio.
In base alle considerazioni svolte la sentenza di appello va cassata, e, non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod. proc. civ. con l’accoglimento, tenuto conto dell’intervenuto giudicato, dell’originario ricorso del contribuente.
Stante il sopravvenuto giudicato sussistono i presupposti per compensare le spese dei gradi di merito tra le parti.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, tenuto conto dell’intervenuto giudicato, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate Riscossione, al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.400,00 per
compensi, oltre esborsi liquidati in Euro 200,00, oltre rimb. spese forf. nella misura del 15% dei compensi, oltre accessori di legge, con attribuzione agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2025.