Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17459 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3656/2017 R.G. proposto da :
COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria regionale della Liguria n. 954/2016, depositata il 06/07/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 31.01.2011 l’Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale di Genova notificava alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione un processo verbale di constatazione redatto all’esito dell’attività di verifica fiscale eseguita nei confronti della società ed avente ad oggetto il periodo d’imposta corrente tra il giorno
01.09.2006 e il 31.08.2007. I verbalizzanti contestavano quattro distinti rilievi a fini Ires, e segnatamente l’o messa fatturazione con la determinazione di maggiori ricavi per euro 390.588,79, la indeducibilità di una quota di spese di rappresentanza pari a euro 4.385,05, l’omessa documentazione e conseguente indeducibilità di provvigioni passive per euro 55.667,50, l’indebita deduzione di perdite su crediti per complessivi euro 66.644,78.
L’Agenzia delle entrate, in esito a contraddittorio amministrativo, notificava quindi alla società contribuente l’avviso di accertamento n. TL3030102541/2011 con cui, sulla scorta dei quattro rilievi sopra illustrati, accertava un maggior reddito d’impresa per euro 2.677.597,00 a fronte di un dichiarato di euro 2.160.311,00 (e così con una differenza di euro 517.286,00), nonché un maggior valore della produzione netta per euro 2.143.594,00 a fronte di un dichiarato di euro 1.626.308,00 (e così con una differenza di euro 517.286,00), con conseguente liquidazione della maggior Ires dovuta per euro 170.704,00, della maggiore Irap per euro 21.985,00 e irrogazione della sanzione amministrativa unica di euro 192.689,00.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione adiva la Commissione tributaria provinciale di Genova, contestando solo tre dei quattro rilievi formulati nell’avviso di accertamento (nn. 1-3-4), e prestando acquiescenza al rilievo n. 2 (relativo alle spese di rappresentanza considerate indeducibili per la quota di euro 4.385,05).
La CTP riteneva parzialmente fondato il ricorso, e in particolare: accoglieva la censura inerente il rilievo n. 1 (omessa fatturazione), che veniva quindi interamente annullato; confermava la pretesa del rilievo n. 2, poiché non contestato dalla ricorrente; accoglieva la censura inerente il rilievo n. 3 (provvigioni passive), che veniva quindi interamente annullato; accoglieva parzialmente la censura sul rilievo n. 4 (perdite su crediti).
La Commissione tributaria regionale di Genova, con sentenza n. 1137/5/16 del 30.09.2016, rigettando l’appello erariale, confermava la sentenza impugnata.
Avverso detta sentenza l’Amministrazione proponeva ricorso per cassazione.
Frattanto – rilevato che NOME COGNOME possedeva una quota di partecipazione del 50% in RAGIONE_SOCIALE e che la restante quota del 50% era di titolarità dell’unico altro socio NOME COGNOME in applicazione della presunzione di attribuzione pro quota ai soci di società a ristretta base partecipativa degli utili non contabilizzati, l’Agenzia delle Entrate notificava a NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. TL301T100345/2012.
Con tale atto, l’Ufficio accertava in capo al contribuente un reddito di capitale di euro 223.128,15, pari al 50% del reddito d’impresa accertato in capo a RAGIONE_SOCIALE in liquidazione con i rilievi nn. 1 (euro 390.588,00 per omessa fatturazione) e 3 (euro 55.667,50 per provvigioni passive non documentate) contestati alla compagine sociale con l’avviso di accertamento n. TL3030102541/2011.
Il contribuente non impugnava l’atto, sicché l’Agenzia delle Entrate provvedeva all’iscrizione a ruolo dell’intero carico di cui all’avviso di accertamento e affidava a Equitalia RAGIONE_SOCIALE la riscossione dell’intera somma di euro 199.032,00 (imposte e sanzioni), cui si aggiungevano gli interessi nel frattempo maturati, le spese di notifica e i compensi per l’Agente della riscossione.
RAGIONE_SOCIALE inviava poi a NOME COGNOME la comunicazione n. NUMERO_CARTA sollecitando il pagamento dei suddetti importi.
Il contribuente ricorreva avanti alla CTP di Genova, deducendo di non aver mai ricevuto la notifica dell’avviso di accertamento n. TL301T100345/2012 e chiedendo, quindi, l’annullamento sia di questo sia della comunicazione ricevuta da Equitalia Nord SPA.
I giudici di primo grado accoglievano il ricorso del contribuente, rilevando l ‘inesistenza della notifica zione dell’avviso di accertamento effettuata a mani del portiere dello stabile, in quanto l’agente postale non aveva dato atto delle ricerche eseguite circa il destinatario dell’atto né delle persone abilitate ex lege alla ricezione del plico con preferenza rispetto al portiere, che il portiere non aveva sottoscritto il registro di consegna, che l’Ufficio non aveva prodotto la raccomandata informativa (CAN) dell’avvenuta notificazione a mani del portiere.
