Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14235 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14235 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11741/2016 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore , domiciliata ope legis in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME;
-intimati- avverso la sentenza n. 569/2016 della Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, pronunciata il 24 novembre 2015, depositata il 7 marzo 2016 e notificata il 9 marzo 2016.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
tributi
FATTI DI CAUSA
L ‘Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi contro RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME, che sono rimasti intimati, avverso la sentenza indicata in epigrafe, che, previa riunione dei ricorsi, ha accolto l’appello dei contribuenti avverso la sentenza della C.t.p. di Foggia n. 2639/01/14 ed ha rigettato l’appello dell’ufficio avverso la sentenza della C.t.p. di Foggia n. 432/01/14, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società e dei soci ai fini delle imposte dirette e dell’iva per gli anni di imposta 2006 e 2007.
Si evidenzia che, con gli atti impositivi, l’ufficio aveva rilevato che le perdite dichiarate dalla società non erano compatibili con un’attività economica normale, ponendo in risalto che la società, pur essendo attiva dal 1996, dichiarava da anni risultati negativi e che i soci non avevano altre fonti di reddito compatibili con il loro tenore di vita. Inoltre, la società risultava priva di dipendenti, senza vendite significative e registrava crediti e finanziamenti anomali da parte dei soci , che l’Agenzia delle entrate ipotizzava essere maggiori ricavi occulti
Per l’anno d’imposta 2006, in data 27 giugno 2011, l’ufficio notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento, contestando maggiori ricavi per euro 55.000,00 (corrispondenti agli importi per finanziamento da parte dei soci) e non riconoscendo la deduzione degli oneri finanziari di euro 13.586,00; tali poste, sommate algebricamente alla perdita dichiarata di euro 19.358,00, conducevano ad un reddito accertato dall’Ufficio di euro 49.228,00.
Per l’anno d’imposta 2007, in data 14 ottobre 2011, l’ufficio notificava alla RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento, contestando un reddito di euro 13.664,00 ottenuto sommando alla perdita
dichiarata di euro 7.556,00 l’importo del finanziamento effettuato dai soci, per euro 21.200,00.
Agli avvisi suddetti seguivano gli atti di irrogazione delle sanzioni e gli avvisi di accertamento nei confronti dei soci, sul presupposto dell’avvenuta distribuzione degli utili extracontabili.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 7 maggio 2025, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo, l ‘Agenzia ricorrente denunzia la motivazione meramente apparente della sentenza di secondo grado, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c. p. c.
Secondo l’ufficio, il giudice di appello, di fronte a due decisioni di primo grado antitetiche, ha scelto di confermare quella favorevole alla parte contribuente relativa all’anno di imposta 2006, rigettando l’appello dell’ufficio senza alcuna valutazione critica aggiuntiva o motivazione di sorta in ordine all’anno di imposta 2007 .
1.2. Con il secondo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., degli artt. 2697 e 2729 c.c., degli artt. 39, comma 1, lett. d, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 54, commi 1 e 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c. p. c.
Secondo la ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE avrebbe fatto malgoverno del principio dispositivo in ordine alle presunzioni precise, gravi e concordanti offerte dall’ufficio in ordine ai ricavi occulti, ricavabili dalla circostanza incontroversa che, nel periodo 2002-2009, la società non aveva cantieri aperti o appalti in corso di esecuzione, aveva prodotto ingenti perdite a fronte di redditi irrisori, accompagnati da continui finanziamenti dei soci non giustificabili in assenza di loro ulteriori fonti
di reddito. L ‘ufficio , dunque, aveva dedotto l’inattendibilità della contabilità della parte contribuente, per la reiterata gestione antieconomica dell’impresa nel corso di diverse annualità e la conclamata incongruenza tra i finanziamenti erogati dai soci ed il reddito da loro dichiarato.
1.3. Con il terzo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c., degli artt. 2697 e 2729 c.c., degli artt. 39, comma 1, lett. d, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 54, commi 1 e 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c. p. c.
Secondo parte ricorrente, la C.t.r., si sarebbe limitata a prendere in considerazione la capacità di spesa dei soci e la disponibilità di altri redditi, senza soffermarsi sulla evidente antieconomicità della gestione societaria.
2.1. I motivi, esaminabili congiuntamente perché connessi, sono fondati e vanno accolti.
Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, l’amministrazione finanziaria possa desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del d.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo sullo stesso contribuente l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (v. Cass. n. 26036/2015, Cass. n. 25257/2017, Cass. 24578/2022, Cass. n. 35713/2022).
Nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità della gestione imprenditoriale e la conseguente inattendibilità intrinseca della contabilità, contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale del suo comportamento.
Inoltre, si è anche sottolineato che il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma esclusivamente per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono), e, solo in un secondo momento, ove ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi degli artt. 2727 e ss. e 2697, comma 2, c.c. (Cass. n. 10615/2024, conf. a Cass. n. 14237 del 7/06/2017; Cass. n. 9784 del 23/04/2010).
2.2. Nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria aveva rilevato che la società, attiva fin dal 1996, nel periodo 2002-2009 aveva prodotto solo perdite ingenti a fronte di redditi irrisori, accompagnati da continui finanziamenti dei soci, i quali non avevano dichiarato alcun reddito ulteriore negli anni in contestazione, in modo da consentire i suddetti finanziamenti nonché il normale tenore di vita.
