Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20216 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20216 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8512/2018 R.G. proposto da COGNOME elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME dal quale è rappresentata e difesa;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO n. 5171/2017, depositata il 12 settembre 2017;
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 18 giugno 2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME un avviso di accertamento mediante il quale rideterminava con metodo sintetico, sulla scorta degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19
novembre 1992 (cd. «vecchio redditometro»), il reddito complessivo netto dichiarato dalla prefata contribuente in relazione all’anno 2007, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF.
La COGNOME impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che dichiarava inammissibile il suo ricorso per ritenuta tardività.
La decisione veniva appellata dalla parte soccombente davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, la quale, con sentenza n. 5171/2017 del 12 settembre 2017, pur riconoscendo la tempestività del ricorso introduttivo della lite, rigettava nel merito la spiegata impugnazione.
A fondamento della pronuncia adottata il collegio regionale osservava che la contribuente non era stata in grado di offrire «prova idonea a dimostrare che gli elementi indicativi della capacità contributiva considerati dall’Ufficio finanziario non fossero idonei a far presumere un maggior reddito rispetto a quello dichiarato» ; in particolare, ella non aveva provato che le contestate spese per incrementi patrimoniali fossero state sostenute «proprio con redditi esenti o soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, né che… (fosser) o state coperte con specifici elementi patrimoniali» .
Avverso tale sentenza la Savina ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata alla trattazione in camera di consiglio, a norma dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata la violazione dell’art. 2909 c.c..
1.1 Si eccepisce il contrasto fra l’impugnata sentenza e quella n. 8177/9/2016 precedentemente resa dalla stessa CTR laziale, coperta dal giudicato, con la quale è stato annullato altro avviso di accertamento emesso a carico della Savina, con metodo sintetico, per l’anno 2008.
1.2 Viene, al riguardo, posto in risalto che gli accertamenti tributari concernenti gli anni 2007 e 2008 si fondavano sulla valorizzazione dei medesimi indici di capacità contributiva e oneri per incrementi patrimoniali.
Con il secondo motivo è dedotta la nullità della gravata decisione .
2.1 Si rimprovera alla Commissione d’appello di non aver tenuto conto delle allegazioni difensive e dei documenti prodotti da essa ricorrente a dimostrazione del possesso di disponibilità finanziarie sufficienti a giustificare il possesso dei e il sostenimento delle contestate spese per incrementi patrimoniali.
Il primo motivo è fondato, nei sensi che si vanno ad illustrare, e il suo accoglimento assorbe la disamina dell’altro mezzo di gravame.
3.1 Deve sùbito rilevarsi che la sentenza invocata dalla Savina, pubblicata il 12 dicembre 2016, è passata in giudicato successivamente alla conclusione del giudizio d’appello dell’odierna controversia, tenendo presente che i termini per la sua impugnazione erano rimasti sospesi per un periodo di sei mesi ai sensi dell’art. 11, comma 9, del D.L. n. 50 del 2017, convertito in L. n. 96 del 2017.
3.2 Nel delineato contesto, è da escludere la sussistenza della prospettata violazione dell’art. 2909 c.c., non potendo
evidentemente imputarsi alla CTR di non aver considerato definitive e inoppugnabili le statuizioni contenute in una sentenza che, al momento della decisione della causa, non ancora era passata in giudicato.
3.3 Fermo quanto precede, va in ogni caso riconosciuta alla ricorrente la legittimazione ad eccepire nell’odierna sede processuale l’esistenza di un giudicato esterno sopravvenuto, in linea con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale la relativa questione è prospettabile nel giudizio di cassazione, e persino rilevabile d’ufficio (cfr. Cass. n. 12754/2022, Cass. n. 32441/2018, Cass. n. 8607/2017, Cass. Sez. Un. n. 23296/2016 e Cass. Sez. Un. n. 13916/2006), ove la sentenza che si intende far valere sia divenuta definitiva dopo il decorso del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello (cfr. Cass. n. 25863/2022, Cass. n. 39815/2021, Cass. n. 14883/2019, Cass. Sez. Un. n. 21493/2010).
3.4 Riqualificata come eccezione di giudicato, la sollevata doglianza va accolta.
3.5 Con la citata sentenza n. 8177/9/2016, ritrascritta nel corpo del ricorso per cassazione e ad esso allegata in copia autentica munita dell’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c., la CTR laziale ha confermato la decisione di primo grado mediante la quale era stato annullato altro avviso di accertamento emesso nei confronti della COGNOME dalla Direzione Provinciale I di Roma dell’Agenzia delle Entrate, inerente all’anno 2008, incentrato sugli stessi elementi di capacità di spesa e oneri per incrementi patrimoniali che sorreggono l’atto impositivo oggetto di questo giudizio.