L’Agenzia delle entrate formulava appello che veniva accolto, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, sull’assunto che la notifica dell’accertamento era da ritenersi affetta non da inesistenza, ma da nullità sanata dal comportamento processuale del contribuente.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso, affidato a due motivi, NOME COGNOME e ha resistito con controricorso l’Amministrazione finanziaria. RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1 c.p.c., dando atto che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 23449 del 30/08/2024, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle entrate ha confermato la sentenza di appello che aveva annullato i rilievi nn. 1 e 3 contenuti nell’accertamento emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dai quali era derivata l’imputazione del maggior reddito personale accertato nei confronti del socio NOME COGNOME oggetto del presente giudizio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, с.p.c ., la violazione dell’art. 156 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 19, comma 3, d.lgs. n. 546/1992, lamentando che, erroneamente, la CTR di Genova
avrebbe rilevato l’avvenuta sanatoria, ai sensi dell’art, 156 c.p.c., dei vizi di notificazione dell’avviso di accertamento, e deducendo che, per l’effetto, il ricorso del contribuente non poteva esser dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 19, co. 3, d.lgs. n. 546/92.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma. 1, n. 4, c.p.c., la violazione dell’art. 295 c.p.c., rappresentando che, stante il rapporto di pregiudizialità esistente tra il giudizio afferente all’accertamento emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ritenuta a ristretta base partecipativa, dai cui rilievi nn. 1 e 3 è scaturito l’accertamento emesso nei confronti del socio Fontana, ed il presente giudizio afferente ai maggiori utili imputati al socio, la CTR avrebbe dovuto sospendere ex art. 295 c.p.c. il presente giudizio, in attesa che il giudizio relativo alla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione fosse definitivamente deciso.
Preliminarmente deve darsi atto che, come dedotto dal ricorrente con la memoria illustrativa, questa Corte, con ordinanza n. 23449 del 30/08/2024, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ha confermato la sentenza di appello con cui erano stati annullati i rilievi nn. 1 e 3 contenuti nell’accertamento emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, dai quali era derivata l’imputazione del maggior reddito personale accertato nei confronti del socio NOME COGNOME, oggetto del presente giudizio.
Giova ricordare che questa Corte ha costantemente affermato che l’accertamento emesso nei confronti della società ha carattere oggettivamente pregiudiziale rispetto a quello emesso nei confronti del socio, costituendone il presupposto, e che pertanto deve ritenersi che la sentenza – passata in giudicato – di accertamento negativo dei presunti maggiori ricavi accertati in capo alla società, faccia stato – quale giudicato esterno – anche nei confronti del socio in virtù dell’efficacia riflessa del giudicato, estesa ai soggetti
estranei al processo, ma titolari di diritti dipendenti o subordinati alla situazione giuridica in esso definita, derivandone l’annullamento dell’avviso di accertamento verso quest’ultimo, di cui è venuto meno il presupposto.
4.1. Al riguardo, questa Corte ha più volte ribadito che, in tema di effetti del giudicato, la sentenza che sia passata in giudicato, oltre ad avere un’efficacia diretta tra le parti, i loro eredi ed aventi causa, ne ha anche una riflessa, poiché, quale affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche anche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo nel quale sia stata resa, qualora essi siano titolari di diritti dipendenti dalla situazione definita in quel processo, o comunque subordinati a questa. In coerenza con tali principi si è altresì precisato che, nella materia tributaria, la sentenza favorevole alla società contribuente, che esclude il conseguimento di superiori ricavi non contabilizzati, divenuta irrevocabile per mancata impugnazione da parte dell’Amministrazione finanziaria, può essere utilizzata, nonostante la diversità delle imposte, dal socio come prova nel giudizio tributario per contestare ai fini Irpef i presunti utili percepiti nell’esercizio della medesima attività d’impresa, posto che, anche in difetto di espressa previsione legislativa, l’esclusione dello stesso dato economico e fattuale di partenza fa venir meno, di riflesso, anche la fonte giustificativa dei pretesi redditi incassati dal socio (Cass. 16 novembre 2011, n. 24049; Cass. 4 dicembre 2015, n. 24793; Cass. 23 maggio 2019, n. 13989).
4.2. Sulla scorta di tali principi, questa Corte ha affermato che, nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio di una società di capitali a ristretta base sociale, debba riconoscersi l’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l’Agenzia delle Entrate e la società, con cui sia stata accertata la insussistenza parziale di utili extracontabili della società (v. Cass.
n. 2743 del 04/02/2025; Cass. n. 24621 del 13/09/2024; Cass. n. 752 del 19/01/2021).
4.3. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, dunque, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari. L’accertamento negativo del maggior utile extracontabile della società rimuove, infatti, il presupposto da cui dipende l’accertamento del maggior utile da partecipazione del socio.
4.4. Inoltre, come già chiarito da questa Corte, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno (al pari di quella del giudicato interno) è rilevabile d’ufficio non solo qualora emerga da atti comunque prodotti nel giudizio di merito, ma anche quando il giudicato si sia formato – come nella specie – successivamente alla pronuncia di cui alla sentenza impugnata.
4.5. Deve, pertanto, darsi continuità al principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui «In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la validità dell’avviso in ordine a ricavi non contabilizzati, emesso a carico di società di capitali a ristretta base partecipativa, costituisce presupposto indefettibile per legittimare la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, con la conseguenza che l’annullamento dello stesso con sentenza passata in giudicato per vizi attinenti al merito della pretesa tributaria, avendo carattere pregiudicante, determina l’illegittimità dell’avviso di accertamento, notificato al singolo socio, che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari»
(Cass. n. 752 del 19/01/2021; conf. Cass. n. 24621 del 13/09/2024; Cass. n. 2743 del 04/02/2025).
5. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente.
Le spese di lite dell’intero giudizio vanno interamente compensate tra le parti costituite, in considerazione della sopravvenienza del richiamato giudicato esterno.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.