Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9094 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9094 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30234/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE E DEL TERRITORIO, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato -ricorrente- contro
COGNOME con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la Sentenza delle Commissione Provinciale di Catania n. 9825/2017 depositata il 18/10/2017.
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 19/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Uditi l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’A mministrazione ricorrente e l’Avv. NOME COGNOME per il contribuente, che hanno richiamato la già formulate conclusioni.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME socio al 50% della ‘NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE Sergio RAGIONE_SOCIALE con ricorso per ottemperanza proposto innanzi alla
CTP di Catania chiedeva l’esecuzione in danno dell’amministrazione finanziaria della sentenza n. 3464/2015, passata in giudicato e non eseguita, che aveva riconosciuto al ricorrente il diritto al rimborso del 50% dei tributi versati per gli anni dal 2002 al 2005, ai sensi dell’art. 1, comma 1011, L. 296/2006, in ragione degli eventi sismici e vulcanici che avevano colpito la Sicilia nel novembre 2002.
Il giudizio di ottemperanza veniva definito con la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la commissione tributaria provinciale di Catania nominava, ai sensi dell’art. 70, comma 7, del D.Lgs. n. 546/1992, nominava un commissario al quale fissava termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi della sentenza n. 3464/2015.
Avverso la predetta sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate, con unico motivo e resiste il contribuente con controricorso.
Il Pubblico ministero, in persona del Sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria lamenta la «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, comma 5, e 144 della Decisione della Commissione Europea C-2015, 5549 final, nonché degli artt. 107 e 108 del TFUE, e degli artt. 11 e 12 del Regolamento CEE n. 659/1999 , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.» e «Per quanto occorrere possa, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.».
1.1. L’Agenzia ricorrente deduce che il giudice dell’ottemperanza non avrebbe accertato il contrasto tra la citata Decisione della Commissione UE, che ha ritenuto violative dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, per incompatibilità con il mercato interno, le agevolazioni fiscali e contributive connesse a calamit à naturali concesse in favore delle imprese nazionali, e la sentenza passata in
giudicato pronunciata dal giudice tributario che ha riconosciuto tali benefici in favore del contribuente, annullando il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso delle somme indebitamente corrisposte.
1.2. Alle censure sollevate dall’Amministrazione il contribuente replica evidenziando, in primo luogo, che la sentenza della CTP passata in giudicato ha statuito che il sig. COGNOME non è qualificabile come imprenditore, in ragione della natura del reddito da lui percepito per la partecipazione ad una società in nome collettivo.
Preliminarmente, va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del motivo sollevata, con riguardo alla censura del vizio di cui all’art. 360, comma n. 1, n. 3 c.p.c., dal controricorrente. 2.1. Per condiviso principio costantemente espresso da questa Corte la disposizione di cui all’art. 70 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546 a mente della quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” – va interpretata nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” in cui sia incorso il giudice dell’ottemperanza e, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere – dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede (Cass., n. 22656 del 01/12/2004; n. 3057 del 08/02/2008; n. 8830 del 16/04/2014; n. 23487 del 28/09/2018; n. 16298 del 19/05/2022; n. 23379 del 26/07/2022). 2.2. Nel caso in esame l’Agenzia ha dedotto che il giudice dell’ottemperanza non avrebbe accertato il contrasto tra la decisione della citata Commissione UE che ha giudicato violative dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, per incompatibilità con il mercato interno, le agevolazioni fiscali e contributive connesse a calamit à naturali
concesse in favore delle imprese nazionali, quali l’alluvione del 1994 e la cenere vulcanica del 2002 come nella specie), e la sentenza passata in giudicato pronunciata dal giudice tributario che ha riconosciuto tali benefici in favore del contribuente, annullando il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso delle somme indebitamente corrisposte. Ha dunque denunciato proprio siffatto mancato o difettoso esercizio del poteredovere di interpretare ed eventualmente integrare e, comunque, rendere “effettivo” il “dictum” costituito dal giudicato, ed ha quindi, in tal modo, per quanto sopra precisato, fatto valere una “violazione delle norme del procedimento”.
Nel merito, va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso adombrata dal pubblico ministero, laddove ha osservato che nel caso di specie non sarebbe posta in discussione la cedevolezza del giudicato rispetto ai principi unionali in tema di aiuti, cedevolezza della quale è garante anche il giudice interno investito in sede di ottemperanza.
3.1. Il motivo di ricorso è, inoltre, fondato.
Occorre infatti ricordare che l’intervento del giudicato nazionale non può impedire l’applicazione del diritto europeo, neppure in sede di giudizio di ottemperanza.
3.2. Questa Corte regolatrice ha già avuto modo di statuire che, sul versante del diritto interno, nulla osta alla verifica in sede di ottemperanza della compatibilità del dictum contenuto nella sentenza passata in giudicato con la Decisione della Commissione in ragione della peculiare natura «attuativa» del giudizio di ottemperanza, ed in particolare di quello tributario; questo, infatti, presenta connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile dal quale si differenzia perch é́ il suo scopo non è quello di ottenere l’esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga
un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo (Cass. 20/06/2019, n. 16569, in motivazione, richiamata da Cass. 23379 del 26/07/2022).
3.3. Questa Corte ha, altresì, affermato che, se da un lato il potere del giudice dell’ottemperanza sul comando definitivo inevaso non pu ò̀ che essere esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita con il giudicato, non potendo essere attribuiti alle parti diritti nuovi ed ulteriori rispetto a quelli riconosciuti con la sentenza da eseguire (cd. «carattere chiuso del giudizio di ottemperanza»), dall’altro lato, può -e deve -essere enucleato e precisato da quel giudice il contenuto degli obblighi scaturenti dalla sentenza da eseguire, chiarendosene il reale significato (Cass. 29/7/2016, n. 15827, Cass. 25/5/2011, n. 11450, Cass. 10/12/2008 n. 28944 n. 28944, Cass. 24/11/2004 n. 22188; v. ancora, da ultimo, Cass. n. 680 del 10/01/2025).
3.4. Il giudice dell’ottemperanza, pertanto, al fine di assicurare la piena attuazione del giudicato, può enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla sentenza passata in giudicato. In tale contesto dell’attivit à̀ cognitiva e ricostruttiva degli obblighi sanciti dalla sentenza, ormai definitiva, il giudice dell’ottemperanza ha in ogni caso il potere ed il dovere di compiere gli accertamenti indispensabili a delimitare l’effettiva portata precettiva della decisione da attuare, che nel caso di specie si estendono alla verifica di tutti i presupposti e di tutte le condizioni che determinano il rimborso da erogare (cfr. Cass. 19/05/2022, n. 16289). La valutazione delle compatibilità della singola agevolazione concessa con la Decisione della Commissione, pertanto ben può essere compiuta in sede di ottemperanza in ragione delle caratteristiche specifiche di questo giudizio.
4. Tale interpretazione è conforme alla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia.
4.1. Quest’ultima ha sempre riconosciuto l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio dell’autorità di cosa giudicata al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia una buona amministrazione della giustizia (Corte giustizia, 11/11/2015, C-505/14, NOME COGNOME; Corte giustizia 03/09/2009, C-2/08 Fallimento Olimpiclub). Ha, altresì precisato che le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico nazionale degli Stati membri in virtù del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi. Tuttavia tali norme procedurali devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività (Corte giustizia, 10/07/2014, C-213/13 RAGIONE_SOCIALE, Corte giustizia 03/09/2009, C-2/08 Fallimento RAGIONE_SOCIALE).
4.2. La medesima Corte ha, altresì, affermato che il diritto dell’Unione non impone sempre al giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una violazione del diritto dell’Unione da parte di tale decisione (Corte giustizia, 10/07/2014, C-213/13 RAGIONE_SOCIALE; Corte giustizia, 22/12/2010, C-507/08 Repubblica slovacca; Corte giustizia 03/09/2009, C-2/08 Fallimento RAGIONE_SOCIALE; Corte giustizia, 16/03/2006, C-234/04 Kapferer). Ha aggiunto, inoltre, che il principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo (v., in tal senso, Corte giustizi a, 11/11/2015, C-505/14, NOME COGNOME Corte giustizia, 24/01/2012, C282/10, NOME COGNOME).
4.3. Infine, ha statuito che una norma nazionale la quale impedisca al giudice nazionale di trarre tutte le conseguenze della violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, T.F.U.E., a causa di una decisione giurisdizionale nazionale, passata in giudicato, emessa con riferimento a una controversia che non ha lo stesso oggetto e che non ha riguardato il carattere di aiuto di Stato dei contratti di cui trattasi, deve essere considerata incompatibile con il principio di effettività (Corte giustizia, 11/11/2015, NOME COGNOME, C-505/14).
La sentenza gravata, nella parte in cui ha ritenuto che fosse suo compito, in sede di ottemperanza, verificare la compatibilità del beneficio con il diritto unionale ha fatto corretta applicazione dei detti principi, qui chiarendosi, per quanto di necessità, che nella fattispecie in esame rileva non la sola decisione resa dalla Commissione nel 2015, bensì, quest’ultima in relazione alla precedente Decisione del 17 ottobre 2012 C(2012)7128 final che conteneva l’ingiunzione di sospensione degli aiuti fino al momento della decisione finale. Non si pone, pertanto, questione della resistenza del giudicato formatosi in data antecedente, non solo alla decisione finale, ma anche all’avvio della procedura di indagine formale e all’ingiunzione di sospensione.
5.1. Tuttavia, nel compiere tale dovuta verifica, ha omesso, erroneamente ritenendo che a ciò ostasse il giudicato formatosi sul punto, di verificare la compatibilità della agevolazione in oggetto con la Decisione della Commissione sotto il profilo del presupposto soggettivo.
5.2. A tale riguardo deve porsi mente al criterio distintivo dettato dall’art. 6, comma 3, del Tuir, a mente del quale « I redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale, sono considerati redditi d’impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi».
5.3. Orbene, alla luce della normativa nazionale e comunitaria, il rimborso del 50% dei tributi versati per gli anni dal 2002 al 2005, ai sensi dell’art. 1, comma 1011, L. 296/2006, non poteva essere erogato in favore di soggetti titolari di redditi d’impresa , con salvezza delle sole richieste di rimborso proposte nel rispetto del c.d. ‘ regolamento de minimis ‘ .
5.4. Il giudice del merito dovrà, di conseguenza, verificare in concreto che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento ‘ de minimis ‘ applicabile.
A tal fine, egli dovrà: i) non arrestarsi all’importo del rimborso che si domanda, essendo indispensabile richiedere al contribuente l’ulteriore e necessaria autocertificazione (dichiarazione di responsabilità) di non avere usufruito di altri aiuti ed agevolazioni nell’anno cui si riferisce la richiesta di rimborso e nei due precedenti; tenere presente che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92, n. 1, T.F.U.E., può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per odo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza; iii) tenere conto, infine, del fatto che, per il rispetto del principio de minimis , non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo (Cass. 21/11/2019 n. 30373).
5.5. Al riguardo, occorre precisare che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, ma, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377/2017, cit., l’applicazione dello ius superveniens (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) consente, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero
l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. 26 maggio 1998, n. 5224).
5.6. Va ancora ricordato che, alla luce del principio recentemente affermato da questa Corte (Cass. n. 34530/2024), secondo cui in tema di rimborso di imposta previsto dalla disciplina speciale connessa al Sima Sicilia 1990, con riguardo al limite degli aiuti di Stato, fino alla piena funzionalità del registro centrale degli aiuti di Stato di cui all’art. 6.§2 del regolamento UE/1407/13 e dell’art. 52 l. n 234/2012, da individuarsi al 31 maggio 2017, momento di entrata in vigore del regolamento sul funzionamento del prefato registro, (d.m. 31/05/2017, n. 115), in deroga alle disposizioni processuali nazionali, è ammessa la prova del rispetto della disciplina de minimis mediante autodichiarazione del contribuente.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Catania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Catania affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 19/03/2025.