3.6 Chiarito ciò, e rammentato che la produzione nel giudizio di legittimità del documento attestante la maturazione di un successivo giudicato non incorre nel divieto posto dall’art. 372, comma 1, c.p.c., valevole per i soli documenti formatisi nel corso
del giudizio di merito (cfr. Cass. n. 13238/2023, Cass. n. 4415/2020, Cass. n. 32441/2018), si osserva che la controversia in esame attiene a un accertamento tributario svolto con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973, nel testo, applicabile «ratione temporis» , vigente anteriormente alle modifiche apportate dall’art. 22, comma 1, del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010.
3.7 Detta norma, nella formulazione che qui viene in rilievo, consente all’Ufficio di determinare il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di determinati elementi e circostanze di fatto, quando il reddito accertabile si discosti per almeno un quarto da quello dichiarato.
3.8 Il comma immediatamente successivo del precitato articolo precisa che, qualora l’accertamento sintetico abbia riguardo alla spesa per incrementi patrimoniali, questa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti.
3.9 Ricostruito in breve il quadro normativo di riferimento, deve ribadirsi che gli avvisi di accertamento emessi nei confronti della Savina per gli anni d’imposta 2007 e 2008 trovano il loro fondamento in elementi di fatto comuni.
3.10 Così ricostruita la complessiva vicenda, assumono carattere dirimente i principi enunciati con la sentenza delle Sezioni Unite n. 13916/2006, nella quale è stato affermato che:
-«qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude
il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il ‘petitum’ del primo» ;
-«tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta, in quanto l’indifferenza della fattispecie costitutiva dell’obbligazione relativa ad un determinato periodo rispetto ai fatti che si siano verificati al di fuori dello stesso, oltre a riguardare soltanto le imposte sui redditi ed a trovare significative deroghe sul piano normativo, si giustifica soltanto in relazione ai fatti non aventi caratteristica di durata e comunque variabili da periodo a periodo (ad esempio, la capacità contributiva, le spese deducibili), e non anche rispetto agli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi d’imposta (ad esempio, le qualificazioni giuridiche preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria), assumono carattere tendenzialmente permanente» .
3.11 I suenunciati princìpi di diritto sono stati ribaditi dal massimo organo nomofilattico con l’arresto n. 26482/2007 e ripresi dalla successiva giurisprudenza sezionale (cfr. Cass. n. 13498/2015).
3.12 Tornando al caso di specie, si osserva che, sulla scorta di quanto acclarato dalla menzionata sentenza n. 8177/9/2016, le spese per l’acquisto e il mantenimento dei valorizzati dall’ufficio accertatore ai fini della ricostruzione del reddito dell’anno 2008 erano state sostenute dalla COGNOME, sprovvista di mezzi finanziari, esclusivamente con l’utilizzo delle risorse economiche messe a sua disposizione dal coniuge, titolare di una macelleria.
3.13 Nella parte in cui afferma che la contribuente aveva dato prova della natura non reddituale delle somme occorrenti per mantenere il possesso dei detti beni, la pronuncia reca, dunque, una statuizione definitiva in ordine ai medesimi presupposti
sostanziali sui quali poggia l’avviso di accertamento inerente all’anno 2007.
3.14 Deve allora riconoscersi all’intervenuto giudicato l’attitudine a espandere i suoi effetti ad altri periodi d’imposta inclusi nel quinquennio di cui all’art. 38, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973, nella specie corrispondente all’arco temporale compreso fra il 2006 e il 2010 (per fattispecie analoghe si vedano Cass. n. 943/2016, Cass. n. 20604/2020 e Cass. n. 21629/2024).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento della formulata «exceptio rei iudicatae» (e restando assorbito, di conseguenza, il secondo motivo), va, quindi, disposta la cassazione della sentenza gravata.
4.1 Poiché non risultano necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, a mente degli artt. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, con l’accoglimento dell’originario ricorso della Savina e il conseguente annullamento dell’atto impositivo originariamente impugnato.
Le spese dell’intero giudizio, da regolare «ex novo» , possono essere totalmente compensate fra le parti, fondandosi la decisione su un giudicato esterno sopravvenuto alla sentenza d’appello.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, annulla l’avviso di accertamento impugnato.
C ompensa totalmente fra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione