Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22204 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22204 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 01/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11001/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE ;
-ricorrenti- contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE NAPOLI E VOLLA, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sede di NAPOLI, n. 7206/2022 depositata il 07/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso innanzi alla CTP di Napoli, gli odierni ricorrenti hanno impugnato le ingiunzioni di pagamento n. 4693050326 relativa ai contributi consortili anno 2011 notificato in data 28 settembre 2019, pari ad € 61,75; n. 4693016616 relativa ai contributi consortili anno 2016 notificato in data 28 settembre 2019, pari € 158,47, oltre ad € 30,99 di spese; e la comunicazione preventiva di fermo amministrativo, in forza di ruolo trasmesso dal Consorzio di Bonifica Paludi di Napoli e Volla, con il quale si chiedeva il pagamento di contributi di bonifica relativamente agli immobili siti nel Comune di Napoli alla INDIRIZZO
Con sentenza n. 2398 pubblicata l’11 marzo 2021 la CTP ha respinto il ricorso.
Formulato appello da parte dei contribuenti, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado, con la sentenza in epigrafe indicata, lo ha rigettato. In particolare, ha ritenuto inammissibile l’impugnazione delle ingiunzioni di pagamento per la mancata impugnazione dei presupposti avvisi di pagamento, ritenendo altresì irrilevante il giudicato esterno invocato, trattandosi di diverse annua lità. Inoltre, ha rilevato che l’adozione del “perimetro di contribuenza” esonera il Consorzio dall’onere di provare l’esistenza dei concreti benefici derivati a ciascun fondo dalle opere di bonifica, riversandosi sul contribuente l’onere della prova contraria, e che i contribuenti non avevano contestato vizi di legittimità del Piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione, né inesattezze del loro contenuto, ma solo la mancanza di vantaggi specifici e diretti, persistendo così la presunzione di legittimità della pretesa tributaria del Consorzio.
Avverso la suddetta sentenza di gravame i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso il consorzio.
Successivamente sia i ricorrenti che il consorzio hanno depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380. bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve analizzarsi l’eccezione di inammissibilità prospettata dal controricorrente, il quale deduce la mancata rispondenza del ricorso e dei suoi tre motivi ai requisiti di cui agli artt. 360 c.p.c.; 360 bis c.p.c. e art 366 c.p.c., in quanto avrebbe riproposto i motivi già formulati in appello.
1.1. Con una seconda eccezione di inammissibilità deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto: degli art. 2697 e 2700 c.c. e degli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. Il ricorso sarebbe, rispetto ai motivi di gravame, incoerente e poco comprensibile nel contenuto, richiamando le medesime contestazioni sollevate in sede dei precedenti giudizi, sollevando contestazioni in merito la notifica degli atti, mai eccepita nel giudizio di primo grado.
1.2. Tali eccezioni sono inammissibili, in quanto è ben possibile, per il ricorrente, riproporre i motivi che aveva già sollevato nei precedenti gradi di giudizio, e, anzi, l’interesse a ricorrere deriva proprio dal mancato accoglimento degli stessi. Il tema de ll’ammissibilità riguardo alla formulazione dei motivi concerne, in sede di legittimità, il diverso profilo della loro concreta prospettazione nel rispetto delle regole proprie del giudizio di cassazione ma non, invece, la riproponibilità delle medesime argomentazioni giuridiche.
1.3. Le eccezioni di inammissibilità sono dunque infondate.
1.4. La questione inerente alla mancata proposizione in primo grado del difetto di notifica degli atti propedeutici va invece affrontata
in riferimento allo specifico motivo di ricorso (il n. 1), trattandosi di risposta al motivo, piuttosto che di eccezione preliminare.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, per violazione e falsa applicazione degli all’art. 2697 e 2700 c.c. e degli artt. 112, 115, 116 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.: si tratterebbe di motivazione tautologica e come tale inesistente resa dal giudice del merito.
I giudici di appello si sarebbero limitati ad affermare apoditticamente la non impugnabilità dell’atto, senza considerare l’assenza di idonea documentazione che attestasse la notifica dell’avviso di ricevimento (relativo alla spedizione postale del primo atto impositivo) nei loro confronti.
2.1. La eccezione del controricorrente, e cioè che si tratterebbe di questione non contenuta nel ricorso di primo grado, va disattesa.
La circostanza è stata introdotta come eccezione dal Consorzio, in sede di primo grado, ed è dunque validamente oggetto del giudizio. La circostanza che sia stata introdotta come motivo di appello, ma che non fosse contenuta nel ricorso in prima istanza, è determinata dal fatto che si tratta di eccezione del resistente di primo grado ma non costituisce affatto un’i nammissibile introduzione di ius novorum in sede di gravame.
2.2. Ciò premesso deve rilevarsi che il motivo è inammissibile.
2.3. In sostanza si assume che la sentenza impugnata ha assegnato rilevanza causale sul presupposto che, in sede di giudizio di primo grado, l’impugnazione dei ricorrenti era da ritenersi inammissibile non essendo stato impugnato il precedente avviso di pagamento e pertanto, la pretesa impositiva si sarebbe cristallizzata e non dunque non sarebbe più contestabile.