Di contro, i giudici di seconde cure hanno evidenziato che l’antieconomicità della gestione, trattandosi di impresa edile, non poteva rapportarsi al singolo anno di imposta, che la società attraversava un periodo di stasi, che non aveva effettuato l’acquisto di beni o servizi, né partecipato a gare di appalto, in quanto impegnata nell’acquisizione di terreni edificabili in zone di espansione urbanistica. Inoltre, la C.t.r. rilevava che la perdita dell’anno 2006 era scaturita da
spese generali-amministrative ed altri costi di gestione e che la contrazione della domanda scoraggiava, nel periodo in esame, il proseguimento dei lavori negli immobili ancora da ultimare.
I giudici di appello, tuttavia, non indicano in alcun modo le fonti del loro convincimento e le prove a base del loro assunto, mostrando di tralasciare alcune circostanze incontroverse, evidenziate negli atti di accertamento, relative al fatto che il comportamento antieconomico della società si era concretizzato nella chiusura in perdita di più esercizi, in assenza totale di ricavi, tanto che, in mancanza di altre fonti di reddito, nella specie non dichiarate, la persistenza dell’impresa aveva fatto presumere all’ufficio l’inattendibilità dei dati contabili.
In particolare, c on riguardo ai finanziamenti relativi all’anno 2006, la C.t.r. riteneva che il finanziamento per euro 15.000,00 non aveva comportato un ‘ uscita finanziaria, perché era il frutto di una mera operazione contabile, mentre i versamenti in contanti per euro 20.000,00, asseritamente eseguiti in due tranches da COGNOME RAGIONE_SOCIALE, non sarebbero stati erogati dalla persona fisica, ma dalla “ditta” di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, che li aveva regolarmente contabilizzati.
Anche qui la C.t.r. ha omesso di considerare il dato, riportato negli avvisi di accertamento, che le ditte individuali che facevano capo a COGNOME NOME (maggior finanziatore) erano tutte in perdita, tanto che il reddito dichiarato dal socio negli anni di osservazione era sempre pari a zero.
Inoltre, l’ufficio aveva evidenziato che lo stesso socio aveva dato corso a consistenti acquisti patrimoniali (di terreni edificabili), giustificandoli con la pertinenza alla propria attività imprenditoriale, senza tuttavia spiegare la fonte delle disponibilità finanziarie.
In proposito, la C.t.r. ha affermato:<>.
Tale impostazione argomentativa confonde, però, il piano della prova indiziaria e presuntiva della gestione in perdita della società e dell’effettività dei finanziamenti erogati dai soci con quello dell’accertamento del reddito di questi ultimi (che era dichiarato pari a zero o di modesta entità, per come riportato in sentenza a pag. 7).
In merito alla situazione reddituale dei soci nell’anno 2006 (vedi punti a, b, c, d, e, elencati in motivazione sempre a pag.7), la C.t.r. rilevava che COGNOME NOME era celibe convivente con i genitori, COGNOME COGNOME aveva dichiarato con il coniuge redditi per euro 20.832,00, COGNOME NOME conviveva con i genitori e riceveva un assegno mensile di mantenimento di 400,00 euro dal coniuge separato, COGNOME NOME era titolare di impresa individuale di attività edile, COGNOME NOME era coniuge di COGNOME NOME ed aveva prestato fideiussione in favore del marito che non costituiva una spesa. Secondo la C.t.r., dunque, <>.
Anc ora una volta l’ affermazione si presenta apodittica e non chiarisce l’ iter logico sottostante , peraltro a fronte dell’esiguità dei redditi dichiarati per l’anno 2006 solo da due soci , di cui la stessa sentenza impugnata dà atto.
2.3. Infine, la C.t.r. , dopo aver accolto l’appello dei contribuenti avverso la sentenza relativa all’anno di imposta 2006, nel rigettare l’appello dell’Agenzia delle entrate in relazione alla diversa decisione per l’anno di imposta 2007, conferma la statuizione del primo giudice sulla base delle stesse considerazioni espresse per l’anno 2006,
ritenendo che le questioni siano perfettamente identiche nei contenuti essenziali e che le censure contenute nell’appello dell’ufficio non si discostino in modo significativo da quanto già dedotto nel primo grado di giudizio e rigettato dal precedente giudicante. Dunque, il giudice di appello, sebbene non espliciti ulteriori ed autonome ragioni di condivisione della sentenza di primo grado, ritiene sufficiente il rinvio a quanto già argomentato per la precedente annualità, ritenendo che gli accertamenti si fondavano sulle medesime ragioni.
Tuttavia, deve rilevarsi che solo in parte le argomentazioni svolte in merito all’anno di imposta 2006 sono riferibili al successivo anno di imposta e che, in particolare, risulta assente ogni valutazione analitica della situazione reddituale dei soci e degli specifici finanziamenti per l’anno 2007 .
3. Pertanto, il ricorso deve essere complessivamente accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, che provvederà a nuovo esame del complessivo quadro indiziario posto dall’amministrazione finanziaria a fondamento degli accertamenti, valutando in primo luogo la sua gravità, precisione e concordanza, e, successivamente, la prova contraria dei contribuenti. Al giudice di rinvio è demandata anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Foggia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2025 Il Presidente