Si assume, in particolare, che non vi fosse prova della notifica di avvisi di pagamento; che manca(va) la documentazione attestante la
notifica, nei confronti di entrambi i contribuenti, relativamente all’avviso per il periodo d’imposta riferibile all’anno 2011; e che manca(va) la documentazione attestante la notifica, nei confronti della COGNOME, relativamente all’avviso per il periodo d’imposta riferibile all’anno 2016, avendo, la RAGIONE_SOCIALE, prodotto una sola cartolina di ricevimento, inidonea a dimostrare il ricevimento di ben due atti giudiziari per entrambi i contribuenti.
2.4. Deve però rilevarsi che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado -dopo aver rilevato l’omessa impugnazione degli atti presupposti -ha esaminato nel merito la pretesa impositiva ritenendola infondata.
2.5. L’omessa impugnazione degli atti presupposti non costituisce perciò, nella fattispecie, la ratio decidendi . A conferma deve considerarsi che il dispositivo è di rigetto, non di inammissibilità.
2.6. Ne consegue che la censura, non impingendo la ratio decidendi della decisione, va dichiarata inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli artt. 857, 860 e 2909 c.c. e degli artt. 112, 115, 132 e 324 c.p.c., ai sensi dell’all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., nonché la violazione e/o falsa applicazione artt. 24 e 111 della Costituzione e art. 21 septies della legge n. 241/1990.
3.1. I ricorrenti contestano l’affermazione del giudice di appello secondo cui, non essendo stati contestati vizi di legittimità del Piano di classificazione o del provvedimento di perimetrazione, né inesattezze del loro contenuto, persisterebbe la presunzione di legittimità della pretesa tributaria basata sul “conseguimento o della conseguibilità” del vantaggio per il fondo incluso nella perimetrazione.
Sarebbe inoltre illogico il ragionamento e contraddittoria la valutazione degli elementi probatori, in quanto non avrebbe considerato l’esistenza di un giudicato esterno formatosi con la
sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 14306/2017 e successivamente ribadito con la sentenza del medesimo organo giudiziario n. 1107 del 14 gennaio 2019, che avrebbero accertato la mancanza di beneficio per gli immobili dei ricorrenti in relazione alle opere di bonifica.
3.2. In sostanza si assume che sarebbe stato del tutto ignorato che il giudicato va considerato un valore imprescindibile dell’ordinamento giuridico, che si ricollega anche al principio di cui all’art. 111 della Costituzione in tema di giusto processo, in quanto funge da presidio essenziale per la sua ragionevole durata: il giudicato rappresenta l’aspetto terminale della vicenda processuale a cui viene assegnato valore vincolante ed immutabile.
Nello specifico, ad avviso dei ricorrenti, gli immobili di loro proprietà non riceverebbero alcun vantaggio dalle opere di bonifica presumibilmente eseguite dal Consorzio, e tale principio sarebbe stato definitivamente accertato con la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli – Sez. 10 avente n. 14306/2017 del 10.10.2017 opportunamente depositata in giudizio.
Detto principio è stato ribadito successivamente con la sentenza n. 1107 del 14 gennaio 2019 (dell’allora Commissione Tributaria provinciale di Napoli, Sezione 14) nella quale i Giudici tributari, nell’esaminare le osservazioni dei ricorrenti, (avverso il successivo avviso di pagamento riguardante anche i tributi locali per l’anno 2017), hanno affermato testualmente: ‘ Il ricorso è fondato e deve essere accolto. Per vero, opera nella fattispecie il giudicato esterno sull’annullamento dell’atto presupposto, intervenuto già il quale è stata, nondimeno, notificata l’opposta ingiunzione di pagam ento ‘ .
3.3. La eccezione di nullità del provvedimento perché adottato in elusione del giudicato, come sopra prospettata, deve invero ritenersi infondata.
3.4. La CGT-2 della Campania ha esaminato la questione ed ha rilevato che il giudicato esterno era <>.
3.5. Deve in proposito rilevarsi che <> (Cass., 17 febbraio 2025, n. 4016; v. altresì Cass., 16 febbraio 2025, n. 3897; Cass., 26 luglio 2023, n. 22697).
3.6. Ne consegue la reiezione del motivo.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e degli artt. 112, 115, 116, 132, 167, 183, 184, 189 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione del petitum e della causa petendi e vizio di ultrapetizione.
4.1. Con la sentenza impugnata sarebbe stato consentito al Consorzio di prendere posizione anche in riferimento alla contestazione della legittimità del contributo consortile, emettendo una statuizione che andava ben oltre i limiti del petitum e della causa petendi , in quanto l’accertamento del beneficio diretto e specifico per i periodi contributivi successivi (2013-2017) rispetto a quelli in contestazione (2011 e 2016) non sarebbe mai stato richiesto dal Consorzio.
4.2. Il motivo è manifestamente infondato.
La CGT2 ha rilevato che <>.
Il petitum , e la causa petendi , erano dunque enucleati negli atti impugnati.
4.3. Come in più occasioni rimarcato da questa Corte, difatti, la pretesa impositiva risultante dall’atto impugnato delimita (per petitum e causa petendi ) l’oggetto del giudizio tributario, che ha natura impugnatoria e rispetto al quale l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale (cfr., ex plurimis , Cass., 5 marzo 2020, n. 6208; Cass., 27 giugno 2019, n. 17231; Cass., 2 luglio 2014, n. 15026, in motivazione; Cass., 28 giugno 2012, n. 10806; Cass., 29 ottobre 2008, n. 25909).
4.4. Anche tale motivo va dunque respinto.
Alla luce delle argomentazioni che precedono, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 800,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 27/06/2025.